Arriva la confisca definitiva di beni per il monrealese Calcedonio Di Giovanni

La decisione della sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani

TRAPANI, 5 ottobre – Un patrimonio immobiliare composto da oltre 400 unità abitative per un valore complessivo di oltre cento milioni di euro è stato confiscato definitivamente all'imprenditore Calcedonio Di Giovanni, 77 anni, originario di Monreale ma con interessi economici nel Trapanese.

La proposta, avanzata dal direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, è stata accolta dalla sezione misure di prevenzione Tribunale di Trapani che ha emesso il relativo provvedimento di confisca sulla base delle indagini condotte dalla Dia.
A Di Giovanni, imprenditore edile con interessi nel settore turistico alberghiero, il Tribunale di Trapani aveva sequestrato il patrimonio già nell’ottobre 2014. Secondo gli inquirenti, pur non risultando formalmente affiliato, sarebbe stato "contiguo" a Cosa Nostra, in particolare con la famiglia Agate di Mazara del Vallo.

Nel patrimonio confiscato, oltre a società con sedi a San Marino e Londra, rientra anche il noto villaggio turistico "Kartibubbo", sul litorale di Campobello di Mazara, che avrebbe ospitato in diverse occasioni mafiosi latitanti. Di recente l'imprenditore, attraverso meccanismi fraudolenti, avrebbe avuto accesso a cospicui finanziamenti pubblici nazionali e comunitari coinvolgendo nei propri progetti anche interessi della mafia di Castelvetrano.
Inoltre, è stata accertata l'esistenza di una palese sperequazione fra i redditi dichiarati da Di Giovanni e il suo patrimonio, riconducibile, in gran parte, a proventi illeciti derivanti da lottizzazioni abusive, truffe, omissioni contributive, fatturazioni per operazioni inesistenti e di bancarotta per distrazione.

Il Tribunale di Trapani ha quantificato in oltre sessanta milioni di euro il debito dell'imprenditore, che avrebbe evaso il fisco, nei confronti dell'Erario. A Di Giovanni sono stati imposti anche tre anni di sorveglianza speciale, con obbligo di dimora nel luogo di residenza.
Secondo la Dia, la sua ascesa sarebbe da associare al sostegno ricevuto da personaggi del calibro di Antonino Passanante, (capo della cosca di Campobello di Mazara negli anni 70/80 e sindaco per alcuni anni), Nene’ Geraci, Giuseppe Burzotta, Giuseppe Guttadauro e del capomafia Mariano Agate che all’interno del “Kartibubbo Village” aveva la disponibilita’ continua di tre villette.

Nell’ambito del procedimento, i giudici hanno raccolto la testimonianza di Vito Roberto Palazzolo (legato a Toto’ Riina ed arrestato nel 2012 in Sudafrica dopo aver vissuto per anni in Svizzera) che ha confermato di aver agevolato l’iter di acquisto del “Kartibubbo Village. Il provvedimento ricostruisce la genesi e gli sviluppi della struttura, passando dai finanziamenti erogati dalla Cassa del Mezzogiorno, ad alcuni immobili acquistati da Palazzolo per “circa 200.000.000 in contanti, il resto in cambiali e mediante cessione di immobili”, concludendo con il “denaro di ingiustificata provenienza” utilizzato per acquistare la societa’ originaria. “Di Giovanni – secondo il collaboratore di giustizia, adesso deceduto, Rosario Spatola – e’ un massone e sostanzialmente il prestanome di Mariano Agate, di Giovanni Bastone, ma soprattutto di Toto’ Riina”.

Accertato inoltre il mancato rispetto delle norme a tutela dell’ambiente, con conseguente inquinamento del sottosuolo, e la mancanza dei criteri minimi di sicurezza che nell’agosto 1995 condussero alla morte per folgorazione di una turista. Numerose le lottizzazioni abusive, l’evasione fiscale per circa 60 milioni di euro e le truffe operate, tra cui l’ipervalutazione di una societa’ venduta – in seguito ad una triangolazione con una societa’ residente a San Marino – ad una holding inglese chiamata Sextant, per cui e’ in corso una rogatoria internazionale.