Tentata estorsione aggravata, i carabinieri arrestano quattro persone: c'è anche un monrealese

Si tratta del settantenne pregiudicato Antonino Ciresi

MONREALE, 27 febbraio - I carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo stanno dando esecuzione a quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip presso il Tribunale di Palermo, nei confronti di altrettanti estorsori di cosa nostra palermitana.

 Si tratta  Antonino Ciresi, 70 anni, monrealese, pregiudicato e dei palermitani Maurizio Lucchese, nato 50 anni, pregiudicato. Alfredo Calogero Attilio Perricone, 42, incensurato e Giuseppe Battaglia, 41 anni, incensurato.

Le attività d’indagine, coordinate dal Procuratore Aggiunto, Leonardo Agueci e dai Sostituti Procuratori della DDA di Palermo Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, hanno avuto origine dalla denuncia di un noto imprenditore locale, titolare di una società di ristorazione e catering.

Lo scorso marzo la vittima veniva contattata dagli aguzzini che le contestavano di aver intrapreso delle attività commerciali senza aver chiesto l’autorizzazione a  Cosa Nostra, ovvero di non essersi "messo a posto", esigendo, quindi, la somma di duemila euro, da pagare sia a Pasqua che a Natale, per il sostentamento delle famiglie dei detenuti.  Usavano il linguaggio degli estorsori: “a posto … significa che praticamente qua dentro non verrà più nessuno … perché praticamente siamo d’accordo tutti eee…  due a Pasqua più due a Natale” ovvero “… ma significa la pace però … la pace significa la pace assoluta … e ti levi questo pensiero …”.

Gli intermediari, dopo aver fatto intendere che non stavano scherzando, sottolineavano che il loro approccio era stato assolutamente benevolo, in quanto non avevano preannunciato il loro arrivo con danneggiamenti. L’imprenditore manifestava di non essere nelle condizioni di soddisfare la richiesta estorsiva perché in difficoltà economiche, ma gli uomini del pizzo  gli rispondevano che erano certi che avrebbe cambiato idea.

Di lì a poco, infatti, veniva recapitato alla vittima un biglietto anonimo con scritte minacciose (“mettiti a posto un fare u sbirru picchì ti finisci mali”), poi venivano perpetrati due danneggiamenti all’interno del suo locale e, da ultimo, quale chiaro e decisivo avvertimento, una tanica di benzina veniva collocata all’esterno dell’attività commerciale.