La favola dei candidati sindaci monrealesi tra utopie e restaurazione

Nell’aprile del 2017 ho pubblicato il mio decimo libro “La Nana Rossa”, perché avevo una sete inenarrabile d’infinita riscossa, di un’utopia concreta che seppellisse la vecchia mitica “Bandiera Rossa”.

I miei “Voglio e Vorrei” hanno rappresentato una cassa di risonanza eccezionale ed acustica, per il progetto di ricostruzione della mia Monreale. Ricostruire per non morire, seppellito tra le macerie di un gattopardismo paradossale che ha rubato l’anima alla mia isola senza frontiere. Mentre codificavo la scrittura di questo mio libro, ho pianto di cuore per la liricità di alcune pagine elaborate in regime di vera poesia. Quando scrivo, rido spesso e volentieri a crepapelle, per le irrazionalità che codifico. Se mi capita di piangere o commuovermi, sto per l’arco di un’intera settimana ad interrogarmi sulle cause del mio pianto. Non ho grilli per la testa ed interseco in breve tempo la fonte primaria delle mie profonde emozioni. Non mi sforzo mai di apparire un duro, un Seneca moderno che sprigiona perle di saggezza. Sono uno scrittore semplice e senza velleità. Scrivo, perché senza scrittura sarei e mi sentirei un naufrago senza punti cardinali di riferimento. Amo troppo la vita e l’utopia, malgrado le bastonate, le amarezze e le ferite scolpite nel mio cuore e nella mia parete addominale.

Non mi permetterei mai di dare lezioni d’infinito ai fratelli di questo pianeta alla frutta. Elaboro le mie riflessioni, i miei dubbi e punti interrogativi e cerco di navigare nel mare depravato della corruzione mondiale, ubbidendo solo alla mia coscienza, ai miei valori ed alla sacra vita quotidiana. Scrivere un romanzo o un racconto estremo è l’atto supremo e la sfida senza confini alla mia fantasia creativa, letteraria, scientifica, antropologica. Non demordo quasi mai, non mi stanco e sono sempre gasato. Odio, ma è obbligo degli scrittori che non dispongono dei comitati di lettura, correggere i miei refusi di scrittura e gli allineamenti matti della mia pagina.
La Nana Rossa mi ha impegnato nella sua severa elaborazione, per diversi mesi ed ore notturne al computer. Mi sono divertito perché è un libro matto senza precedenti nella storia della narrativa contemporanea; non ci appizza un tubo, di grazia, con la “Città del Sole” del frate domenicano italiano “Tommaso Campanella”. La mitica Città del Sole è un’opera filosofica del 1602, che adotta lo stesso stile dialogico (solo quello)della tradizione esoterica platonica, si richiama per molti aspetti alla “Repubblica” di Platone ed è un dialogo tra due personaggi “L’Ospitalario” , cavaliere dell’ordine di Malta e il “Genovese” , nocchiero di Colombo. “La Nana Rossa” è proiezione nel tempo, nello spazio e nelle dimensioni parallele del multiverso intergalattico; ho dovuto, a denti stretti, attendere i recenti risultati scientifici dell’osservatorio astronomico della NASA, per iniziare un serio processo di elaborazione e scrittura in narrativa. Dal mio primo libro “La Congiura degli Onesti”, ho sempre adottato, mutuato, lo strumento dialogico come quintessenza ideale dei miei racconti. La Nana Rossa chiuderà il cerchio magico della “Congiura degli Onesti” e rappresenterà la chiusura prospettica di un racconto proiettato nelle coscienze di donne ed uomini idealisti che vorranno sognare ancora un’idea di futuro possibile. Ringrazio Alessandro Pennacchio, Davide, Totò Contrera, Angelo, Marcello, Teresa e tutti gli Angeli che mi hanno permesso di concretizzare questa sfida senza frontiere e possibile. Ringrazio e ringrazierò sempre il mio Padre Celeste e Gesù per avere autorizzato il mio progetto e dato l’input risolutivo per il coronamento della mia utopia antropologica e scientifica, umanistica e letteraria.

