Palermo, un'organizzazione rumena controllava il giro di prostituzione alla Cala

Otto persone coinvolte sono finite in carcere

PALERMO, 29 maggio - Con l’operazione “Caffè export”, la Polizia di Stato ha disarticolato una organizzazione criminale transnazionale composta da cittadini rumeni, dedita alla gestione di una fiorente attività di prostituzione nel capoluogo siciliano.

Le indagini, coordinate dai Sostituto Procuratore Gaspare Spedale e Claudio Camilleri e svolte dalla Sezione “criminalità extracomunitaria e prostituzione” della Squadra Mobile hanno portato all’esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere per 8 persone, accusate di associazione a delinquere, finalizzata all’induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, reato aggravato dal carattere transnazionale del sodalizio.

Le indagini dei poliziotti hanno disvelato dinamiche, equilibri e leadership, alla base della fervente attività di prostituzione che, ogni notte, con cadenza giornaliera, affolla i marciapiedi di un lungo tratto di strada della “Cala”.
Le leve dell’attività di prostituzione erano gestite da Nicolae Lucian Serban, alias “Calu””, individuo già noto alle Forze dell’Ordine perché coinvolto, nel 2011, nell’operazione “Sbarazzu”, condotta sempre dagli uomini della Mobile palermitana e ritenuto, allora, uno dei “colonnelli” della prostituzione su strada, sul cui conto i poliziotti palermitani sono tornati ad attingere informazioni, allargando il raggio delle loro indagini anche ad altri suoi connazionali.

Nel mese di giugno 2014 si avviava l’attività di indagine e si scoperchiavano le fila di un ampio giro di prostituzione, avente quali protagoniste giovani donne romene fatte giungere a Palermo con false promesse di notevoli e facili guadagni.
Le ragazze, una volta arrivate in Italia, venivano iniziate all’attività del marciapiede lungo le vie Francesco Crispi, Cala e Foro Italico Umberto I, del capoluogo.

Nel corso dell’indagine emergevano le responsabilità anche dei fratelli di Serban, ovvero Marin e Adrian Marius.
I fratelli Serban, per ottimizzare la gestione della propria attività delittuosa, avevano suddiviso il Foro Italico Umberto I in zone, ove ciascuno di loro aveva posizionato le proprie donne, in totale circa 20 ragazze, tutte giovanissime.
Nicolae Lucian Serban era certamente il personaggio cui veniva riconosciuta dai componenti, la leadership del gruppo; a lui, in sostanza, spettava l’ultima parola in relazione ad ogni decisione da prendere, fosse essa legata al tariffario e/o al reclutamento delle ragazze.

Gli indagati, consapevoli di svolgere attività illecite, per eludere presumibili intercettazioni telefoniche durante le loro conversazioni, avevano fatto uso di un linguaggio criptico e convenzionale, attingendo ad un formulario anche semplice, ma efficace: la lista dei rapporti sessuali da poter consumare era, infatti, declinata secondo le varie gradazioni di caffè, lungo, corto e così via.
Ciononostante, i poliziotti sono riusciti a decodificare i dialoghi, fornendone una inequivocabile lettura, in alcuni casi, confortata anche da riscontri rilevati dal personale di polizia appostato su strada.

Se Nicolae Lucian Serban era il leader del gruppo, due delle donne spinte a prostituirsi erano delegate, in assenza del capo, a raccogliere i guadagni, a garantire la disciplina del sodalizio, a vigilare che nessuna delle “colleghe” deviasse rispetto alla linea dell’obbedienza al capo stesso.

Anche tra le prostitute romene si era creata una sorta di scala gerarchica al vertice della quale si ponevano Monica Lacramioara Burcea detta la “Negra” e Adelina Florina Velicu, detta la “Stramba o la “Storta”, entrambe destinatarie dell’odierno provvedimento restrittivo.
Come spesso accade nei casi di sfruttamento della prostituzione, perché la prostituta “renda” è necessario instaurare un rapporto di subordinazione, anche psicologica, alle dipendenze del protettore.
Anche l’odierna vicenda non si è sottratta a questa regola non scritta: tra protettore e prostituta sussisteva un rapporto caratterizzato da assoggettamento psicologico che, in taluni casi, sfociava anche in aggressioni.

La prostituzione, nella maggior parte dei casi, avveniva su strada e, solo in rare circostanze, all’interno di abitazioni messe a disposizione delle prostitute dallo stesso Nicolae Lucian Serban che diversi immobili possedeva, in zona Lincoln e Stazione Centrale.
L’attività d’indagine, svolta con i classici metodi investigativi, con appostamenti e pedinamenti, prevalentemente notturni si è avvalsa pure di attività tecniche come intercettazioni telefoniche.