La questione ''lease-back'' che fa tremare il palazzo

Ballano 10 milioni di euro. La Procura della Corte dei Conti ipotizza il danno erariale. TUTTI I NOMI

MONREALE, 2 aprile – Se non è un terremoto, è una cosa che ci somiglia molto. Un atto che, con ogni probabilità, è destinato a fare da spartiacque. Non è escluso anche nell’esperienza amministrativa attuale.

È quello che vede ben 36 soggetti, tra ex amministratori ed ex dirigenti del Comune, chiamati a rispondere davanti alla Procura regionale della Corte dei Conti per danno erariale. Un danno che il Pubblico Ministero della magistratura contabile quantifica in 10.106.980,50 euro, oltre gli interessi di mora e l’importo che andrà a maturare, in danno del comune stesso.

Certamente non il modo migliore per predisporsi alla Santa Pasqua, considerato che i 36 chiamati in causa, a partire dal 9 marzo scorso, giorno in cui il sostituto procuratore generale Vincenzo Liprino ha firmato il cosiddetto invito a dedurre, avranno 45 giorni di tempo per depositare le proprie deduzioni ed eventuali elementi a discolpa.

L’argomento è quello dell’ormai famoso contratto di “lease-back” dell’immobile di via Biagio Giordano, sede della caserma che ospita il gruppo Carabinieri Monreale, stipulato dal Comune il 20 aprile 2006, quando in Sala Rossa operava l’amministrazione a guida Toti Gullo.

Con quell’atto, in pratica, il comune incamerò dalla banca Carige con sede a Genova la somma di 8.553.565,70 euro, da restituire con un canone anticipato di 1.454.106,17 euro e 39 canoni semestrali da 203.902,78 euro ciascuno, oltre iva. Un modo – fu la logica di quel provvedimento – per dare ossigeno alle boccheggianti casse comunali, intascando una somma che, in effetti, risolse molti problemi. Questa la premessa e fin qui “nulla quaestio”.

La vicenda sembra essere stata messa in soffitta fino a quando, il 20 ottobre del 2020, cioè 14 anni dopo l’erogazione di quella cifra, il segretario generale del Comune, Francesco Fragale non sente “puzza” di “uso fraudolento” e mette in moto un iter articolato, scrivendo al dirigente dell’area finanziaria del Comune, Ignazio Tabone, chiedendo la “verifica dei requisiti di ammissibilità del contratto di locazione finanziaria”. Fuor di burocratese, Fragale vuol capire, sostanzialmente, se quella somma sia servita per procedere a nuovi investimenti, così come vuole la Costituzione, o se invece, ci si trovi in presenza solo di un mutuo, che non ha fatto altro che provocare un “depauperamento patrimoniale” dell'ente, concorrendo alle cause del dissesto finanziario del Comune, poi dichiarato - come è noto – nel 2018.

Tabone fa passare un anno, quindi risponde a Fragale il 19 ottobre 2021, con una nota scarna, rilevando, dal canto suo, “possibili profili di nullità del contratto, da accertare in sede giudiziale”. Gli elementi, a questo punto, ci sono tutti per spedire un bel pacco alla Procura della Corte dei Conti, che dalla Pec del comune si vede arrivare un faldone di quasi 90 pagine.

La Corte, che per la verità, in occasione della dichiarazione del dissesto finanziario, non aveva avuto nulla da ridire su questa situazione, pur avendo rivoltato come un calzino i conti del comune, “spamma” l’invito a presentarsi ai 36 soggetti in questione di cui parlavamo.
Chi sono? Eccoli: il sindaco di allora, Toti Gullo; i suoi assessori, che con il primo cittadino votarono gli atti di bilancio, e quindi: Roberto Gambino (vicesindaco), Stefano Gorgone, Tony Pantuso, Mariella Petrotta, Fabio Sciortino, Gaetano Sirchia, Antonino Fundarò, Giuseppe Leto, Giuseppe Magnolia, Mimì Palma, Toti Zuccaro.

In qualità di consiglieri comunali del tempo risponderanno coloro che votarono le delibere relative all'operazione lease-back, e cioè: Fabio Billetta, Giuseppe Bono, Giovanni Brusca, Claudio Burgio, Piero Capizzi, Vincenzo Cassarà, Vittorio Di Salvo, Mimmo Gelsomino, Enzo Giangreco (nel frattempo deceduto), Filippo Giurintano, Marco Intravaia, Massimiliano Lo Biondo, Pippo Lo Coco, Girolamo Mondello, Roberto Oddo, Giovanni Schimmenti, Fortunato Segreto, ed Angelo Venturella.

I dirigenti comunali che firmarono gli atti: Antonino Sciacchitano, Gaetano Scalici, Fabrizio Dall’Acqua ed Elena Conti. I componenti del collegio dei revisori: Marcello Barbaro e Giovani Carlotta.

Fra i presunti responsabili del danno erariale ci sarebbero stati pure Salvino Mirto, in qualità di consigliere comunale e Vincenzo Di Liberti, in quella di revisore. Entrambi, però, purtroppo, nel frattempo sono deceduti. Così come nello scorso mese di dicembre è deceduto Enzo Giangreco, che pure figura fra i destinatari dell’invito a dedurre. Sull’argomento, però, la Corte evidenzia come non si debba procedere nei confronti degli eredi per il danno eventualmente causato.

I RISVOLTI. Al di là di come la storia possa andare a finire di fronte ai magistrati contabili, non sembra peregrino pensare che la vicenda possa avere delle ripercussioni sul piano politico, anche pesanti.

Posto che non riscontra molto credito l’idea che a decidere di percorrere questa strada possa essere stato solo l’apparato burocratico del comune, resta in piedi quella che la volontà di “spedire il pacco” alla Corte sia di matrice politica. E in questo caso: è una scelta singola o concordata dalla maggioranza? Considerato che fra i destinatari di “C’è posta per te” ci sono pure personaggi di spicco dell’attuale azione politica cittadina, che lavorano per tenere in piedi l'attuale maggioranza, viene difficile ipotizzare che ci possa essere stato il loro avallo.

Nessuno si stupirebbe, quindi, se la vicenda diventasse quanto mai centrale nel dibattito politico nei mesi di qui a seguire o se dovesse produrre conseguenze significative nella compattezza della maggioranza. Se prevarrà la logica del “muro contro muro”, però, o quella molto più italiana del “volemose bene”, lo scopriremo, come sempre, solo vivendo.