“Chiunque conosce la storia della scienza dovrà ammettere che il suo progresso in tutte le età, e più che mai in questa, si identifica con l’ampliarsi della sfera propria di ciò che è comunemente definito materia e concetto di causa, mentre d’altro canto si assiste ad una graduale messa al bando, da tutte le regioni del pensiero umano, di ciò che chiamiamo spirito e spontaneità”. Scriveva Leslie Alvin White “Ma cosa avviene veramente nella storia della scienza e della nostra matta politica? Forse il superuomo non cambia a piacere la marea degli eventi, con la pura forza della sua personalità? La storia europea tra il 1798 e il 1813 sarebbe stata quella che è stata se non fosse stato per Napoleone? Giulio Cesare non ha cambiato l’intero corso della storia europea? Ammettere che un individuo abbia svolto un ruolo eminente, eccezionale in un certo periodo storico è, per molti studiosi, prova del su genio, della sua superlativa capacità, della sua forza di carattere e della sua sublime grandezza. La nostra storia è fatta dagli esseri umani, e grandi cambiamenti possono essere apportati solo da individui di enormi capacità. Un imbecille può influenzare il corso della nostra storia altrettanto prontamente e profondamente rispetto ad un genio (la politica attuale nel nostro microcosmo è la riprova al mio assunto paradossale). Non c’è bisogno che sia uno sconsiderato a far cambiare il corso della nostra storia; qualsiasi maledetto accidente per qualsiasi causa, può realizzarlo. Si ricordi l’affermazione secondo cui se il naso di Cleopatra fosse stato solo di un mezzo centimetro più lungo, l’intero corso della storia romana ed egizia sarebbe stato diverso. L’oca che salvò Roma fu, storicamente, più importante di qualsiasi imperatore romano”. La genialità vera, per dirla con Herbert Spencer, J. Fiske, Grant Allen, è stata prevedibile ed angosciante. Non ci sarà mai una ragione seria per definire il genio psicologicamente, almeno per quanto riguarda la storia culturale. Ritenere che una opera rivoluzionaria, voglia dire grandi capacità innate è un’illazione gratuita. L’uomo, genio o normale, sarà sempre funzione della sua cultura. Io non sono un genio multiforme, ma di grazia, non mi sento di auto-catalogarmi nel mero territorio della mediocre normalità. Scrivere i miei libri, le mie poesie, le mie favole, le mie canzoni ed i miei saggi letterari e scientifici, mi fracassa l’anima e paradossalmente mi ha reso antipatico ed insopportabile nella mia sfera familiare. Per mia somma fortuna, riesco ancora a navigare e reggere i remi della mia barca senza frontiere. Non permetterò mai a nessuno di darmi lezioni di banalissima umiltà. Questo terzo millennio ha scatenato l’estrema follia della poverina mediocrità sociale. Tutti vogliono apparire ed esibirsi, improvvisarsi scrittori, educatori, insegnanti, cantanti, ballerini, attori, politici, filosofi, moralisti, guaritori, chef, esperti di arte culinaria e tuttologi. Peccato che, sotto il vestito niente! Non vorrei mai essere un polemista tuttologo, solo per il gusto sfrenato di apparire. Vorrò sempre e fortissimamente vorrò fortificarmi eternamente con la mia spiritualità, il mio amore immenso per la scienza della cultura, l’antropologia, il progresso scientifico e la filosofia, muro inespugnabile che la fortuna non riuscirà mai a sfondare, anche se, scriveva il mio infinito Seneca, lo assalirà sempre con le sue macchine d’assedio. “Seneca amava gioiosamente pontificare: L’uomo sappia dove è diretto e donde viene; che cosa è per lui il bene e che cosa è il male; quello che deve cercare e quello che deve evitare, come può placare la follia delle passioni e il tormento delle paure.

La fermezza d’animo la si potrà ottenere solo con una continua meditazione. Se spenderai e spanderai parole al vento, brucerai le tue ali senza un tenero accento. Chi cercherà la gloria, la fama, la popolarità, dovrà superare la soglia dell’indifferenza collettiva. Abbiamo consumato le batterie che hanno alimentato da una vita le nostre risorse energetiche ideative, creative, climatiche e survivaliste. L’inverno, nelle antiche stagioni ci portava il freddo e i gelo; la primavera ci regalava un soffio di clima mite; l’estate ci portava il caldo e dovevamo sudare. Adesso tutto gira al contrario per l’effetto serra e tutti i danni devastanti che abbiamo prodotto a questo meraviglioso pianeta. Io continuerò a navigare sotto costa ed accarezzerò sempre le mie utopie. A proposito di utopie, ho voluto incontrare tutti i candidati-sindaco per le elezioni amministrative-monrealesi del 28 aprile; ho voluto scannerizzarli ed interrogarli dal vivo, attraverso la diretta facebook del mio “Format sulle elezioni prossime”. Ho dialogato a lungo con Roberto Gambino, candidato-sindaco del Movimento Politico “Il Mosaico”; ho ritrovato un Roberto gasato, convinto e per nulla rassegnato. Roberto si augura di arrivare al ballottaggio, per affondare la “Balena Bianca”, pericolosa spada di Damocle sulla testa della comunità monrealese. Ho incontrato Piero Capizzi, sindaco uscente ed illustre avvocato penalista; Piero è stato molto umile ed ha dismesso nel nostro dialogo, la sua allegria e buon umore; mi ha sussurrato con amarezza: Caro Salvino, io non mi arrenderò in questa campagna elettorale miope e avvelenata; lotterò fino alla fine per chiedere il consenso sulla mia persona e le mie liste, ho la coscienza a posto ed ho ereditato il gravame di quattro legislature, anteriori alla mia. Conosco a memoria il film di chi mi ha preceduto e non processo nessuno; i politici vanno solo giudicati attraverso gli atti della politica che hanno prodotto, la loro integrità morale, la buona fede e il sacro piacere della loro onestà. Posso deambulare a “Testa Alta” per le vie ed i vicoli di Monreale, senza l’angoscia di essere messo al bando. Incontrerò Alberto Arcidiacono ed avrò il piacere di confrontarmi attraverso la mia intervista, in un dialogico pregno d’interrogativi e chiarimenti. Incontrerò Salvino Caputo e non sarà un’intervista “Kramer contro Kramer” per meri problemi legati all’omonimia. Scaverò Caputo e lo scandaglierò in profondità, usando stile, eleganza ed imparzialità nella mia intervista. Chiederò a Salvino, nella mia domanda di apertura dell’intervista, perché ha dichiarato pubblicamente di essere nato sindaco. In ogni caso sarò super partes con tutti i miei interlocutori politici!
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