A scuola di bioetica: la genitorialità e la filiazione nel tempo delle biotecnologie avanzate

Un tema particolarmente attuale. Ne abbiamo parlato con l'esperta

MONREALE, 21 settembre – Quella della bioetica è un tema quanto mai attuale, che dà luogo un dibattito articolato anche perché tocca le coscienze ed è in grado di scuotere ciascuno di noi. Ne abbiamo parlato con l'esperta, toccando argomenti che meritano un approfondimento.

Abbiamo intervistato Maria Rita Fedele, 48 anni monrealese, insegnante di Storia e Filosofia al liceo "Emanuele Basile" di Monreale, ma soprattutto specializzata in bioetica, dottore di ricerca in Pedagogia e Didattica in prospettiva interdisciplinare ed autrice del volume intitolato "L'indifferenziato: Nuova sfida della bioetica", di saggi e articoli in riviste scientifiche. Il momento è davvero opportuno, considerato che proprio il liceo monrealese sta per avviare un progetto di bioetica dal titolo "Germinali e staminali: aspetti scientifici e implicazioni bioetiche".


D: Che cosa ne pensa della decisione della Consulta in merito alla fecondazione eterologa?
R: Da quando la Consulta ha dichiarato incostituzionale la norma della fecondazione eterologa posta dalla legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli e/o di spermatozoi nei casi di infertilità, si sono riaccese le polemiche tra quanti reputano che la decisione della Corte Costituzionale garantisca il diritto di ciascuno ad avere un figlio e quanti invece guardano con poco ottimismo a queste nuove biotecnologie riproduttive, ritenendo che non tutto ciò che è tecnicamente possibile sia anche moralmente lecito. Si è posto cioè un problema che non rimane circoscritto all'ambito meramente medico ma che certamente apre la riflessione in campo giuridico e bioetico.
D: Le nuove disposizioni della Consulta quali diritti tutelano?
R: Se da un lato la decisione della Corte Costituzionale sembra risolvere il problema di tante coppie italiane, che, a causa della loro sterilità, hanno intrapreso la via per l'estero, affidando la gestione clinica della loro sofferenza e della loro speranza ai centri specializzati dei Paesi europei, dall'altro lato permane in Italia un vuoto legislativo almeno per ciò che riguarda le garanzie del nascituro; perciò si richiede al Parlamento un tempestivo intervento per aggiornare la normativa nel suo complesso. Da un lato, la fecondazione eterologa sembra riconoscere il diritto alla paternità e alla maternità, ma, dall'altro lato, disconosce i diritti di chi nasce. Infatti, che diritto ha chi nasce con la fecondazione eterologa di conoscere le proprie origini biologiche: i genitori e i propri fratelli/sorelle? In molti Paesi non ci sono forme di tutela e di riconoscimento del nascituro, si mantiene infatti l'anonimato del donatore di gameti e in altri Paesi ancora non si parla nemmeno di donazione di gameti, ma di vere e proprie pratiche di vendita, in altri termini di una reale commercializzazione di individui e tout court di una ormai consolidata mercificazione della vita umana. In Italia, allo stato attuale delle cose, permane un vuoto legislativo in termini di tutela del diritto del bambino di conoscere il padre e la madre biologica; si parla di mantenere l'anonimato del donatore, forse, come ha detto in questi giorni Stefano Rodotà, per timore che le donazioni si riducano o che i bambini, divenuti adulti, possano chiedere di conoscere i propri genitori biologici per aiuti economici o forse per altro. Ma che cosa potrà forse accadere un giorno? Rischieremo, per una tragica sorte, di innamorarci di un nostro fratello, forse chissà dove, o di una nostra sorella se non la riconosciamo come tale?
D: Quali sono le implicazioni bioetiche di forte rilievo della fecondazione eterologa?
