Palermo, al Foro Italico la commemorazione per il trentennale della strage di Capaci

Presenti autorità, associazioni e studenti provenienti da tutta Italia

PALERMO, 23 maggio - Oggi, trent’anni dopo, Palermo si è svegliata al richiamo della memoria e di un dolore che ha avuto trasformatosi presto in coscienza civica. Alle 17.58 del 23 maggio 1992, alle porte di Capaci, la terra tremava perché Cosa Nostra metteva a segno un violentissimo attentato che avrebbe per sempre cambiato la percezione del fenomeno mafioso nel nostro Paese.

 “Non era un terremoto, bensì 500 chili di tritolo che mettevano fine alla vita di un uomo che faceva paura al potere” disse in un’intervista il giornalista Attilio Bolzoni.

Quel giorno, a cadere vittime della violenza mafiosa furono i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, insieme agli agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Stamattina il Foro Italico si è fatto teatro di una delle tante cerimonie previste per la giornata, a cui hanno partecipato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il ministro della Giustizia Marta Cartabia nonché il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il capo della polizia Lamberto Giannini, il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani e il primo cittadino Leoluca Orlando.

Era presente anche la presidente della Fondazione Falcone, Maria Falcone, che ha sottolineato l’importanza della partecipazione dei cittadini palermitani alla manifestazione odierna: “Questa giornata è per la memoria di tutti, di tutti i cittadini che hanno deciso da che parte stare. Mio fratello non voleva essere un eroe ma semplicemente un magistrato intenzionato a compiere il proprio dovere. È importante pensare al passato ma altrettanto necessario costruire un futuro migliore”.

“Dopo il silenzio seguito a quella tragica esplosione, la popolazione e le istituzioni hanno risposto prontamente. A tanta ferocia, la nostra nazione democratica ha reagito con gli strumenti propri dello Stato di diritto” ha detto il capo dello Stato Mattarella. “La mafia temeva Falcone e Borsellino perché con dedizione e professionalità avevano dimostrato che non era un fenomeno invincibile. E anche la reazione della società civile non si fece attendere e rappresentò l’inizio di quel movimento sociale che dà ancora oggi i suoi frutti”.