Amarcord: quando all’istituto d’arte di Monreale insegnava un certo… Zdeněk Zeman

Zdenek Zeman

Prima di diventare un famoso allenatore di calcio il boemo fece tappa nella scuola monrealese

MONREALE, 19 febbraio – È di questi giorni la notizia dell’insediamento sulla panchina del Pescara del nuovo allenatore Zdeněk Zeman, che ha preso il posto dell’esonerato Massimo Oddo. L’idea di raccontare questa personale esperienza nasce dalla lettura dell’articolo di qualche giorno fa a firma di Enzo Ganci, che riguarda la scomparsa di Luigi Zarcone, docente campione del liceo classico di Monreale.

Non sono un esperto di calcio e la notizia rimbalzata su tutti i giornali, e su tutti i media, del ritorno del tecnico boemo alla guida di una squadra di serie A, dopo un periodo di assenza dal grande calcio, non ha suscitato in me molta attenzione, forse perché preso da altre passioni, o a causa del distacco che ho sempre mostrato verso il calcio di oggi, industria di denaro rispetto al calcio giocato con passione. Tuttavia ha fatto riaffiorare nella mia memoria il ricordo di questo personaggio legato agli anni della mia frequenza all’istituto d’arte di Monreale.Nei primi anni ‘80 Zeman, dopo aver conseguito il patentino di allenatore, fu chiamato alla guida della Primavera del Palermo e nello stesso tempo svolse l’attività di insegnante di Educazione Fisica presso alcuni istituti scolastici della provincia, tra questi anche Monreale.
Nessuno di noi ragazzi poteva immaginare che un giovane insegnante venuto dalla Cecoslovacchia, se pur nipote di un grande allenatore, quale era stato lo zio materno Cestmir Vycpàlek che aveva vinto pure due scudetti sulla panchina della Juventus, sarebbe diventato un personaggio popolare, tra i più importanti allenatori di calcio del panorama italiano. Ci incuriosì sin da subito il suo modo di fare flemmatico e composto, apparentemente chiuso, ma disponibile verso i suoi alunni.

Sull’onda dell’entusiasmo tipico di quell’età e attratti da questo personaggio, lo seguimmo in occasione di un incontro di calcio tra la Primavera del Palermo e la locale squadra del Monreale svoltasi a San Martino delle Scale.
L’occasione ci apparve ghiotta in considerazione del fatto che eventi di tale portata non erano frequenti a Monreale, anche perché nelle fila del Monreale giocava mio fratello Franco. La partita fu combattuta e a sprazzi anche gradevole, ma priva di goal. Conservo un bel ricordo di quella giornata, l’aver pareggiato o meglio non aver perso con i giocatori della Primavera del Palermo, fu per noi monrealesi motivo di vanto.

Tornati a scuola rivendicammo ironicamente l’impresa della mancata sconfitta con Zeman, il quale ci liquidò con una frase che ancora ricordo bene ”siete stati fortunati”, ci disse con una frase che usammo in molte altre circostanze, imitando la tonalità tipica del suo modo di parlare.
Il privilegio di averlo avuto come insegnante è cresciuto negli anni successivi quando le sue doti di grande allenatore cominciarono a emergere e tutta l’Italia sportiva parlava di questo personaggio e della sua capacità di portare le squadre minori ad alti livelli e di competere con le formazioni più blasonate dei campionati maggiori.
Apprezzavo il modo schietto di esternare il suo punto di vista controcorrente che lo poneva al centro d’interminabili discussioni e polemiche, al punto di caratterizzarlo tracciando così una sorta di “Zemanpensiero” assieme al proverbiale modo di stare in panchina sempre con la sigaretta in mano.

Di quel periodo mi piace raccontare un aneddoto: frequentava lo stesso istituto, un mio compagno di classe, Totò Brisciano, che si dilettava tra i pali ed era il portiere che difendeva i colori della squadra dell’istituto nei tornei distrettuali tra studenti, il quale con insistenza chiedeva a Zeman di inserirlo tra i portieri dei giovanissimi delle squadre che allenava. Lui lo guardava e non rispondeva. Un giorno però davanti alle insistenze del giovane, con un sorriso ironico disse: “Ma dove vuoi andare? Sei basso…” che diventò il tormentone di quell’anno.
A fronte di tanti successi conseguiti durante la sua carriera, un’impresa, però, non gli è stata possibile realizzare e cioè quella di far indossare la tuta da ginnastica a Maurizio La Mattina che, da studente “adulto” e sedentario com’era, non fu quasi mai presente in palestra. Alle ore di Educazione Fisica preferiva il disegno e ancor di più gli “schiticchi” di focacce con olio e sarde salate.