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L’opera dei pupi e la materia cavalleresca, pupi, personaggi e spettatori: Rinaldo, principe di Montalbano

Era costui quel paladin gagliardo / figliuol d’Amon, signor di Montalbano / a cui pur dianzi il suo destrier Baiardo / per strano caso uscito era di mano.
Come alla donna egli drizzò lo sguardo / riconobbe, quantunque di lontano /l’angelico sembiante e quel bel volto / ch’all’amorose reti il tenea involto.

Ludovico Ariosto, così lo descrisse nell’Orlando Furioso, gagliardo e innamorato, imbrigliato nella rete dell’amore per la sfuggente Angelica.
Pochi versi, che sono il ritratto del paladino più amato e seguito dell’opera dei pupi e del popolo siciliano.
Rinaldo è quello che gode dei favori dei più fedeli frequentatori dei teatrini, per diverse ragioni, che andremo a conoscere e che lo avvicinano all’indole degli stessi spettatori.
Sulla figura di Rinaldo, si sono scritti fiumi di versi e prose, ad opera dei più grandi scrittori e poeti della letteratura, ognuno mettendone in risalto le diverse caratteristiche; quello che si vuole cogliere in questa sede è la peculiarità spavalda e ribelle, di uno che “un si facia pusari a musca 'nto nasu” atteggiamento che l’ha reso popolare tra il pubblico dell’opra, in un’epoca ormai passata.
Fratello di Bradamante e cugino di Orlando e del mago Malagigi, Rinaldo appartiene al casato dei Chiaramonte, figlio di Amone è il paladino più forte della corte di Carlo Magno, al pari di Orlando; furbo come una volpe, ribelle e spavaldo, non teme rivali.
Egli è il guerriero che ha combattuto tanti duelli, protagonista di mirabolanti imprese ha salvato più volte Parigi dall’invasione saracena.
Come Orlando, si innamora di Angelica e duella con il cugino per conquistare il cuore della bella principessa del Catai.

Nella letteratura cavalleresca Rinaldo è il paladino fedele al proprio re, con una fede incrollabile in Dio. Nelle sue azioni è racchiuso il valore morale e militare, l’esaltazione dell’abilità e dal coraggio in battaglia sono le costanti del suo status di cavaliere al servizio dei più deboli e delle donne. Condizione questa che lo porta a compiere imprese, anche fuori dai confini della Francia, in soccorso di regni e castelli assediati.
Egli salva Parigi dall’assedio dei Saraceni, e per amore di Angelica affronta Orlando in una competizione, il cui premio è la bella principessa del Catai, svelatasi un miraggio per entrambi.
Diverso è il discorso riferito all’opera dei pupi e in particolare al nostro personaggio, che per le sue caratteristiche si avvicina alla forma mentis del siciliano. Tutta la materia cavalleresca viene filtrata nella forma e nei contenuti, allo scopo di avvicinarla all’indole del popolo siciliano.
Spavalderia, ribellione, sfrontatezza verso il potere reale, ritenuto ingiusto e attento solo alla conservazione del proprio ruolo dominante sono le caratteristiche di Rinaldo. Egli agisce in nome di valori, quali la giustizia e l’indipendenza, e per questi valori non esita a contrapporsi allo stesso Carlo Magno con azioni di insubordinazione plateali. Qualcuno ha visto nella rivalità tra Carlo Magno e il casato dei Chiaromonte, la contrapposizione tra vassalli e feudatari, ma la presente trattazione ci impone di tralasciare tale indagine, quello che ci preme sottolineare è l’aspetto prettamente popolare del nostro eroe e del successo tra le classi sociali, che frequentavano i teatrini dell’opra dei pupi.


