‘’Covid-19’’, la nuova opera di Giovanni da Monreale

Ispirato dallemergenza sanitaria, lartista monrealese mette in relazione adolescenza e pandemiaattraverso il suo linguaggio

PIETRASANTA, 21 maggio – Dal Coronavirus all’arte è un attimo: nell’officina toscana di Pietrasanta, infatti, nasce “Covid-19”, l’ultima opera dello scultore Giovanni da Monreale – al secolo Giovanni Sardisco – il quale, ispirato dall’emergenza pandemica, ha voluto fortemente realizzare – mantenendo il suo linguaggio artistico – un nuovo modello restituendo un’immagine reale sulla scia di un “verismo” degno della corrente “verghista”, rappresentando un adolescente che porta a spasso un cane al guinzaglio durante il periodo del “restate a casa” per contenere l’epidemia, senza discostarsi dalla critica sociale.  

Giovanni Sardisco, formatosi presso l’Istituto d’Arte Mario D’Aleo di Monreale – 3 anni di Accademia di Belle Arti a Palermo, da 18 anni a Pietrasanta, dove  ha conseguito la specialistica in Scultura a Carrara – ha sentito l’esigenza di esprimersi artisticamente in questo lungo periodo di lockdown, sfruttando la possibilità di usufruire del suo laboratorio domestico. È così che nasce Covid-19, una scultura di 45 centimetri in scala di rappresentazione 1:4, realizzata attraverso una resina poliuretanica – elastica e resistente agli urti – e dipinta con vernice alla nitro.

Per la prima volta, a differenza delle sue altre opere di denuncia sociale – figuranti adolescenti assuefatti e distratti dalla tecnologia – il soggetto, con sguardo fisso in direzione frontale, assume una posizione eretta e il capo non è chino verso il dispositivo, che viene impugnato con la mano sinistra, concedendo in questo contesto un’utile rilevanza al cellulare in quanto strumento di comunicazione. Con la mano opposta, invece, l’adolescente rappresentato controlla col guinzaglio il proprio animale domestico, impegnato nell’atto di evacuazione.

L’iconologia

L’adolescente, di età anagrafica non specificata, indossa una tuta di biocontenimento bianca-azzurra – nobile riferimento nei confronti della città normanna – stivali da soldato verdi maculati, guanti in lattice e mascherina di protezione. Se da un lato i primi 2 elementi rappresentano un tributo agli operatori sanitari e alle forze armate per il lavoro svolto durante questo periodo di pandemia, dall’altro lato indicano una critica sull’uso improprio del materiale ospedaliero usato dai civili, polemizzando inoltre – con la presenza dei calzari militari – sull’atteggiamento psicopoliziesco adottato, dagli stessi, ai danni di altri cittadini. Infatti, l’uso del cellulare, oltre a rappresentare uno strumento utile d’informazione, indica un dispositivo capace di denunciare il prossimo filmando la loro presenza inopportuna – per condividerne successivamente i contenuti nelle piattaforme sociale – nei luoghi pubblici, lontani da valide giustificazioni. A legittimare la fruizione esterna del soggetto, invece, la rappresentazione di un cane – meticcio, indicandone una qualsivoglia specie – migliore amico dell’uomo ma, allo stesso tempo, sottomesso al genere umano, possibilmente sfruttato per giustificare le attività del “padrone” all’area aperta. L’animale, intento ad adempire al volere dell’adolescente attraverso l’espulsione delle proprie feci – immagine allegorica che tende a qualificare lo spiacevole periodo vissuto – indossa insieme al soggetto anch’esso una mascherina di protezione. Lo scultore, infatti, in seguito ai numerosi abbandoni di animali domestici per timore del Covid, ha voluto fortemente imporsi sulla tematica denunciando, in tal modo, gli atti vili compiuti da molteplici famiglie.