Processione di Corleone, monsignor Pennisi: una sosta perché c'era molta confusione ma va fatta chiarezza

“Se emergeranno eventuali responsabilità prenderò gli opportuni provvedimenti”

CORLEONE, 6 giugno – Ninetta Bagarella, secondo le dichiarazioni rilasciate alla stampa in queste ultime ore dal sindaco di Corleone, Lea Savona, il giorno della processione incriminata, non era a Corleone ma a Padova, dove si sarebbe recata dopo aver fatto tappa a Parma per una visita al marito detenuto.

"Hanno scritto che la Bagarella sorrideva compiaciuta al balcone – dichiara ancora il sindaco di Corleone, Lea Savona - ma a noi risulta che non fosse qua e che ancora non sia tornata in paese. E' l'ennesima falsità strumentale che contribuisce a dare un'immagine falsa del paese". "I cittadini - aggiunge - sono infuriati e mi chiedono di tutelare l'immagine di Corleone. Per questo farò un esposto all'Ordine dei giornalisti e alla Procura".
A parlare sui social, confermando le parole del primo cittadino, è anche la figlia del boss detenuto al 41 bis, Maria Concetta, che chiede le scuse dei giornalisti per una notizia a suo dire "totalmente falsa”. “Chi scrive queste cose infangando il paese, dovrebbe solo vergognarsi”, dichiara Maria Concetta Riina, dopo avere precisato dell’assenza della madre.
A dire la sua anche il protagonista della sosta della processione in via Scorsone, a Corleone. Leoluca Grizzaffi, vice presidente della confraternita San Giovanni Evangelista che prova a smorzare le polemiche sollevate dall'articolo di Repubblica. “È stata una sosta casuale, anzi obbligata — dice — andare avanti era impossibile, c’era troppa gente, qualcuno rischiava di farsi male. Ecco perché ho suonato la campanella. Una mia personalissima iniziativa che nessuno mi ha suggerito: l’ho ribadito anche ai carabinieri che sono venuti a chiedermi il documento in chiesa, al termine della processione”.

Intanto, l'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, ha già nominato una commissione d'inchiesta, costituita dall’assistente diocesano delle Confraternite e dal presidente diocesano della Federazione delle Confraternite, per accertare il perchè di quella sosta che ha sollevato le attenzioni delle forze dell'ordine. “Dalle prime indagini – dichiara l'Arcivesco di Monreale Michele Pennisi - verrebbe fuori che non c'è stato nessun inchino, semmai una sosta dovuta alla confusione, come mi ha riferito il parroco. Domani, il gruppo di lavoro si riunirà per valutare i primi accertamenti e a conclusione delle indagini, io deciderò: se ci sono state eventuali responsabilità o viene commissariata la Confraternita oppure saranno sanzionati quei confratelli che non si sono comportati secondo le regole che noi abbiamo”.

Fra l’altro, ricorda l’arcivescovo, “io ho fatto un decreto, già due anni fa, in cui dicevo che uno che fa parte di associazioni mafiose non può far parte di Confraternite e questo perché c’è una incompatibilità fra il seguire Cristo e il Vangelo e il seguire associazioni o famiglie mafiose. Vorrei che venisse applicata in tutta la diocesi l’esperienza che abbiamo fatto qui a Monreale, dove ormai da due anni durante la processione col Crocifisso non c’è alcun problema e questo perché è stato concordato con le Forze dell’Ordine non solo il percorso, ma sono state anche stabilite in anticipo le soste, così da non dar adito ad alcun equivoco. Avevamo già programmato per il prossimo 2 luglio, e lo faremo nella zona montana, a Chiusa Sclafani, un convegno su ‘Confraternite e legalità’. Noi stiamo vigilando su questo. Vogliamo, da una parte, che non ci sia alcuna strumentalizzazione, dall’altra però dobbiamo essere vigili, perché nelle Confraternite non si insinuino persone che possono dare il sospetto di omaggiare qualche personaggio mafioso.

"Per quanto riguarda la Chiesa - conclude monsignor Pennisi - io affermo che le Confraternite devono essere dei luoghi di legalità e che non si può consentire, nel modo più assoluto, che si possano fare delle fermate davanti a personaggi legati alla mafia. In questi anni si è fatto un lavoro con le scuole, con le parrocchie. Ogni volta che faccio le cresime, e non solo a Corleone ma in tutta la diocesi, dico sempre che bisogna avere la libertà dei figli di Dio, senza sottomettersi ad alcun poter mafioso, e dico anche che c’è una distinzione fondamentale fra il padrino cristiano, che deve accompagnare nel percorso di fede il cresimato, e il padrino mafioso, che ha invece tutt’altre caratteristiche, che si impegna cioè a proteggere, ad aiutare e a fare carriera, più o meno criminale, al proprio figlioccio. Questa distinzione deve essere netta!”.