
''Come in farmacia, così in chiesa'': Governo a lavoro per messe dal 10 maggio
Si prova a ricucire lo strappo: possibile trattativa tra Conte e Cei
ROMA, 28 aprile – Questo è almeno ciò che trapela dagli antri oscuri di Palazzo Chigi in Roma. Indiscrezioni, possibilità, obiettivi. A voi la scelta del termine più idoneo. Quel che è certo, a poco più di 48 ore dalla conferenza stampa del premier Giuseppe Conte sull'inizio della "fase due" a partire dal prossimo 4 maggio, è che vescovi, cardinali e parroci non hanno certo esultato di gioia all'annuncio della proroga delle restrizioni sulle funzioni religiose, che dovranno continuare a svolgersi - almeno fino a prossimi sviluppi - ancora senza fedeli.
Proteste che hanno riaperto di nuovo il tavolo delle trattative, provando a ricucire lo strappo. E il 10 maggio sembra poter essere il punto di sutura più fermo. E' "Il Giornale" a lanciare addirittura il retroscena di una probabile chiamata tra Conte e il cardinale Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, dalla quale sarebbe emerso - attenendoci sempre al quotidiano nazionale - un atteggiamento di grande dispiacere da parte del leader politico, disposto a intavolare nuovamente il dialogo per permettere a fedeli zelanti di riprendere il proprio posto tra i banchi, ipotizzando, come detto, la data del 10 maggio come sblocco del protocollo di sicurezza. Molti erano stati, già in precedenza, i disegni posti proprio dal Cei sul banco dell'esecutivo che, nonostante le rassicurazioni, niente di quel tanto citato "decalogo" aveva atteso.
Il punto focale della questione, sul quale conviene bene riflettere, è uno e uno solo: perché l'allentamento delle restrizioni dovrebbe riguardare esclusivamente alcune attività e alcuni settori specifici, non tenendo minimamente in considerazione le funzioni religiose? Insomma - e questo è forse l'argomento più dibattuto - per come si attende il distanziamento sociale e i vari (e ormai noti) protocolli di sicurezza in farmacie, librerie, edicole, industrie e attività produttive scongelate dal gelo del lockdown, non si potrebbe forse fare lo stesso anche all'interno di una parrocchia con sedie singole e distanziate piuttosto che banchi e sospensione momentanea del segno di pace? Certo fa un po' sorridere il fatto che la protesta arrivi adesso, a due settimane esatte dalle celebrazioni della Santa Pasqua durante le quali - i lettori più attenti sul fronte nazionale ricorderanno - l'opposizione al Governo aveva addirittura proposto l'apertura alle celebrazioni, immediatamente tacciata come atto di grave irresponsabilità e di inutile esposizione al rischio contagio. Oggi, con una rapidità indescrivibile, la situazione sembra essersi palesemente ribaltata.
Dettagli a parte, quel che più conta è la disperata e accesa richiesta di molti fedeli di poter tornare a godere di un confronto (e soprattutto di un conforto) fisico con la spiritualità, consci del fatto che - come detto anche da Papa Francesco - quella delle chiese vuote non può considerarsi come la "Chiesa vera" e soprattutto che, come in molti affermano, dietro lo schermo di un cellulare o di un televisore, nella solitudine individuale delle proprie case, si rischia veramente di perdere il senso di collettività, non solo puramente sociale, ma anche religiosa.
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