R: In ambito bioetico si pongono delle questioni di fondo che investono direttamente il senso e il valore simbolico della genitorialità e della filiazione che certamente vanno ripensate nell'epoca della tecnologia avanzata. Fino a quando la procreazione era realizzabile unicamente secondo modalità naturali, il legame tra procreazione e genitorialità non era messo in discussione, ma nel tempo delle biotecnologie riproduttive avanzate il riassetto genitoriale attorno all'evento nascita si è reso indubbiamente più problematico; il chiamare all'esistenza un figlio è divenuto un evento esterno alla coppia affidato interamente all'istituzione medica e ciò implica il ricorso a figure specialistiche (il ginecologo, l'équipe medica, il biotecnologo, il genetista, lo psicologo) che operano per un unico fine: il desiderio di un figlio a tutti i costi. Dal 1978 (data della nascita di Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta) ad oggi l'intervento di un terzo nel contesto procreativo, sia che si tratti di un donatore di gameti (ovuli e/o spermatozoi) esterno alla coppia che di un utero in affitto e dunque di una maternità surrogata, ha moltiplicato le figure genitoriali, mettendo in discussione le radici antropologiche, e direi ontologiche, della genitorialità e della filiazione. I nuovi scenari aperti dalle biotecnologie riproduttive annunciano un'eclissi della genitorialità biologica e riguardano situazioni ancora più estreme: le madri-nonne, la maternità e la paternità post-mortem, la possibilità di "concepire" per le coppie omosessuali, la vendita di ovuli e spermatozoi ai quali si può far ricorso presso le cosiddette "banche del seme". Cosa potrà allora voler dire nascere da tre o quattro o addirittura da cinque genitori? E che cosa significa essere genitori? Ci sarà forse un genitore migliore dell'altro da potere scegliere così come il genitore ha oggi la possibilità di scegliere il figlio (maschio o femmina, bianco o nero, sano o malato)?
D: "Genitorialità biologica" e "genitorialità sociale": cosa può dirci in merito?
R: Le analisi fin qui esposte indubitabilmente portano all'evidenza che il nostro tradizionale concetto di genitorialità è in crisi e su questo tema è in atto oggi un vero e proprio scontro tra paradigmi diversi. Nel nostro tempo si è diffusa l'idea che la genitorialità sia semplicemente una «funzione» che chiunque possa esercitare in qualsiasi circostanza, facendo del genitore, per usare alcune espressioni del filosofo francese Xavier Lacroix, un "adulto referente", privando la maternità e la paternità di un ancoraggio fisico al corpo. Gli orizzonti della riflessione restano problematici: come pensare dunque i legami della genitorialità e della filiazione in questo contesto procreativo così radicalmente modificato? Sono essi concepibili al di fuori dell'immaginario simbolico che rimanda a quella realtà biologico-corporea in cui essi stessi pure s'incarnano? E se la nascita è il luogo di significazione originario di questi legami, che cosa vorrà dire oggi nascere da una fecondazione eterologa?
D: Fra le diverse discipline, la bioetica può avere uno spazio nella scuola?
R: In questo contesto, la bioetica diventa il luogo privilegiato della sensibilizzazione alla formazione di una coscienza critica del progresso tecnologico e la scuola ne diviene l'istituzione pedagogica per eccellenza nella misura in cui promuove la discussione e lo studio dei problemi di ordine etico posti dagli sviluppi recenti della medicina, della biologia e più in particolare dalle relative applicazioni tecnologiche. Occorre creare uno spazio laico del dialogo e del confronto tra discipline diverse, quello spazio che deve seguire un approccio razionale ai temi bioetici al di fuori di ogni possibile deriva di inquadramento ideologico e dottrinario.

