Sbattuto fuori casa perché omosessuale: la triste storia del monrealese Jo Conti

La famiglia non avrebbe mai accettato la sua condizione

MONREALE, 22 novembre – La storia che vogliamo raccontarvi oggi è quella di Jo Conti, un ragazzo monrealese messo alla porta dalla famiglia otto anni fa. La sua colpa? Essere gay.

Oggi ha 38 anni e quando ne aveva 30 dovette dire addio alla sua vita familiare, perché non accettato. Ha rilasciato una intervista video al portale Fanpage. Noi lo abbiamo intervistato, per far conoscere la sua storia. Un povero figlio, da quello che ci ha raccontato, rinnegato dalla famiglia per aver “oltraggiato” il nome di Geova attraverso la propria omosessualità. I problemi, però, prima di iniziare con la famiglia, sono iniziati per strada. I ragazzi monrealesi, infatti, lo hanno riempito di atti di bullismo, rincorrendolo fin sotto casa e riempiendolo di sputi. Anche i ragazzi più piccoli, sui quali ora sono in corso azioni giudiziarie. Jo non poteva nemmeno prendere l’autobus per scendere a Palermo, visto che i ragazzi in questione utilizzavano il mezzo nei suoi stessi orari e lo deridevano: il tutto davanti gli occhi impassibili dei vari autisti, anche loro denunciati.
La vita di Jo si può considerare ‘ tranquilla fino al raggiungimento dei 23 anni, età fino alla quale i genitori, fortemente religiosi e legati al culto di Geova, erano riusciti a sopportare la presenza del ragazzo in casa. Il ragazzo infatti soffre di disturbi psichici, che negli anni sono andati sempre accentuandosi per le scelte “religiose” della famiglia, che non permetteva al ragazzi di portare un amico o una compagna di scuola dentro casa per studiare.


“Mia madre non ha mai accettato l mio essere omosessuale – dice Jo – tant’è che ha iniziato fin da subito a dare la colpa a mio padre, accusandomi inoltre di biasimare il nome di Geova, Dio che non mi rappresenta e che non sento mio”.
Nel 2012 dopo un ricovero durato tre mesi Jo fu messo alla porta dalla madre e dai fratelli, trovando i vestiti sul letto e gli armadi vuoti con le valigie accanto. Sempre la madre pero’ diede un’alternativa al povero Jo, che sarebbe potuto rimanere nella casa di famiglia se avesse seguito delle regole rigide: l’orario in cui svegliarsi e in cui andare a dormire, i programmi televisivi da guardare e quali non poter vedere, il non potersi chiudere la porta a chiave per evitare di fare cose o vedere filmini mal visti dalla religione. Vere e proprie norme che il ragazzo dove accettare senza problemi.
“Alla lettura di queste regole ho preso le valigie già pronte e sono andato via” conclude Jo. Pochi anni dopo la vicenda, nel 2015 per esattezza, si è tenuto il matrimonio della sorella, matrimonio al quale Jo è stato inaspettatamente invitato, ma assieme all’invito era anche presente il messaggio: “Sei invitato, ma è meglio se non ti presenti”.
Ma è durante un breve ritorno a casa durato 4 mesi che Jo racconta di aver vissuto l'inferno, confinato nella sua camera tutto il giorno senza poter uscire, senza poter utilizzare telefono e computer, con il cibo messo in un vassoio dietro la porta, il non poter farsi la doccia se non durante le ore notturne per non essere visto dalla famiglia e il non poter partecipare alle cene di famiglia con gli altri parenti.
L’apice della follia, secondo Jo, giunse con i biglietti lasciati dalla madre sulla porta di camera sua che dicevano ‘ Se non pulisci minuziosamente la camera vai via di casa’.
Queste aberranti condizioni hanno convinto Jo ad uscire per la seconda volta di casa senza tornarci mai più questa volta.
Ora Jo ha una etichetta discografica e come professione fa il cantante: è riuscito a rimettersi in piedi dopo gli otto anni di terrore che ha dovuto vivere.
“Non ti ho chiesto io di nascere, nè di essere omosessuale. Se ti ho delusa mi dispiace ma sappi che non ti chiederò perdono” è questo il testo di una delle sue ultime canzoni: Madre e non madre.