Immigrazione e coppie civili, il punto di vista di un cattolico

Riceviamo e pubblichiamo...

MONREALE, 20 settembre - Quella che viviamo è un’epoca storica caratterizzata da un relativismo spinto, da un decadimento accelerato di valori.

Valori che, sino a pochi anni addietro, sono stati architrave del nostro vivere comune, oggi vengono demoliti o messi in forte discussione: la sacralità della vita e la tutela della dignità umana troppo spesso dissacrate da scempi delittuosi, da spinte razziste e xenòfobe, da sfruttamenti; il degrado sempre più galoppante della Natura, dove l’Uomo oggi abita non come ospite ma come spietato sfruttatore di risorse, alterandone i delicati equilibri; la Lealtà, l’Onestà, lo Spirito di Servizio, l’Amore come capacità di donare e di donarsi, la Solidarietà, l’Accoglienza, la Misericordia, la Giustizia, oggi, ridotti ai minimi termini e banalizzati dal bisogno imperversante dell’arricchimento, talora illecito, dello sfruttamento, dell’eccessivo protagonismo che spesso travalica in arrivismo; la Famiglia Tradizionale, tradizionalmente cellula fondamentale della società, bombardata da più parti per far spazio a modelli inediti ed innaturali di convivenza.

In questo momento di confusione, di sbandamento, noi Cristiani abbiamo l’obbligo morale di esternare le nostre posizioni, i nostri valori e non di nasconderci. L’Apostolo Pietro rinnegò di conoscere Gesù, poco prima della Crocifissione, per ben tre volte, prima del canto del gallo; tutti noi rinneghiamo Gesù almeno 300 volte durante una giornata. Abbiamo l’obbligo di non vivere la nostra Fede in silenzio, nell’ombra, o, peggio, con ipocrisia o vergogna. Dobbiamo avere la determinazione di esportare i nostri valori, che sono valori comuni a tutte le religioni ed al buon senso civico.

Accogliere, così come indicano le Sacre Scritture, gli ultimi, i più poveri, gli affamati, al giorno d’oggi gli immigrati, è per tutti noi, soprattutto per noi Cristiani, un comandamento ineludibile.
Ma allo stesso tempo accogliere non può tradursi nel diluire le nostre radici Cristiane per non offendere coloro i quali si riconoscono in altre religioni.

Accoglienza senza dubbio, tolleranza sicuramente, integrazione inevitabilmente, ma nel rispetto, nella salvaguardia delle nostre radici Cristiane. Mortificare le nostre tradizioni Cristiane, come ad esempio rimuovere il Crocifisso dai luoghi pubblici o dalle scuole, per non offendere i profughi, spesso di fede islamica, è impari, è ingiusto: la libertà religiosa in cui noi occidentali ci riconosciamo sottende anche la tutela della nostra religione. Il contrario sarebbe qualunquismo, perdita della propria identità.

Accogliere, integrare nella nostra società, significa avere il dovere di Amare gli immigrati, in quanto nostri fratelli, purtroppo più sfortunati di noi; ma equivale anche al dovere da parte degli immigrati di rispettare ( non necessariamente di condividere) la nostra realtà culturale, le nostre tradizioni religiose, con i suoi simboli, primo fra tutti il Crocifisso: rimuovere i nostri simboli religiosi equivale a dimostrare di non avere identità religiosa, di non avere il coraggio delle nostre scelte; equivale a rinnegare Gesù: bisogna vivere la nostra Fede alla luce del sole. Bisogna essere fieri della propria identità culturale, religiosa, geopolitica. Bisogna sviluppare un forte senso di appartenenza.

