Tecnica raffinata ed eleganti arabeschi i tratti distintivi dei suoi pupi. LE FOTO
MONREALE, 30 dicembre – In un momento come quello che stiamo attraversando, dove i valori dell’insegnamento e della trasmissione del sapere risultano in ombra, e vengono meno quei modelli di riferimento positivi, che caratterizzavano la società di alcuni decenni fa, ci offre lo spunto per ricordare la figura di un uomo, di un bravo costruttore di pupi, quale è stato Francesco Scalisi padre del puparo Piero Scalisi e maestro di mio padre Enzo Rossi.
Maestro è chi, oltre a conoscere un mestiere, una tecnica, un sapere talmente bene da poterlo insegnare e trasmettere ad altri è al tempo stesso guida influente e dotata di umanità.
In questi tratti vi si può riconoscere Francesco Scalisi, un maestro della costruzione dei pupi e un autentico sostenitore della nostra tradizione popolare, depositario di un’arte che conta pochi valenti artigiani; dalle sue mani sono usciti moltissimi pupi animati e sfavillanti, protagonisti leggendari di avventure celebrate nell’opera dei pupi.
Pezzi di legno, metallo e fili, le cui abili mani hanno plasmato e caratterizzato gli eroi di questo nostro teatro popolare, rappresentando degnamente la Sicilia, nel mondo.
Maestro perché ha trasmesso a più di un allievo, un mestiere che ha maturato e acquisito nell’ombra della sua bottega, a contatto con legni e metalli che forgiava con grande abilità e raffinatezza.
Scalisi è stato un punto di riferimento, un faro e una guida sia per il figlio Piero che ancora oggi ne continua l’arte con perizia, sia per Enzo Rossi che da lui, lo ricordiamo, ha appreso i segreti della costruzione dei pupi.
Ciccio Scalisi, come affettuosamente lo chiamavano gli amici era nato nel 1909 a Palermo e aveva mosso i primi passi nell’officina di fabbroferraio del padre, uno dei primi costruttori di biciclette; avendo avuto in regalo un paladino, spinto dalla curiosità e dalla voglia di imitarne la costruzione, smontandolo e rimontandolo aveva cominciato a realizzare i primi pupi.
Aveva collaborato con tanti maestri e in particolare con Carmelo Di Girolamo considerato uno dei più bravi pupari di sempre.
Nella società di quel periodo, Ciccio Scalisi era stimato e tenuto in gran considerazione tra i pupari, che oltre a riconoscergli l’abilità tecnica nella costruzione dei pupi, ne apprezzavano l’umanità e l’equilibrio di onesto lavoratore.
Una vita riservata ed esemplare, caratterizzata dall’amore per i pupi e per un mestiere, che ha trasmesso ai suoi allievi da autentico maestro.
I pupi di Ciccio Scalisi, protagonisti dell’epopea cavalleresca hanno calcato le scene di innumerevoli teatrini dell’opra, compresi quelli attivi a Monreale, attraendo con le loro scintillanti armature gli spettatori.
Questi eroi manovrati da fili hanno un nome, un emblema, fisionomie precise e peculiarità caratteriali ben conosciute dai loro beniamini; i personaggi che rappresentano hanno uno status sociale e nobiliare che li contraddistingue, eppure quasi mai il maestro che li costruisce viene citato negli spettacoli.
Poco tempo fa, un appassionato cultore dei pupi ritrovò casualmente, in un modesto mercato dell’antiquariato palermitano, un paladino costruito dal maestro Ciccio Scalisi, circostanza quest’ultima che scoprì quando ne commissionò il restauro al figlio Piero, che con viva commozione fece omaggio della sua opera al “fortunato” collezionista.
Della sua bravura e dell’eleganza dei suoi arabeschi se ne accorse lo studioso e intellettuale Antonio Pasqualino, che al mondo dei pupi e dei pupari ha dedicato l’intera sua esistenza.
Nell’articolo apparso nelle pagine del Giornale di Sicilia del 19 dicembre 1981 a pochi giorni dalla scomparsa dell’artigiano, il Pasqualino ne traccia un profilo umano e professionale davvero esaltante, definendo le sue armature “di sobria proporzione con eleganti decorazioni” - e ancora, riferendosi ai suoi pupi - “nel meccanismo di stupore e partecipazione sensuale che caratterizza questo teatro, la magia del personaggio animato e lucente è uno degli elementi più forti”.
E conclude il suo elogio ricordando che il figlio Piero - “lo ha assistito amorosamente fino alla fine continuando a raccogliere dalla sua bocca consigli e ammaestramenti sulle tecniche dell’arte”. “Piero Scalisi ascoltava il padre con quel sentimento antico e forse oggi raro per il quale proseguire l’opera del genitore è un modo di farlo continuare a vivere in noi”.
Parafrasando alcuni versi del brano “Il Maestro” del cantautore Paolo Conte, ci piace affermare e rammentare che “Il maestro è nell’anima e dentro all’anima per sempre resterà”.
Il paladino in foto è del collezionista Gianni Lombardo, che ringraziamo