Omaggio alla memoria di Gesualdo Bufalino tra utopia e duro destino

Da una settimana mi frullava nell’amigdala (l’archivio storico della mia memoria e del mio vissuto) un messaggio urgente e pressante. Conosco bene la tecnica per intercettare queste urgenze fisiologiche del mio sistema corticale superiore; ho dovuto fare un lungo training autogeno e poi ho intercettato il messaggio.

Leonardo Sciascia mi scriveva da Andromeda: “Figlio ed allievo prediletto, è giunto il sacro momento di omaggiare il più grande scrittore del 900 italiano, Gesualdo Bufalino”. Risposi dolcemente e soavemente al mio sublime ed infinito maestro: “Caro Leonardo, quando dal 1979 fino al 1989 m’inondavi con questa tua convinzione su Gesualdo Bufalino, ti rispondevo sempre incazzatissimo: Bufalino è stato uno dei più grandi scrittori del 900 italiano, ma tu sei stato il più grande in senso assoluto; lo testimoniano i milioni di libri che hai venduto nel mondo e tutta la cinematografia ispirata ai tuoi racconti. Nanà, mio divino maestro, tu sei stato il personaggio top nei media, nelle televisioni, nei dibattiti politici nazionali, per la semplicità delle tue interviste e dei contenuti elevati che propagavi”.

Rintracciato nell’amigdala il messaggio urgente di Sciascia, mi sono precipitato presso la mia scrivania per consultare il mio epistolario con Sciascia e le mie lettere di corrispondenza con il mio maestro. Risolto il mistero: si trattava di una lettera del 1982 dove riferivo a Nanà un racconto, una testimonianza di un mio vecchio amico di famiglia, ovvero Lo zio Peppino Ter. (abbrevio il cognome per motivi di privacy(. Nel 1972 lo zio Peppino Ter. ospite fisso del mio teatro cabaret in via Costantino Nigra a Palermo, mi raccontò una storia fantastica datata novembre 1946. Lo zio Peppino lavorava in quella data storica, presso il “Sanatorio” della Conca d’Oro Rocca-Palermo, oggi “Ospedale Ingrassia”. Zio Peppino era legatissimo con un paziente ricoverato presso il sanatorio e lo chiamava “Buffalina”; lo coccolava e lo assisteva come un fratello e raccontava: Buffalina era uno scrittore di grande statura; educato, raffinato, rispettoso, geniale; mi ha raccontato storie da brivido. Aldino mi parlava dei suoi studi e mi confessò nel 1946 che se avesse lasciato il sanatorio, guarito dalla sua grave tisi, avrebbe ripreso i suoi studi universitari ed avrebbe conseguito il suo diploma di laurea in Lettere. In effetti Gesualdo lasciò perfettamente guarito, il sanatorio palermitano nel novembre del 1946.

Questo maledetto calvario nel sanatorio, sarà la base ed il motivo ispiratore nella suo opera d’esordio “Diceria dell’untore” (1981). E’ stato Leonardo Sciascia a proporre e caldeggiare la pubblicazione del libro presso Elvira Sellerio. Nel 1981 con “Diceria dell’Untore” Bufalino vince il Premio Campiello e nel 1990 dal libro verrà tratto un film, per la regia di Beppe Cino, con Remo Girone, Franco Nero, Vanessa Redgrave, Fernando Rey e Lucrezia Lante della Rovere. Iniziò la grande scalata di Bufalino verso il successo ed i maggiori premi letterari italiani, compreso il “Premio Strega”. Gesualdo essendo un grande aforista, amava scrivere una massima storica: La mafia sarà vinta da un esercito di maestri elementari. Concordo in linea di massima, ma la mafia l’hanno stravinta Falcone, Borsellino e Sciascia.
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