Le monete arrivavano dalla Cina, sgominata una banda internazionale di falsari

Recuperato un carico di monete per 556 mila euro

PALERMO, 12 dicembre – I Carabinieri della Compagnia di Palermo Piazza Verdi e della Sezione Operativa del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma, supportati dai Comandi Provinciali di Napoli, Salerno e Cosenza, hanno condotto, dalle prime ore del mattino, una vasta operazione nei confronti di un'associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione, introduzione nello Stato e spendita di monete falsificate, con l'esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nei confronti di 12 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di aver promosso ed organizzato un'associazione criminale che si occupava dell'approvvigionamento e della distribuzione di monete metalliche false importandole dalla Cina.

L'esecuzione dei provvedimenti conclude una complessa attività investigativa diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo sotto la guida del Procuratore Aggiunto, Bernardo Petralia, e dei Sostituti Procuratori, Gery Ferrara Claudio Camilleri.
Le indagini, sviluppate dal trascorso aprile, nascono nell'ambito del procedimento penale scaturito da un omicidio maturato nell'ambito di un contesto di prostituzione minorile ove le prestazioni venivano corrisposte anche con denaro falso. A seguito dei primi accertamenti effettuati, pur non essendo in grado di identificare i soggetti individuati, venivano rinvenute e sequestrate 190 monete da 2 euro, risultate poi essere appartenenti ad una nuova ed estremamente insidiosa classe di contraffazione, nonché alcuni riferimenti telefonici che permettevano di proseguire le attività.

Attraverso l'attivazione della Sezione Operativa del Comando Carabinieri Antifalsificazione monetaria è stato infatti possibile analizzare le monete sequestrate presso la Zecca di Stato, Centro Nazionale di Analisi delle Contraffazioni (CNAC), che ha inserito i falsi rinvenuti nella inedita e preoccupante classe di contraffazione n. 65.
Ogni moneta falsa infatti viene catalogata con un indicativo di classe — una sorta di carta d'identità — redatta sulla base delle sue caratteristiche falsoscopiche e le monete presentano, sin dai primi sequestri, un profilo tecnico-produttivo tale da far ritenere che i falsari fossero in grado di realizzare una vera e propria produzione di massa. Infatti, dall'analisi degli esemplari di monete contraffatte è stato possibile ricostruire il procedimento di falsificazione comprendendo come lo stesso fosse analogo a quello utilizzato per la produzione delle monete genuine. Invece di ottenere i coni con il bagno galvanico per elettroerosione (tecnica sino ad ora riscontrata), i falsari hanno infatti seguito la più elaborata tecnica della modellazione a mano con la predisposizione di apposite matrici e con il chiaro intento di realizzare una sorta di produzione "a ciclo continuo". Il monitoraggio dei sequestri amministrativi delle monete false appartenenti alla classe in questione ha visto sin da subito un propagarsi del fenomeno: dal territorio di Palermo a quello di Torre del Greco, Como, Modena e, oltre i confini nazionali, a Malta.

La complessa ed articolata indagine ha permesso, partendo dalla figura del ghanese Seidu Abdulai, 45 anni, punto di riferimento a Palermo per l'approvvigionamento e lo smercio di monete contraffatte, di accertare l'esistenza di un sodalizio criminoso con diramazioni nel territorio palermitano e campano; una struttura verticistica precisamente articolata e delineata, in seno alla quale ogni soggetto ricopre un ruolo ben determinato, con compiti specifici all'interno di una "filiera" in grado di assicurare l'importazione e la circolazione della valuta falsa fino alla fase della "spendita" di ogni singola banconota e/o moneta contraffatta.

Il "leader" dell'associazione individuata è peraltro operante nella Repubblica Popolare Cinese. Yong Zhuangxiao che, mantenendo contatti diretti con la zecca clandestina, anch'essa verosimilmente ubicata nel territorio cinese, e provvedendo al trasporto nel territorio Italiano, tramite l'opera di Huang Zhongming, Ren Yuping, Huang Yunrui, Huang Hanxia, Dino Stancato, Antonietta Merolla e Vincenzo Verdoliva tutti residenti in Campania, assicura agli altri associati il rifornimento di grandi quantità di valuta falsa da smerciare successivamente e principalmente nella "piazza" palermitana. Questi altri personaggi, tra cui spiccano Seidu Abdulai, Sarah Idehen Oduwa, Gaetano Di Maria, Giovan Battista Filipone concorrono, con ruoli e mansioni prestabiliti, alla realizzazione degli scopi criminali perseguiti, offrendo un contributo determinante e conseguendo profitti illeciti attraverso la cessione della valuta falsa ad un prezzo di costo man mano crescente lungo la filiera distributiva.

A concretizzare le ipotesi investigative, e le prime perplessità espresse dal C.N.A.C. italiano, vi è il sequestro di un container proveniente dalla Cina operato il 23 settembre 2014, nel corso di una perquisizione effettuata all'interno di un magazzino in Poggiomarino, provincia di Napoli, ove venivano rinvenuti 306 tubolari di metallo, ognuno dei quali contenente 1.000 monete da un euro e due euro per un importo complessivo pari a 556.000 euro, appositamente preso in affitto da un'azienda, creata ad hoc per l'importazione delle monete, effettivamente gestita da Huang Zhongming, primo punto di contatto in Italia con l'importatore Yong Zhuangxiao.

Le successive analisi svolte sulle monete da parte di una task force internazionale di esperti anticontraffazione provenienti da otto paesi dell'eurozona individuati da OLAF (articolazione della Commissione Europea che si occupa del contrasto alle frodi valutarie nei Paesi dell'Unione), attraverso il Centro Tecnico-Scientifico Europeo (CTSE), hanno permesso di comprendere che la produzione dei falsi in parola è avvenuta tramite differenti lotti di coni utilizzati sino alla rottura. Questa tecnica, assolutamente innovativa nel campo dei falsi nummari, è pericolosa sia in termini quantitativi che qualitativi del prodotto, motivo per il quale è stata interessata anche Europol che ha allertato le forze di polizia europee.