Troppi ricorsi agli affidamenti privati per smaltire i rifiuti, la Procura chiede il rinvio a giudizio per Capizzi e Busacca

L’indagine riguarda il periodo compreso tra febbraio e novembre 2015. Capizzi: “Ho agito secondo legge”

PALERMO, 19 novembre – Eccessivo il ricorso all’uso del cosiddetto “articolo 191”, cioè l’utilizzo di una ditta privata per smaltire i rifiuti per esigenze di carattere igienico sanitario. È questa la convinzione della Procura della Repubblica di Palermo, che ha chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco di Monreale Piero Capizzi e per il dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune, Maurizio Busacca.

Ad esprimersi in tal senso il piemme Claudia Ferrari, sostituto procuratore, che rappresenta l’accusa nell’indagine che si occupa della gestione dei rifiuti e riguarda il periodo successivo al fallimento della “Alto Belice Ambiente spa”, la società che si occupava dello smaltimento della spazzatura per conto dell’ex Ato Palermo 2. L’udienza che deciderà circa l’eventuale rinvio a giudizio del primo cittadino di Monreale e del dirigente apicale dell’Ufficio tecnico o il loro proscioglimento si terrà a maggio.
I fatti risalgono al periodo compreso fra febbraio e novembre del 2015, vale a dire i mesi successivi al fallimento dell’Ato, avvenuto nel dicembre del 2014. Erano mesi di grande difficolta per quel che riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Mesi in cui, venuto meno il soggetto che per anni aveva gestito il servizio, i sindaci dell’Ato, 17 in tutto, facevano ricorso continuo al “191”, in pratica affidandolo a ditte private con carattere d’urgenza, per motivi igienico-sanitario. In quei giorni, tanti lo ricorderanno, Monreale, così come tanti altri centri della Provincia, erano invasi da cumuli di spazzatura, che si accatastavano lungo le strade cittadine con una crescita di 40 tonnellate giornaliere.

 

Monreale, per mano della sua amministrazione comunale, affidò per 18 volte lo smaltimento ai privati (in quel caso ad aggiudicarsi l’affidamento era la Tech Servizi). Provvedimenti firmati per evitare l’insorgere di vere e proprie emergenze igienico-sanitarie, dal momento che la spazzatura dilagava in città e nel suo vasto hinterland. Troppe, secondo l’opinione della Procura della Repubblica, secondo la quale, il Comune avrebbe dovuto procedere sulla strada della gara pubblica e non dell’affidamento privato.
Difficile capire se la l’azione dell’accusa (nata da fonti confidenziali, condotta dai carabinieri del Nopa e già in altri due casi precedenti spentasi sul nascere in occasione di indagini condotte dalla Guardia di Finanza e dai carabinieri di Monreale), tenga conto delle reali condizioni ambientali in cui operavano i comuni e delle difficoltà riscontrate dai sindaci per affidare il servizio con una gara pubblica.


Erano giorni, quelli, in cui presso il dipartimento regionale dei Rifiuti si era istituito un tavolo di concertazione, aperto ai 17 sindaci del territorio e gestito sotto il coordinamento regionale, per arrivare ad una soluzione comune, proprio con l’obiettivo di gestire il servizio attraverso l’affidamento pubblico. Tavolo che non tagliò mai il traguardo, nonostante la soluzione sembrasse più volte in dirittura d’arrivo. Nemmeno la cessione di un ramo d’azienda quello dell’ormai famosa “Belice Impianti” vide mai la luce, fino a quando i comuni partecipanti non andarono ognuno per contro proprio ed il comune di Monreale, nel novembre 2015, non affidò il servizio di smaltimento con una gara bandita singolarmente, cercando di salvare, nei limiti del possibile, i livelli occupazionali degli ex impiegati Ato, introducendo nel bando la cosiddetta clausola sociale di salvaguardia.
“Massima fiducia nella magistratura – commenta a Monreale News il sindaco Piero Capizzi – Ritengo di aver agito sempre secondo legge e nell’interesse della comunità che rappresento e conto di poter dimostrare, carte alla mano, di essere dalla parte della ragione”.