Chi tutela le vittime di femminicidio? Così sono vittime due volte

Oggi parliamo della storia di Barbara Bartolotti

Nel nostro ordinamento esistono delitti delle cui conseguenze lo Stato si fa carico. Pertanto le vittime di questi delitti vengono, giustamente, tutelate e in qualche modo risarcite. Si tratta delle vittime dei delitti di mafia, del terrorismo e altre particolari fattispecie. I familiari dei caduti vengono quindi tutelati attraverso indennizzi o assunzioni nella Pubblica Amministrazione.

Esistono poi le vittime innocenti, ovvero coloro che, pur non essendo familiari dei caduti per mafia o terrorismo, hanno subito gravi conseguenze o sono morti perché casualmente coinvolti in quei delitti.
La cronaca ci riporta purtroppo quasi giornalmente episodi di femminicidio. Donne che vengono uccise da uomini che, quando individuati, dovranno rispondere penalmente ed in sede civile, delle loro azioni. Sappiamo quanto spesso si discuta della inadeguatezza delle pene. Diverse sentenze hanno sconvolto l’opinione pubblica per le motivazioni che hanno determinato un’assurda mitezza delle pene, come se esistessero possibili spiegazioni o giustificazioni per azioni così efferate da determinare la morte o, nei casi per così dire “più fortunati”, lesioni gravissime alle donne vittime di quella cieca violenza. Vogliamo oggi porre all’attenzione un caso concreto: la storia di Barbara Bartolotti.


Barbara è una donna, oggi 45enne, che nel 2003 venne quasi uccisa da un suo collega di lavoro, silenziosamente invaghito di lei, che oltre a massacrarla a colpi di martello e di coltello, uccise la vita che Barbara portava in grembo, e la ridusse in una torcia umana, dandole fuoco.
Barbara miracolosamente sopravvisse al massacro. Ma la sua vita cambiò per sempre. Oltre a perdere il bambino perse il lavoro e anche la possibilità di trovarne un altro perché per diversi anni dovette sottoporsi a continui interventi (ben 26!) e infine il suo corpo, rimasto definitivamente segnato dal fuoco, ne ha decretato l’esclusione da qualsiasi lavoro perché avrebbe “impressionato” lo sguardo degli altri. Ciò che invece impressiona profondamente è come Barbara, al contrario del suo massacratore che si chiama Giuseppe Perrone e oggi fa il bancario presso la UniCredit, non abbia più avuto diritto a niente. Lo Stato non se ne è fatto carico. Lo Stato ha permesso che il suo aggressore, condannato in prima istanza a 21 anni, avesse ridotta la pena a 4 anni di arresti domiciliari. Di questi, grazie all’indulto, solo pochi giorni sono stati scontati ed la quota irrisoria che è stato condannato a risarcire, non è commensurabile con il dolore e tutte le conseguenze provocati.


Lo Stato ha dimenticato Barbara Bartolotti, che è una vittima innocente allo stesso modo delle vittime di mafia, di terrorismo, ecc. Lo politica dovrebbe essere investita dell’impegno di colmare questa immensa lacuna e promuovere delle leggi di salvaguardia di queste donne sopravvissute a cui va riconosciuto il diritto di continuare a vivere con dignità.
Barbara ha fondato un’associazione per la difesa delle donne e dei soggetti deboli in genere, vittime innocenti di violenza: “Libera di vivere”. Ha chiesto di poter avere una sede per la sua associazione. A lei basterebbe anche una stanza… Tuttavia anche in questo caso lo Stato non riesce a dare una risposta. Esistono diversi immobili confiscati alla mafia che non trovano adeguati assegnatari. Perché non assegnarne uno, il più piccolo, il meno ambito, a Barbara e alla sua associazione? Sarebbe un piccolo atto, ma di grande significato, per offrire un risarcimento ad una vittima innocente di violenza.