Gelsi bianchi in marmellata

Il carretto passava e quell'uomo gridava:"cevusi, cevusi...a st'uraaa v'arrifriscano"

Ci sono tanti piccoli frutti che nascono spontaneamente in Sicilia, piccoli frutti trascurati ma mai del tutto dimenticati. Certo, se vi dovesse capitare di chiedere ad un bimbo quanti frutti conosca, ve ne citerà meno di dieci: mela, pera, ciliegia, arancia, albicocca, pesca, banana, uva e (se è particolarmente creativo) kiwi. Ponendo invece la stessa domanda agli over 30, potremmo ritrovarci insieme a ricordare....

Basta girare per le campagne del territorio e trovare un "azzaruolu" o più correttamente azzeruolo, alberello dai rami spinosi, fiori bianchi e profumati e frutti simili a piccole mele. E' una rosacea, parente del biancospino, dal frutto piccolo e dal sapore di mela dolce, contenente quattro semi a "mezzaluna", che produce bei grappoli colorati di frutticini rossi o giallo-biancastri. Frutto ritenuto così "prezioso" che per il dono di un cesto di "azzeruole bianche e rosse", nel 1769, Ferdinando IV di Borbone ammise il donatore al "bacio della sua mano destra".

Oppure, così come è capitato a me, grazie alla splendida foto postata dall'amico Massimo Palmigiano - che ringrazio per avermi ispirato - potreste imbattervi in un grappolo di "cevusi", rischiando di sentirne addirittura l'odore. Ci sono immagini, infatti, che rimangono dentro per tutta la vita, e che, insieme a odori, suoni e sollecitazioni sensoriali, riescono a portarci indietro nel tempo, spingendo a galla un ricordo "trimbrato" nella nostra memoria.

L'espressione sorridente del mio nonnino, ad esempio, che, durante la stagione estiva, appena sveglio si recava sotto il maestoso albero di gelsi bianchi, procacciando a tutti i nipotini quelle more profumate da gustare a colazione. Così come le "guerre" a suon di soffiate di gelsi scatenate tra noi cugini - beata gioventù -, utilizzando semplici fogli di carta  a mò di cerbottane. Oppure, ancora quando, priva di buonsenso, dopo aver insudiciato per bene mani e gambe, strofinandole  con "cura" di more mature, richiamavo l'attenzione di tutti, fingendomi ferita e gocciolante di sangue. Che divertimento! Peccato che, appena scoperto l'inganno: lignati 'a fetere e "senza diritto di replica"! Quanti "sonori" rimproveri, da parte degli adulti...

Ah, i gelsi! Ricordo gli ambulanti che li vendevano per strada dentro capienti ceste di vimini... abbanniannu (urlando) "cevusi, cevusi...a st'uraaa v'arrifriscano". Si perchè gli estratti naturali del Gelso bianco o Morus Alba hanno una spiccata azione lenitiva, emolliente e rinfrescante. Molti adolescenti non sanno che le more del gelso, bianche o nere che siano, sono profumate e dolcissime. Si mangiavano come salutari snack nei pomeriggi estivi o al mattino appena raccolti, serviti sulla loro stessa foglia. Citati da Ovidio nelle Metamorfosi, i gelsi sono anche splendide piante ornamentali, per l'ampiezza della foglia e la vigorìa di crescita le sue more hanno elevate proprietà antibatteriche, efficaci anche contro lo Streptococcus mutans, e contengono proteine, rutina, vitamine A, B, C.

Il Gelso bianco, fino alla metà del novecento ha avuto un'enome diffusione perchè usato per l'allevamento del baco da seta, ma con l'avvento delle fibre sintetiche è praticamente scomparso, parallelamente all'allevamento del baco. Meno difficoltoso da trovare è "u cevuso nivuru" o moro, maestoso albero di origine asiatica dal tronco robusto e dalla chioma densa che in aprile-maggio produce frutti di colore nero-violaceo, dal retrogusto acidulo. Questa pianta è legata anche ad un'antica leggenda di origine Babilonese, tramandata nella mitologia Greca e Romana, che collega il colore del gelso alla morte degli amanti Piramo e Tisbe.

Oggi, il Gelso, a discapito del gradevolissimo sapore, è un albero scomodo: va potato drasticamente un anno sì e uno no, i suoi frutti cadono a maturazione insudiciando le pavimentazioni che non sono certo più di terra battuta,  la raccolta dei sui frutti è certosina oltre che ardua ( bisognerebbe salire sugli alberi che non offrono sostegno adeguato nei pressi delle fronde fruttifere), per non parlare della brevità di conservazione delle bacche mature .

Bianchi o mori che siano, infatti, sono frutti assai delicati e difficili da conservare e per tale ragione vengono consumati prevalentemente freschi o utilizzati per la produzione di gelati, o granite (senza dubbio tipiche delle zone appartenenti alla Sicilia orientale). Se, invece, si riesce a raccoglierne una buona quantità, la forma migliore di utilizzo, dopo il consumo estemporaneo, è farli in marmellata.

Per ognuno esiste un gusto penetrante e duraturo, un ricordo dolce e profondo ...legato all'infanzia. Una leccornia dal sapore succoso e pieno...dal profumo di bosco e di terra ! Ma dobbiamo per forza rinunciarci? E se accanto alle solite e globalizzate banane, arance, mele e pere riservassimo un po' di spazio per queste dolcezze e per la valorizzazione dei saperi e dei sapori della nostra tradizione contadina, rilette secondo le nuove esigenze ambientali e sociali?

 

Ingredienti per due barattoli:700 gr di gelsi bianchi, 6 cucchiai scarsi di zucchero (preferibilmente di canna) , 1 limone , 1/2 mela

 

Preparazione

 

 

Lavate la frutta, sgocciolate bene i gelsi e sbucciate la mezza mela. Mettetela mela tagliata a pezzi molto piccoli in pentola con pochissima acqua e il succo del limone. Lasciatela appassire per 10 minuti circa, aggiungendo poi lo zucchero e i gelsi. Lasciate sobbollire per 25-30 minuti, quindi invasate in barattoli sterilizzati ed asciutti. Tappate immediatamente appena ricolmi, capovolgendoli fino al completo raffreddamento.