Tante energie morali e culturali per risollevare il nostro territorio

fumetto di Stefano Gorgone

Carissimo direttore,
con riferimento al tuo interessante articolo dal titolo “Buon lavoro, Alberto”, da me ampiamente condiviso, desidero dare il mio concreto, anche se modesto, contributo al dibattito politico, anche sollecitato dai continui appelli del nostro arcivescovo monsignor Pennisi per una “politica buona”nella nostra città.

Auspico, anzi, il coinvolgimento delle tante energie morali, culturali, ideali che abitano il nostro territorio. Ciò, proprio perché siamo all’inizio di un nuovo quinquennio di governo della città e, quindi, non con intento elettoralistico ma in maniera disinteressata e priva di secondi fini.
Il nostro paese, da tempo, sembra sostanzialmente fermo, ripiegato su se stesso, incapace di prendere in mano il proprio destino. La politica appare avvitata su se stessa e sempre meno capace di alzare lo sguardo oltre l’immediato tornaconto per proporre un progetto di futuro. E’ indubbio che nei decenni scorsi alcuni risultati positivi sono stati conseguiti, ma sempre parziali a causa delle note e sempre crescenti difficoltà finanziarie, ma anche per i continui veti incrociati e per i personalismi che hanno frenato l’attività amministrativa e, a volte, mortificato la buona volontà degli amministratori.


Per un serio rilancio della vita politica, sociale, culturale della nostra città necessita, a mio modesto avviso, una “tregua politica”, un patto sociale tra tutti gli uomini di buona volontà che hanno veramente a cuore il futuro delle nostre famiglie. E’ assolutamente necessario imparare a pensare “insieme” il nostro convivere, eliminare le ostilità, gli individualismi e spendersi con serietà, competenza e passione nell’interesse di tutti.
E’possibile richiedere che tutti i consiglieri eletti vadano in consiglio comunale non con il coltello tra i denti, ma con atteggiamento costruttivo e propositivo? E’ possibile mettere da parte i propri egoismi personali e collettivi, i dissidi e gli interessi di parte? A dire il vero, le prime dichiarazioni del sindaco uscente e del rappresentante della Lega sono incoraggianti e lasciano ben sperare. E’ indubbio che amministrare una città con le complessità del nostro territorio, con le criticità strutturali i diversi settori e con la situazione finanziaria di dissesto appare un compiti improbo e, pertanto, tutti devono avvertire l’imperativo categorico di dare il proprio contributo perché i sogni diventino realtà.
Per Italo Calvino, infatti, le città non sono costituite solamente da un intrico di strade, di piazze, di vicoli, ma sono anche e soprattutto il luogo dei sogni, delle aspirazioni, delle storie di chi le abita. Le città respirano, sono allegre o tristi, hanno un carattere e un’anima. E l’anima di Monreale ha, indubbiamente, un intimo rapporto con il Duomo e con la bellezza di suoi mosaici, ma anche con i suoi tanti figli letterati, artisti, filosofi che l’hanno resa famosa nel mondo. La nostra comunità si appoggia, quindi, ad una storia antichissima ed unica e ad essa deve fare riferimento per cercare di affrontare con vitalità e forza la complessità del tempo presente.


E’ possibile sperare di essere all’altezza della nostra storia e delle nostre tradizioni? Per fare questo occorre, innanzitutto, ricostruire il tessuto umano della nostra città che non può essere solo un museo da visitare, ma deve diventare una “comunità” dove ci si impegna per liberare gli uomini dal bisogno e dalle divisioni. La “comunità” a Monreale deve diventare un modello organizzativo e uno stile di vita. Le persone devono “sentire la città” come la propria dimensione di vita prestando la massima attenzione al centro storico senza abbandonare le periferie. Il sindaco Alberto Arcidiacono deve certamente dare la priorità alla manutenzione delle strade, all’illuminazione pubblica…., ma non deve dimenticare le fasce sociali più deboli e deve mettere in campo tutte le misure per eliminare le situazioni di povertà e di marginalità sociale. Alla fine del suo mandato egli dovrà chiedersi che cosa ha fatto per i poveri, gli anziani, le persone indifese, che cosa ha fatto per dare loro una casa, una scuola, un lavoro, che cosa ha fatto per difendere la dignità della persona umana. Ma questo chiama in causa anche tutti noi, lo spirito di solidarietà che deve caratterizzare le associazioni, le parrocchie, i partiti, il volontariato, le varie istituzioni. Chiama cioè in causa la nostra capacità di “essere comunità”.