Il puparo Piero Scalisi: l’artista dei pupi e un sogno nel cassetto, mettere in scena “A livella” del grande Totò

Due pupi da teatro donati ai nipoti nel segno della continuità

MONREALE, 25 novembre - Il puparo Piero Scalisi sembra aver ritrovato, dopo un breve periodo di pausa, una grande vitalità e la voglia di continuare il suo mestiere, cioè quello della costruzione dei pupi, che svolge da oltre sessant’anni.

Il maestro Scalisi è cresciuto tra ossature e teste di legno, scudi, elmi e corazze, tra martelli e arnesi di un mestiere antico e di grande fascino, cui ha dedicato un’intera esistenza, mettendoci passione e dedizione. Mentre Monreale langue per la mancanza d’iniziative e per il disinteresse verso il mondo dell’opera dei pupi e dei paladini di Francia, eccezion fatta per la bella iniziativa “Storie di Libri tra Palermo e Monreale”, che si è tenuta ieri, a pochi chilometri il maestro Piero Scalisi, alla veneranda età di ottant’anni realizza ancora pupi siciliani della nostra grande tradizione artigianale.
Nella vicina Palermo impazzano i pupi e gli eventi culturali che ruotano intorno a essi, la città si è trasformata in un teatro, basti per tutti il successo riscosso del Festival di Morgana tenutosi al Museo Antonio Pasqualino, appena terminato per rendercene conto. Il maestro mi ha invitato a casa sua per mostrarmi due pupi da teatro che ha realizzato per i nipoti e per parlare dei tanti progetti che ha intenzione di realizzare.

Mi accoglie con la stessa e immutata affettuosità, impaziente di mostrarmi i suoi capolavori, che descrive con dovizia di particolari e con grande entusiasmo. Il maestro è un fiume in piena, mostra un entusiasmo e un attaccamento al suo lavoro che è ammirevole e apprezzabile.
È trascorso più di un anno dall’ultimo incontro, del quale ho raccontato nella rubrica dedicata ai pupari, ma la sensazione è che quel dialogo non si sia mai interrotto, anzi, come fosse la continuazione di una narrazione scritta nelle pagine di un libro di avventure.
Perché avventurosa è la sua esistenza, fatta di eroi e di storie cavalleresche, di una vasta conoscenza di un mondo - quello dell’opera dei pupi e dei pupari, storie di uomini, di avvenimenti e di aneddoti che affonda le sue radici in un ambiente che ci appartiene, un universo culturale che abbiamo il dovere di trasmettere e di salvaguardare.
Un gesto di generosità che supera la sfera affettiva e assume valore di autentica trasmissione di un sapere, di continuità e consapevole testimonianza di un patrimonio materiale e immateriale, che non può, e non deve essere disperso. I pupi sono Rinaldo e Carinda, protagonisti delle storie raccontate nell’epopea cavalleresca; Rinaldo, Principe di Montalbano è il più popolare dei paladini, di cui è proverbiale la sua ribellione nei confronti dell’imperatore Carlo Magno e secondo solo a Orlando.

L’altro pupo è Carinda, guerriera cristiana figlia di Rinaldo e Floriana e ottavo paladino della corte di Parigi, la cui insegna sullo scudo e sull’usbergo è uguale al padre e cioè il leone rampante, e si differenzia per l’armatura a squame di pesce. Due gioielli dell’artigianato sapientemente realizzati con la maestria di cui va fiero, e che gli viene riconosciuta da tutti i pupari della Sicilia.
La donazione come dote da custodire, questo il significato del gesto, difficilmente quantificabile, che va di là del valore intrinseco del bene donato. Il maestro non è nuovo a simili gesti di generosità verso i nipoti o verso i figli che possiedono una collezione di pupi di diverse misure e fattezze. I due pupi appena ultimati andranno a impreziosire ulteriormente la loro raccolta.

Ma il maestro ha fatto ancora di più, in nome dell’amicizia che lega la sua persona alla mia famiglia, e nel ricordo sempre vivo e commosso di mio padre, mi ha fatto dono dei modelli, che si adoperano per segnare sulla lastra di alpacca le parti dell’armatura, con i quali mio padre, Enzo Rossi iniziò a costruire i suoi primi pupi, quando giovanissimo frequentava la bottega del puparo Ciccio Scalisi.
Tra un aneddoto e un caffè il maestro Scalisi recita a memoria i primi versi della poesia “A livella” di Totò metafora e monito sempre attuale; ad un tratto cala il silenzio nella stanza, la recitazione si fa incalzante, il tono sicuro, i suoi occhi si illuminano, non c’è enfasi ma passione e malinconia.
L’artigiano Piero Scalisi lo ricordiamo ha recitato nell’opera dei pupi e ha rappresentato numerosi episodi della storia dei paladini di Carlo Magno ma non ha mai messo in scena questa poesia, che conosce a memoria e che recita con grande bravura accentuando e calibrando con arte le varie strofe. Oggi ha un sogno, un desiderio che vorrebbe realizzare, quello di rappresentare sulla scena, la nota poesia, sottoforma di farsetta con i pupi in paggio, che il puparo costruirà.


Nofrio, Virticchio, Gennaro u netturbino, il Marchese di Belluno e di Rovigo e Tistuzza u napoletano che ha il compito di recitare attraverso la voce del maestro i versi scritti dal grande artista Antonio De Curtis; personaggi del teatro popolare che ben si prestano alla rappresentazione scenica e in particolare nell’opera dei pupi.
Di questo progetto, di cui è in corso la stesura del copione, che mi vede coinvolto in una collaborazione ne avevamo parlato qualche tempo fa, e oggi grazie al suo rinnovato entusiasmo comincia a concretizzarsi.
Incontrare un uomo, un’artista dei pupi, apprezzarne la vitalità, l’entusiasmo, la voglia di fare e l’amore per il lavoro, ascoltare la sua storia e il suo vissuto è un’esperienza unica, che considero un privilegio, di cui sono grato e che mi pregio di vivere.