Rinaldo è il paladino che ebbe tantissimo riscontro tra i siciliani, il suo nome fu sinonimo di “malandrinu”, prototipo dell’uomo forte, che ha il coraggio di opporsi all’ordine costituito; incarnando i sentimenti, gli ideali e le speranze di un intero popolo, il suo ingresso in scena, nel palcoscenico dell’opra viene sottolineato da scroscianti applausi. Guai in vista per l’esercito saraceno, e per chiunque si contrapponga al suo cospetto.
Sarà egli a vendicare la morte di Orlando, venendo in soccorso ai cristiani, nei tragici fatti accaduti a Roncisvalle, dove trovarono la morte tanti valorosi paladini per il tradimento di Gano.
Proverbiale è la sua rivalità nei confronti dei maganzesi, accentuata nel famoso episodio de “Il vantamento dei paladini”.
In quella circostanza, duchi e baroni, in segno di sudditanza promisero a Carlo Magno, ingenti quantità di tesori e di soldati, egli invece, essendo povero promise soltanto di mettere a disposizione il suo braccio e la sua spada, uno stratagemma escogitato dal solito Gano di Magonza, allo scopo di ridicolizzarlo al cospetto di tutti.
Il suo portamento è sicuro e baldanzoso, accompagnato da una gestualità misurata, sempre pronto di lingua e di spada, non esita a contrastare lo stesso Carlo Magno. Duella con il cugino Orlando, per amore di Angelica, apostrofandolo con parole forti, evidenziando il famoso strabismo del nipote di Carlo, contraccambiato con l’appellativo di “ladrone di Montalbano”.
Nell’iconografia dei cartelli appesi alle pareti del teatrino dei pupi, e nelle sponde dei carretti siciliani è ritratto con baffetti all’insù e lo sguardo furbesco.

Enzo Rossi, che di pupi “Rinaldo” ne ha costruito tantissimi, in un’intervista nel suo laboratorio, trasmessa dalla Rai Regionale, alla domanda quali fossero le decorazioni che preferiva, rispose: “io preferisco sempre il Rinaldo che nella storia dei paladini di Francia, tutti i pupara, lo portavano avanti come il paladino più brioso, più donnaiolo di tutta la corte di Carlo Magno. Erano pupara, che decantavano questo paladino, Rinaldo, che in francese vuol dire volpe, molto astuto…che ha ucciso i sette fratelli di Mambrino.”

Nella storia dei paladini di Francia scritta da Giusto Lo Dico, c’è un personaggio femminile di origine popolare, Dama Rovenza una guerriera, quasi selvaggia, una forza primitiva, in un corpo invulnerabile, tranne in un punto sotto l’ombelico, provvista di un grosso martello aveva abbattuto tutti i maggiori paladini - compreso Carlo Magno e lo stesso Orlando - lo scaltro Rinaldo riuscì a sconfiggerla fingendosi morto, solo dopo aver saputo, dalle arti magiche del cugino Malagigi, qual era il suo punto debole.

Prendiamo a modello il paladino Rinaldo (nella foto) costruito dal nostro puparo e descriviamone le caratteristiche stilistiche, per una corretta identificazione.
Rinaldo si riconosce dal leone in rilievo posto sulla corazza e sullo scudo, e per i famosi baffetti all’insù; il pupo presenta un’armatura in alpacca con applicazioni di fili e bbuttuna di rame rosso e bianco, inconfondibile il leone sul cimiero - simbolo del casato di Montalbano - ottenuto mediante la tecnica di fusione e saldato sullo stesso.


Nei bordi dello scudo sono evidenti le scanalature parallele ottenute con la tradizionale penna di martello e il motivo a rilievo eseguito con un punzone con funzione decorativa e di rinforzo del pezzo, da notare la decorazione trasversale, racchiusa da cordicelle annodate di rame rosso.
Sui tappi degli spallacci sono applicate le teste leonine, sempre dello stesso rame rosso.
La faroncina di raso rosso, con passamaneria gialla e oro è stata realizzata dalla moglie del puparo, che negli anni della sua attività collaborava con il maestro.
Le piume del pennacchio, generalmente di gallo o di struzzo, poste sul cimiero sono di colore rosso.
L’elmo incantato è stato sottratto a Mambrino, ucciso da Rinaldo in un cruento duello, sempre a causa di una donna, la bella Clarice, che - Rinaldo aveva rapito e perso, con un inganno del mago Malagigi, suo cugino, in vena di burle – e che successivamente sposerà.
Fusberta è il nome della sua spada e Baiardo è il suo famoso destriero, che Rinaldo era riuscito a domare, impresa fallita da tanti cavalieri.

Un personaggio unico e valoroso, amatissimo dal pubblico del teatro dei pupi, sconfitto solo dall’indifferenza e dall’ignoranza di chi i pupi non li ha mai amati ed apprezzati; sconfitto tutte le volte, che si considera l’opera dei pupi un passatempo d’altri tempi, e non l’espressione di un momento storico, che appartiene alla nostra cultura e alla nostra identità.