C'è anche il Cres di Monreale fra gli immobili inseriti nel piano di dismissione della Regione

L'edificio di Monreale viene valutato 8 milioni di euro

PALERMO, 11 settembre – C'è anche il Cres di Monreale tra gli immobili che la Regione siciliana ha intenzione di dismettere per fare cassa. La struttura monrealese è inserita nell'elenco delle prime trenta che saranno offerte ai privati per rimpingurare la asfittiche casse regionali.

Il piano di dismissione consta di 68 immobili, tra beni di proprieta' regionale e beni di proprieta' di Enti o Aziende sottoposti a valorizzazione, ai sensi della legge regionale n.17/04. Si tratta di poco meno del 10 per cento del complesso dei beni di proprieta' della Regione ed è considerato un passaggio significativo, poiche' pone la Ragione tra le prime che stanno procedendo in tal senso a livello nazionale. Per far questo l'amministrazione regionale opererà direttamente, senza intermediari utilizzando procedure ad evidenza pubblica. I beni sono distribuiti in tutte le provincie della Sicilia.

Tra i beni contenuti in questo primo avviso vi sono tra gli altri il palazzo dei congressi di Agrigento (valutato 12 milioni di euro), l'ex ospedale di Sciacca, le centrali ortofrutticole di Paterno' e Catania, il Cres di Monreale (8 milioni), la Fattoria Sole di Catania e l'ex centrale del vino di Aci Castello.

"Si chiude cosi' - ha detto l'assessore regionale al Bilancio, Gaetano Armao - una parentesi non certamente esaltante per la Sicilia nella gestione del suo patrimonio e si inaugura una nuova stagione volta a garantirle l'uso ottimale delle proprie risorse". L'assessore ha poi spiegato che la dismissione del patrimonio immobiliare "risponde ad una strategia di razionalizzazione di risorse. Infatti, oltre alla riduzione dell'indebitamento, consentendo di finanziare in modo alternativo gli investimenti, comporta anche un beneficio in termini di contenimento della spesa corrente, poiche' i costi della gestione degli immobili affidati al pubblico sono particolarmente elevati, intorno al tre per cento, da due a tre volte superiore ai costi dei privati. L'avvio di politiche di dismissione del patrimonio pubblico risulta, quindi, opportuno sia per la riduzione del debito che per abbattere il ricorso netto al mercato. Ovviamente - ha concluso Armao - la destinazione dei proventi resta vincolata: riduzione dello stock di debito o finanziamento d'investimenti".