Corruzione e appalti pilotati nella Sanità siciliana: 10 persone arrestate

Operazione “Sorella Sanità”: due in carcere, gli altri ai domiciliari. Sequestrate imprese e disponibilità finanziarie

PALERMO, 21 maggio – Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i finanzieri del locale Comando Provinciale hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale del capoluogo nei confronti di 12 soggetti, a vario titolo indagati per corruzione, per atti contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti.

In carcere sono finiti Fabio Damiani, 55 anni di Palermo, attuale direttore generale dell’ASP 9 di Trapani e Salvatore Manganaro 44 anni, originario di Agrigento, ritenuto il faccendiere di riferimento per il Damiani.

Otto persone, invece, sono finite ai domiciliari: Antonino Candela, 55 anni di Palermo, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell’APS 6 di Palermo, Giuseppe Taibbi, 47 anni di Palermo, ritenuto faccendiere di riferimento per Candela, Francesco Zanzi, 56 anni, di Roma amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie S.p.a., Roberto Satta 50 anni di Cagliari, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie S.p.a), Angelo Montisanti, 51 anni, di Palermo, responsabile operativo per la Sicilia di SIRAM S.p.a. e amministratore delegato di SEI Energia s.c.a.r.l., Crescenzo De Stasio, 49 anni, di Napoli, direttore unità business centro sud di SIRAM S.p.a., Ivan Turola, 40 anni, di Milano, referente occulto di FER.CO. s.r.l., Salvatore Navarra, 47 anni, di Caltanissetta, presidente del consiglio di amministrazione di PFE S.p.a.

Nei confronti di Giovanni Tranquillo, 61 anni, di Catania ritenuto referente occulto di EURO&PROMOS S.p.a. e di PFE S.p.a e di Giuseppe DI Martino, 63 anni, originario di Polizzi Generosa, ingegnere e membro di commissione di gara, è stata invece applicata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività professionali, imprenditoriale e pubblici uffici.

Con il medesimo provvedimento il Gip ha disposto il sequestro preventivo di 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160.000 euro, quale ammontare allo stato accertato delle tangenti già versate: le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungono, però, una cifra pari ad almeno Euro 1.800.000.

Le complesse indagini eseguite dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria delle fiamme gialle palermitane – svolte con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami documentali e dei flussi finanziari - hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di un centro di potere composto da faccendieri, imprenditori e pubblici ufficiali infedeli che avrebbero asservito la funzione pubblica agli interessi privati, in modo da consentire di lucrare indebiti e cospicui vantaggi economici nel settore della sanità pubblica.

Le articolate fasi del sistema corruttivo ruotavano intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’ASP 6 di Palermo, disvelando le trame finalizzate all’accaparramento di appalti milionari del settore sanitario siciliano.

Nello specifico sono state analizzate 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro, riguardanti la gestione e manutenzione apparecchiature elettromedicali – bandita dall’ ASP 6 del valore di 17.635.000 euro; i servizi integrati manutenzione apparecchiature elettromedicali - bandita dalla CUC del valore di 202.400.000 euro; ma anche la fornitura vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici – bandita dal ASP 6 del valore di 126.490.000 euro; i servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale – bandita dalla CUC del valore di 227.686.423 euro.

Le spregiudicate condotte illecite garantivano l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari, mediante l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5 % del valore della commessa aggiudicata.

Gli operatori economici vincitori delle gare, importanti società di livello nazionale, erano consapevoli e partecipi delle dinamiche criminali, dalle quali traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti.

Lo schema illecito, ricostruito dagli specialisti anticorruzione del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria, appariva consolidato:

l’imprenditore interessato all’appalto avvicina il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto; il faccendiere, d’intesa con il pubblico ufficiale, concorda con l’impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l’aggiudicazione della gara; la società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presenta la propria “offerta guidata”, che sarà poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito ricercato.

Le condotte scorrette emerse nel corso dello svolgimento delle procedure turbate riguardano essenzialmente l’attribuzione di punteggi discrezionali, non riflettenti il merito del progetto presentato; la sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche; il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione giustificativa necessaria; la diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio.

I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società