Pizza, l'imputato si alzi

 

Terrorismo no, attenzione sì!

La pizza è davvero cancerogena? E' l'attualissimo tema caldo "sfornato" sulle tavole degli italiani nel dopo inchiesta della trasmissione televisiva Report di Rai Tre. Senza volere gettare acqua sul fuoco del malaffare né smorzare l'attenzione dei consumatori, sentiamo però la necessità di sottolineare che fare di tutta l'erba un fascio, piuttosto che guidare un consumatore, rischia di confonderlo.

La pizza, alimento assai gradito sia dai grandi che dai piccini, prodotto alimentare più consumato dagli italiani, marchio di qualità nel mondo, è finito al centro di svariate polemiche, sospetti e dibattiti, tanto che molti consumatori abituali sembrano intenzionati a suonare nei suoi confronti il de profundis .

Ma cosa hanno scoperto con quell'inchiesta televisiva? A mente fredda viene da rispondere "Poco più che l'acqua calda". A Napoli, infatti, come in ogni città e paese del mondo persistono nicchie di sedicenti professionisti e presunti ristoratori che disconoscono o addirittura ignorano le regole elementari dell'igiene. Per capire che in Italia oltre alla malavita ed alla corruzione esiste il malcostume della pizza bruciata o di quella preparata "lasciando a casa propria" ingredienti di qualità, crediamo non serva la prescrizione medica. Unico disclaimer obbligatorio: il consumo cronico di alimenti affumicati o carbonizzati è chiaramente dannoso alla nostra salute.

Come stanno realmente le cose? Quali sono gli elementi che consentono ad un consumatore una scelta da condurre all'insegna del gusto ma allo stesso tempo della qualità?
Molti di noi, in gioventù, si saranno sentiti guidare dall'eco di un proverbio assai diffuso "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei". Questo, seppur con la trasformazione al caso nostro "Dimmi cosa (e come mangi e...", potrebbe essere già un buon punto di partenza. Le conclusioni finali saranno invece lasciate al buonsenso ma soprattutto alla doverosa ed approfondita conoscenza delle cose.

Il primo pensiero non può che correre ad una puntata più datata della stessa trasmissione, dedicata però al caffè: bevanda italiana per antonomasia. Ebbene, nell'immediato periodo che seguì quella inchiesta televisiva, l'Italia intera sembrò aver appreso "per la prima volta" che la macchina da caffè andava e va pulita!

Così, in un parallelo perfetto, da qualche giorno a questa parte, si apprende che il forno va pulito correttamente e, nel momento in cui occorre far alzare la temperatura aggiungendo quindi nuova legna, va evitata la cottura della pizza. E questo, com'è assai ovvio, perchè la mancata pulizia del piano di cottura dai residui incombusti è dannosa tanto quanto il fumo nero che la legna in fase di combustione sprigiona.

Qualcosa di nuovo o insolito? Sembrerebbe di no, ma continuiamo pure.
L'opportunità di utilizzare o meno i forni a legna è già stata (ed abbondantemente) dibattuta anni addietro. Peccato però che la Commissione Europea, sentita al riguardo, ha confermato l'infondatezza della necessità paventata di metterli al bando, esprimendo in proposito chiarissime Direttive sul tema (prima fra tutte la 93/43/CEE) e tante altre disposizioni e regolamenti (852, 853, 854,882 CEE) in materia di "Igiene dei prodotti alimentari" (oggi sostituita dal cosiddetto "Pacchetto igiene").

Restando poi nei confini italiani, anche il Ministero della Salute continua ad emanare una legislazione che si occupa, ed in modo assai specifico e chiaro, degli aspetti igienico-sanitari relativi agli alimenti in tutte le sue fasi:produzione, lavorazione, confezionamento, distribuzione, deposito, vendita e somministrazione. E tanto le imprese di produzione che quelle di distribuzione del settore alimentare sono tenute ad attuare severi programmi di autocontrollo secondo i principi dell'HACCP (Hazard Analysis Critical Control Points).

Questo accade per la pizza ma anche per la conserva di pomodoro, per la farina 00, per l'olio, per lo zucchero bianco, per il latte, per i contenitori d'asporto, ecc...Ed a proposito di zucchero, chissà quanti di voi, a seguito di una pressante campagna diffamatoria condotta su questo ingrediente basilari nell'alimentazione umana, avranno optato per lo zucchero di canna grezzo. Peccato però che le stesse riviste e trasmissioni che hanno trattato l'argomento in questione, non abbiano successivamente preso a cuore la possibilità di confortarci sui recenti approfondimenti scientifici condotti anche dall'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione ( INRAN) : è nutrizionalmente equivalente allo zucchero bianco e subisce comunque una buona parte delle trasformazioni alle quali è sottoposto il tanto vituperato alimento bianco.

Che sia opportuno ed indicato l'uso dell'olio d'oliva piuttosto che quello di semi, appare evidente anche ad un bambino. Senza poi voler entrare nel merito delle frodi che insistono nel sistema dei consumi e che comunque il nostro ordinamento giuridico persegue e che rimangono tali!

Al netto quindi del taglio giornalistico scelto dalla trasmissione che, come spesso avviene, pur trattando di un alimento così largamente consumato dagli abitanti dello stivale e non solo, ha scelto comunque di intervistare addetti del settore (pizzaioli e gestori di pizzerie) che alle orecchie di tutti sono apparsi "poco adatti e scarsamente preparati", condividiamo l'idea di mantenere alta l'attenzione ma, allo stesso tempo, riteniamo opportuno non creare "mostri mediatici" ma soprattutto fornire informazioni che siano semplicemente alla portata di tutti.

Consumatori tanto quanto gli spettatori televisivi e i lettori dei quotidiani, non vanno mai sottovalutati. Possono non conoscere appieno i tecnicismi o i dettati delle normative vigenti ma hanno occhi e orecchie ben aperti a tal punto da saper bene quali siano le caratteristiche che deve avere una pizza che sia "sana" e degna del loro palato: professionisti onesti e del settore, poco lievito, una lunga lievitazione, salsa di pomodoro che non sia allungata con i concentrati che provengono dalla Cina o mozzarelle di dubbia provenienza e genuinità.
In poche parole: ingredienti freschi e di qualità.

Il malaffare purtroppo in Italia è diffuso, ma proprio perchè ciò non finisca per penalizzare i tanti professionisti onesti e non metta alla gogna un alimento che se preparato a modo non merita affatto di respirare questo "Clima del terrore", è oltremodo inopportuno generalizzare, trasformando l'argomento in un vecchio e forviante clichè.