Stigghiuola

 

"Stigghiuola, stigghiola, stigghiuole, stigliole...roba da five 'o clock!!!!"

Cibo da strada tipico dell'antica cucina siciliana ed in particolare della cucina palermitana.

Cibo povero, emblema della blasonatissima cucina dei buffittieri (venditori di cibo da strada, nel nostro caso "stigghiulari") che, per fortuna, continua a deliziare il nostro palato, sopravvivendo a bandi, divieti e rigorosi richiami alle norme igieniche!

Nonostante il nome latino (extiliola diminuitivo di extilia – intestini), però, le origini di questo cibo da strada sono greche. E' noto, infatti, che queste squisitezze si arrostissero già nel thermopolium (luogo dell'agorà dove si consumavano bolliti e fritture) delle città greche di Sicilia.

E' uno "street food" a base di budella di agnello, lavate in acqua e sale, arrotolate intorno ad un porro, o meglio ancora la nostra "cipudda scalogna", e strisce di lardo ed infilzate ad anse (S) su uno spiedo di ferro.

A Palermo mangiare stigghiuola è una sorta di rito di socialità. Attorno alla conseguente nuvola di fumo, infatti, è possibile ritrovare giovani e anziani, donne e bambine, operai e manager intenti a mangiare, bere e chiacchierare...anche delle possibili vicissitudini della propria squadra del cuore!

E' cibo da pomeriggio...roba, per l'appunto, da five 'o clock. Il denso fumo è il segnale visivo ma è 'u ciavuru (l'odore) il richiamo piu' incisivo. Il rito inizia nel primissimo pomeriggio, quando nelle tipiche bancarelle, che di mattina sembrano tuguri abbandonati, arriva 'u stigghiularu (chef on the road - cuoco/venditore). Prepara il carbone, accende il fuoco sotto la griglia che accoglierà le succulente prelibatezze, richiamando così una folla di passanti e buongustai.

Il mestiere rù stigghiularu è un'arte... lì , davanti alla brace, ad armeggiare con una bottiglia forata sul tappo che cosparge acqua per attenuare il fuoco, agitando 'u muscaloru, una sorta di ventaglio utile a spazzar via il fumo e gli inevitabili insetti!

Essendo molto grasse, i stigghiuole, vanno mangiate caldissime, quindi, per evitare agli avventori lunghe e fastidiose attese davanti al rogo fumante, vengono cotte parzialmente in anticipo e poi spostate lateralmente sulla griglia in modo che si mantengano calde ma non brucino. Prima della consumazione vengono rimesse sulla brace per ultimare la cottura. Quindi vengono tagliate a piccoli pezzi e servite con una spolverata di sale e del limone spremuto sopra.

Questo, per i consumatori, è il momento piu' delicato...se non ci si sposta per tempo, infatti, giacche, camice ed abiti subiranno inevitabili schizzi di grasso.

La tradizione vuole che le stigghiuole siano gustate con l'ausilio di tre dita e vadano accompagnate con del buon vino rosso o, scelta di gusto piu' recente, con una bottiglia di birra "agghiacciata". A proposito del vino, bevanda ideale che dovrebbe accompagnare questo cibo vi racconto un aneddoto noto ai palermitani: due coniugi portano il loro pargoletto al pronto soccorso; il medico di turno, dopo aver visitato il malcapitato, chiede ai genitori " ma cosa avete dato da mangiare al bambino, che fra l'altro puzza pure di vino?". E i genitori: stigghiuola signor dottore! E il dottore: a parte le stegliole, che non si addicono certo ad un bambino, vi pare giusto, a questa età, fargli bere il vino? E i genitori: dottore, secondo lei supra i stigghiuola chi ci vuleva fari viviri, u latti? (tradotto: con le stigliole cosa gli dovevamo dare da bere, il latte?)...

La stigliola ideale è quella di capretto o di agnellino, in quanto più tenera e meno grassa. Il dizionario siculo-italiano definisce, infatti, la stigliola "manicaretto di budella attorcigliate con l'omento di capretto, e di agnello", ovverosia con la membrana reticolata che avvolge l'intestino tenue...

Della stigghiuola eisiste anche una versione meno diffusa ma non per questo meno ricercata:la stigghiuola viddàna, apprezzata prevalentemente nei paesi della provincia, fatta con budellini di agnello e/o capretto avvolti attorno ad un pezzetto di cuore, fegato o altro della bestia stessa.

Infine, una curiosità "linguistica": nel dialetto siciliano "stigghiuola" è detto di un uomo alto e sciocco (dall'antico tedesco "stihhl" e dal francese "esteil" = palo, pertica).

Cucinare alla brace per i palermitani è una grande passione; la grigliata appartiene ai giorni di festa che casualmente si presentano con il periodo della primavera, con le belle giornate all'aria aperta...e la stigghiola è un avvezzo per non perdere questo piacere. Sfido chiunque a partire per la campagna senza almeno una decina di "stecche" pronte per essere "arrustuti nò focu"...già perchè "la stecca" è il metro di misura usato! Due, tre, quattro...a seconda della soggettiva capienza!

Non saranno leggere, a volte neanche igieniche e salutari, ma rappresentano una tradizione da gustare, conservare e tramandare.

Per concludere, qualche consiglio: non fatevi impressionare dalle descrizioni dispensate, se non le avete mai provate, chiudete gli occhi e masticate, non ve ne pentirete!; calcolate la velocità e la direzione in cui soffia il vento, e posizionatevi esattamente all'opposto, per evitare di profumarvi di "Eau de Stigghiuol"; non provate a farle in casa, a meno che non possediate un barbecue in un luogo aperto.

 

Bona arrustuta a tutti!!!