Le questioni bioetiche devono essere poste superando gli steccati che dividono e che generano uno scontro tra "fazioni" e inquadrate invece metodologicamente in un confronto tra "ragioni", sollecitando gli studenti a domandarsi che cosa veramente rischiamo di perdere in questo contesto altamente tecnologizzato e ormai definito "tempo della postmodernità" e che cosa invece abbiamo guadagnato o possiamo ancora guadagnare. L'impostazione dialogica dell'insegnamento della bioetica si richiama in fondo al suo carattere intrinsecamente interdisciplinare, che apre al confronto tra saperi specialistici diversi, che ha come scopo quello di permettere ai cittadini del domani e alla società intera di elaborare risposte, strategie d'intervento razionalmente fondate e quindi di non fermarsi semplicemente alle domande. Per queste ragioni, emerge un urgente bisogno educativo che richiede progetti innovativi che investano la scuola, favorendo modi e tempi di approfondimento delle questioni bioetiche ben diversi da quelli dell'informazione mediatica, in cui le notizie di cronaca spesso ne riducono lo spessore problematico. L'insegnamento della bioetica risponde a diverse finalità guardando ad un obiettivo di fondo che è quello di formare ad una cittadinanza attiva ed eticamente consapevole, che abbia come fine il bene della persona, partendo dal presupposto che oggi è necessario occuparsi di bioetica in qualità di cittadini che partecipano alla gestione della cosa pubblica.

D: In che modo la scuola può contribuire alla formazione bioetica del cittadino di domani?
R: Nei licei l'insegnamento della bioetica ha altresì una finalità pedagogica di enorme portata: far dialogare la cultura umanistica e la cultura scientifica che insieme promuovono la formazione culturale dello studente nella scuola del terzo millennio, pensando ad una dimensione che non sia solo quella del "saper fare", di acquisire competenze, ma anche quella del "saper essere" e direi anche quella del "sapere scegliere". Questa ipotesi progettuale nasce dalla considerazione che il sapere scientifico non si può ridurre a qualcosa di meramente tecnico, sarebbe in questo caso troppo autoreferenziale, ma è dimensione profonda dell'intelligenza, dove il sapere, sia pure per vie diverse, scopre la sua unità di struttura e si fa cultura dell'uomo nel senso proprio di coltivazione della sua umanità.
D: Allora Lei propone un dialogo fra i diversi saperi?
R: Insegnare bioetica a scuola significa lavorare nell'intento di superare il divario esistente tra i due profili delle culture, umanistico-letteraria e quella scientifica, le quali spesso si ignorano quando non si chiudono a riccio nella loro conclamata autosufficienza formativa. Tale progetto impone che al sapere scientifico non si riconosca solo un valore strumentale e non resti relegato nell'ambito puramente tecnico, ma si apra ad orizzonti filosofici che ne stanno alla base. Significa in altri termini, per dirla con il filosofo Habermas, mettere in comunicazione la ragione "strumentale" con quella "sapienziale", l'agire tecnico con l'agire etico, recuperando la vocazione originaria della filosofia cioè la sua dimensione sapienziale che è, come lo è stato alle sue origini, non solo sete di conoscenza e amore per la sapienza, ma anche e soprattutto ricerca del giusto ethos e interesse per l'ánthropos, quindi apertura agli interrogativi esistenziali ovvero alle domande di fondo dell'uomo contemporaneo (qual è il significato del dolore, della nascita e della morte, della sofferenza) e quindi ricerca di senso.
D: Un progetto di bioetica anche per il liceo Emanuele Basile - Mario D'Aleo di Monreale?
R: In questo quadro ci fa onore che il liceo Basile-D'Aleo di Monreale sia stato autorizzato dalla Comunità Europea a realizzare, un'iniziativa progettuale di bioetica dal titolo "Germinali e staminali: aspetti scientifici e implicazioni bioetiche", di cui sono referente, un'iniziativa che si inserisce a pieno titolo nel programma di miglioramento dell'offerta formativa al territorio e, più in particolare, in una serie di interventi di promozione della cultura scientifica in un orizzonte che richiama certamente un altro modo di "fare scuola".