Allo stesso modo oggi si assiste, con toni talora accesi, al dibattito sui pari diritti agli omosessuali, alle lesbiche, ai transessuali, al dibattito sul gender. Ineludibile riconoscere a costoro dei riconoscimenti civili, rientra nel nostro spirito Cristiano di tolleranza, di accoglienza, di integrazione, di considerare gli altri come nostri fratelli. Pertanto, chiara condanna per ogni forma di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale: assoluto rispetto della persona e della sua dignità. Ma riconoscere loro il diritto al matrimonio civile o alla conseguente possibilità di adozione mi sembra sconcertante. Questo si tradurrebbe in un minare le fondamenta della famiglia tradizionale, composta, secondo natura, da un uomo e da una donna. Solo una “ coppia tradizionale”, in quanto eterosessuale, è in grado di ricevere il grande dono della procreazione. L’eterosessualità è la sola condizione normale, fisiologica, naturale, della sessualità umana.

La sessualità umana ha una chiara valenza biologica. La distinzione sessuale tra uomo e donna esiste per natura, è inserita nel patrimonio genetico. In natura, normalmente, non esistono altri sessi se non quello maschile e femminile. Esistono chiare diversità anatomo-biologiche fra i due sessi ( caratteri primari e secondari degli organi sessuali), diversità psico-neoro-endocrine.
Nella Genesi si racconta che Dio creò l’uomo e la donna, a Sua immagine e somiglianza. Si racconta che “ l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”.

Come padre, come genitore, sono orgoglioso di avere consentito che i miei figli crescessero in una “Famiglia Tradizionale” e, pertanto, abbiano consolidato una normale, fisiologica identità sessuale. Vorrei che domani i miei nipoti e le future generazioni avessero le stesse opportunità, che non si creasse confusione nella mente dei piccoli del domani. Integrare, riconoscere il “diverso” non può equivalere a terremotare quello che è l’ordine biologico della natura umana. Uomo e donna si integrano nella nascita di una “Famiglia Tradizionale”, ma sono fisiologicamente diversi sotto il profilo psico-neuro-endocrino.

Non è possibile immaginare un futuro con delle nuove generazioni aspecifiche, come se fossero dei robot, dei transformer, che piggiando un pulsante decidiamo arbitrariamente di farne un uomo o una donna, o un omosessuale. Si rischierebbe in futuro di creare individui senza identità, unisex, asessuati; si vorrebbe il futuro individuo uomo come un atomo indifferenziato, come un robot asessuato da programmare successivamente.

Questo sarebbe pura follia, pura anarchia; farebbe parte del delirio di onnipotenza dell’uomo moderno, sempre più intriso di relativismo e materialismo. Questa sarebbe una Babele e come tale sarebbe destinata all’implosione, all’autodistruzione.
Vorrei concludere riportando alcune riflessioni tratte dalla filosofia dello Yoga.

Ogni persona umana pensa, immagina, proietta attraverso la propria Mente. Finisce per identificarsi con la Mente e per diventarne dipendente. La realtà e che l’uomo non dovrebbe dipendere dalla Mente, ma dovrebbe proiettare dal punto di vista della propria Coscienza. Se l’uomo non riuscirà a dipendere dalla sua Coscienza non ricaverà nulla di buono. Se si dipende dalla Mente, questa prende un pensiero e lo ingigantisce, lo piega a destra e a sinistra, creando illusioni, sogni, tentazioni; crea un miraggio e caccerà l’uomo in fondo al pozzo, abbandonandolo senza possibilità di salvezza. Quando l’uomo non si serve della Coscienza per padroneggiare, controllare la sua Mente, è in preda alla cecità, alla follia.

Questo è il motivo per cui l’essere umano, che in origine è creato a immagine e somiglianza di Dio, può ritrovarsi circondato da fallimenti e infelicità. Pertanto, attraverso la Fede o attraverso la Meditazione, bisogna ipertrofizzare la propria Coscienza, in maniera tale da controllare la Mente. Grazie alla nostra Anima potremo così vedere l’universo intero con tutti i suoi doni, in tutta la sua bellezza, quell’universo che altro non è se non un atto d’amore di Dio.

* Ex consigliere comunale ed assessore del Comune di Monreale