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Il Lavoro non è gioco da bambini

| Federica Cordone | Cronaca

Tre i minori sorpresi nel terreno sito in contrada Piano del Re a Partinico

MONREALE, 13 settembre -È facile incontrarli in Brasile, in Nepal, nelle Filippine. Ancora più facile in India e nel Bangladesh. Eppure, per quanto increduli, impressionati o disattenti, il recente fatto di cronaca deve risvegliare la nostra coscienza e quella di chi ci governa.

All'episodio di cronaca svoltosi a Patinico e del quale ci siamo occuati ieri, sembra aggiungersi infatti un ulteriore e increscioso tassello. I carabinieri della Stazione di Partinico, interventui sul posto, nella cantina apparentemnete abbondanata in contrada Piano del Re, nelle campagne partinicesi, hanno accertato anche la presenza di tre minori.
L'uomo, Gioacchino Leto, tratto in arresto con l'accusa di detenzione ai fini di spaccio e coltivazione di sostanza stupefacente (198 piantine di marijuana, cinque chili di marijuna e utensili per la lavorazine della droga) faceva lavorare un bambino di appena nove anni e due ragazzini di 16 e 17 anni. Piccoli per età ma grandi a sufficienza per svolgere un "lavoro" da condurre in "anonimato", lontano dagli sguardi della legalità e del buonsenso.

I ragazzi trovati all'interno della proprietà, inizialmente hanno tentato la fuga ma sono stati subito raggiunti dai carabinieri che hanno rintracciato il proprietario, arrestandolo. "Li ho mandati io a lavorare lì", avrebbe confessato l'uomo, assumendosi ogni responsabilità sull'accaduto.

Un fenomeno orribile quello dello sfurttameto minorile che risuona fragorosamente alle orecchie di tutti, spesso troppo distratti e disinteressati al problema. Bambini o adolescenti che pure esistono nel nostro quotidiano ma rispetto ai quali, spesso, non prestiamo la giusta attenzione, salvo poi ad imbattere in gravi episodi di cornaca come questo.

Nonostante la comune disattenzione, non è neppure difficile accorgersi di averli invece piuttosto vicini. Li ritrovaimo quotidianamente tra i tavoli di un bar, di una pizzeria o un ristorante, a vendere rose, palline di gomma, lucine colorate e gadget di ogni tipo. Li guardiamo con tenerezza, compriamo a volte i loro oggetti, quando non li scacciamo via subito perchè disturbano la convivialità di un pranzo e una cena. Ma tutto finisce lì, come se il problema non esistesse o peggio ancora come se ci potessimo consentire di nasconderci dietro il muro dell'impotenza materiale.

Eppure i bambini che "lavorano" in Italia sono circa 400 mila e, a dispetto dei luoghi comuni, non sono solo nascosti nel Sud più povero, ma anche nelle città ed in località più opulente dove il primo comandamento è fare i soldi, altrimenti non sei nessuno.

Prima Campania, seconda Sicilia, terza Puglia, quarta Lombardia. E' questa la testa della classifica della vergogna, quella - per regioni - del lavoro minorile, stando ai dati del rapporto pubblicato recentemnete da "Save the children" "Lavori Ingiusti", indagine sul lavoro minorile presentata lo scorso mese di agosto in occasione della "Gionata mondiale contro il lavoro minorile".

Se non è la miseria materiale ("devo aiutare papà e mamma", risponde una buona parte dei bambini interpellati comunemente), la causa del lavoro minorile è la miseria culturale ("la scuola è tempo perso, i soldi mi servono per farmi il telefonino", ribattono in molti). Già, perché oltre a chi un lavoro non ce l'ha, in Italia c'è anche il problema di un lavoro ce l'ha ma non dovrebbe averlo come i carusi: ragazzi sfruttati, "costretti" a lavorare per "paghe" ridicole, senza alcuna tutela o garanzia.

L'abbandono precoce della scuola che si registra nell'obbligo d'istruzione, in particolare nell'arco che va dagli 11 ai 16 anni, e che investe da un lato la scuola secondaria di primo grado e dall'altro il primo biennio della secondaria superiore, è uno dei nodi non risolti della politica scolastica del nostro paese e – ma questa è una considerazione personale – il tallone d'achille che genera ed implementa anche lo sfruttamneto minorile.

E' fin troppo chiaro a tutti che la "soluzione" fondamentale del problema tocchi al Governo nazionale ma riteniamo che anche a livello locale, qualcosa si debba e si possa fare. Non vogliamo intestarci soluzioni al problema, sarebbe "irrispettoso" nei confronti di chi ha invece il "mandato ufficiale" per metterle in pratica, ma semplicemente prospettare qualche iniziativa utile e facilmente realizzabile. Due fra tutte: fare rete con gli amministratori di scuole, strutture ecclesiastiche, centri ricreativi e sportivi pubblici, affinchè queste strutture possano essere centri di aggregazione giovanile e punti di riferimenti per le famiglie del territorio ed ancora istituire ad esempio una "banca del tempo", un particolare tipo di associazione presente ormai in moltissime realtà italiane che si basa sullo scambio gratuito di "tempo" o "competenze".

Ci auguriamo che sia il Governo nazionale che le amministrazioni locali pongano in essere urgenti iniziative e strategie che si traducano in atti concreti per ribaltare situazioni di svantaggio che pregiudicano il presente ed il futuro dei bambini e che – scusate se è poco – non possono certo essere considerate medaglie d'onore da cucire sulla maglia della nazione Italia.

· Enzo Ganci · Editoriali

Non occorre essere dei navigati sociologi o degli esperti psicologi per capire quale sia il sentimento comune che alberga, ormai da domenica scorsa, nel cuore di ogni monrealese.

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