Vicenda ex Ato Palermo 2, i lavoratori esclusi incalzano: “Rigettato il nostro ricorso, ma il contenzioso continua”

“Il giudizio di merito inizierà a breve, intento ci spieghino i criteri della nostra esclusione”

MONREALE, 7 ottobre – Non è passato sotto silenzio e certamente darà luogo ad una serie di azioni il pronunciamento del giudice del lavoro del tribunale di Palermo, che nei giorni scorsi ha rigettato il ricorso “ex articolo 700” proposto dai dieci lavoratori della fallita “Alto Belice Ambiente spa” contro la ditta Mirto e, in subordine, contro il comune di Monreale, per essere stati esclusi dalle assunzioni.

Il giudice, scendendo nel dettaglio, ha incentrato la motivazione esclusivamente sul “fumus boni iuris” e sul “periculum in mora” che rappresentano gli elementi essenziali per proporre un giudizio “ex articolo 700” che è stato presentato. Quest’ultimo, in pratica, rappresenterebbe una soluzione veloce per far valere un diritto nelle more dell’instaurazione del giudizio di merito e che impone determinati presupposti per l’accoglimento.
Il “fumus boni iuris” è un requisito necessario, insieme al pericolo nel ritardo, per ottenere la tutela cautelare, il cui scopo è quello di evitare che il tempo necessario per l'accertamento pieno del diritto richiesto con il giudizio ordinario renda infruttuosa o tardiva la tutela ricevibile in via ordinaria. Due situazioni giuridiche che i ricorrenti ritenevano di aver provato, in quanto, non sono più in possesso di ammortizzatori sociali ormai da mesi e non svolgono alcuna attività lavorativa. Il giudizio ordinario, adesso, verrà trattato probabilmente a breve presso il Tribunale Civile nei confronti sia del Comune che delle ditte che svolgono o hanno svolto il servizio di raccolta rifiuti nel territorio di Monreale.
La vicenda, peraltro, ha lasciato scontenti i dieci dipendenti ad oggi disoccupati, che non rinunciano ad innescare la polemica: “Ammesso che la ditta avesse già nel suo organico personale dipendente già assunto prima dell’aggiudicazione – affermano – non lo teneva certamente seduto in attesa di commesse, ma ci risulta che successivamente all’aggiudicazione sia stato assunto altro personale. Per questi fatti faremo luce chiedendo attraverso i mezzi istruttori delle ispezioni mirate agli organi competenti. Ricordiamoci inoltre che la stazione appaltante che rappresenta il Dominus della situazione, ha previsto nel capitolato dei servizi che dovevano essere svolti dai nominativi indicati, insieme al costo degli stessi, e che il comune aveva in mano gli strumenti necessari per la revoca dell’affidamento.
Preme precisare – affermano ancora – che la gara di appalto per il servizio di raccolta rifiuti portava una clausola sociale per la salvaguardia dei 69 dipendenti ex ATO nonché un importo posto a base d’asta comprensivo del costo dei 69 dipendenti per cui ci chiediamo e chiediamo all’Amministrazione Comunale qual è la logica di un Comune in predissesto, che avendo stanziato nel bando di gara aggiudicatasi dalla Mirto, nel costo del personale la cifra per pagare anche questi 10 dipendenti non abbia rescisso il contratto con la ditta Mirto per inadempienza contrattuale al fine di cautelarsi e quale beneficio potrà ottenere il Comune andando incontro a queste incognite e inoltre come si potrà giustificare il Comune agli occhi dei suoi cittadini in caso di condanna al risarcimento dei danni subiti da questi lavoratori, risarcimento che potrebbe essere milionario come già successo in casi analoghi e che ricadrebbe inevitabilmente sulle tasche dei cittadini monrealesi ma soprattutto che fine hanno fatto le somme eccedenti il costo del personale non utilizzato individuato per circa 2.400, mensili ciascuno, comprensivi di contributi.
Ciò che non si comprende – concludono – è il criterio adottato dalla ditta Mirto per l’assunzione del personale considerato che su 69 dipendenti ne sono stati scartati 10 e se questi criteri siano stati comunicati all’amministrazione comunale per l’approvazione”.