Tra quelle fuori città, la realizzazione dell'area della pineta attorno alla fontana lungo la strada per Monreale
Negli ultimi mesi, malgrado la pandemia in corso, l’attenzione dei lettori è stata catturata da alcuni libri che in qualche modo sono serviti a risvegliare la memoria storica sul ventennio fascista, con i suoi molti orrori e malefatte, analizzati da valenti storici con lucidità e civili accenti critici.
Hanno fatto molto discutere per esempio: il saggio-verità di Francesco Filippi su “Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo”; il volume di Paolo Giovannini e Marco Palla, “Il fascismo dalle mani sporche. Dittatura, corruzione, affarismo” editori Laterza; il libro di Mauro Canali e Clemente Volpini “ Mussolini e i ladri di regime. Gli arricchimenti illeciti del fascismo”, Mondadori editore. Improvvisamente, quasi in controtendenza con i contenuti dei testi di cui sopra, si fa notare in città una pubblicazione, in grande formato e in anastatica, stampata dal Centro Librario Occidente di Palermo, dall’allettante copertina : “PALERMO- Realizzazioni del regime”. In sintesi, in occasione dell’ottantesimo anniversario della costruzione del palazzo delle Poste , il Centro ha scelto di ripubblicare fedelmente il fascicolo n. 7/9, luglio-settembre 1935, XIII Era Fascista, della rassegna mensile illustrata “Opere Pubbliche” con sede in Roma e diretta dal deputato fascista Ezio Cingolani . Più di 100 pagine , oltre 225 fotografie , in bianco e nero, che immortalano , da più angolazioni, alcune decine di opere pubbliche ultimate e fatiscenti abitazioni prima della loro demolizione.
Le foto di quel periodo sono di Dante Cappellani, uno dei più illustri e bravi fotografi palermitani . Sia il fascicolo originale che le copie della ristampa, sono completati da una gigantografia di un quadro raffigurante un accigliato Benito Mussolini in posa rigida, in divisa e fez color nero fumo, con petto in fuori e mani ai fianchi. In linea con il già vigente culto della personalità e le direttive sulla straripante propaganda fascista . Ancor prima della radio e del cinema, il regime finanziava, con soldi pubblici, giornali , settimanali e la stampa di copioso materiale propagandistico comprese riviste o rassegne illustrate istituzionali come, appunto, “Opere Pubbliche”. Lo scopo era più che evidente: sedurre costantemente, attraverso auliche narrazioni, l’opinione pubblica per incrementare il consenso popolare. La storiografia più attenta sostiene che quando alla guida di uno Stato si insedia una dittatura, le opere pubbliche realizzate sono sovente enfatizzate da una mirata comunicazione fino a dotarle di un valore simbolico superiore a quello reale. Il fascismo non si sottrasse a tale strategia e, quindi, elaborò politiche pubbliche volte a realizzare opere, talvolta imponenti, in tutto il Paese e specifici interventi ( scuole, strade, ecc.) nei grandi e piccoli centri. A Palermo , come s’intuisce sfogliando il mensile “Opere pubbliche”, furono sì costruite cose radicalmente nuove, ma diversi interventi costituivano semplici completamenti o modifiche di opere a suo tempo volute dai governi pre- fascismo. E’ il caso delle due strade che portano al santuario di S.Rosalia sul Monte Pellegrino. Con riguardo alla “panoramica”, inizio lato Valdesi, effettivamente realizzata negli anni ’30, ma pensata molti anni prima, nel mensile sono pubblicati due memorabili scatti di Cappellani.
Invece per l’altra, la cosiddetta “ rotabile”, che comincia dalle falde, lato piazza Sellerio , eseguita tra il 1904 e il 1924 , nessun accenno anche se inaugurata in piena II E.F . Nel magnificare l’edificazione (1933) dell’imbocco monumentale di via Roma, è stato omesso il fatto che si trattava dell’abbellimento della parte terminale dell’ultimo tronco della strada. Nel 1922, infatti, furono conclusi i lavori del tratto corso Vittorio Emanuele- Stazione centrale. Le vicende riguardanti, invece, la Statua della Libertà oscillano fra l’usurpazione della memoria e il cambio di “destinazione d’uso”. Sotto la foto de “ La Statua” stampata nella prima pagina di “Opere pubbliche”, è riportata la seguente didascalia : “Monumento ai caduti”. Nulla di più inesatto. Nel 1910 , su progetto del Basile, ebbe inizio la costruzione, in fondo al viale della Libertà, del monumento per celebrare il 50° anniversario dell’annessione della Sicilia al regno d’Italia. Nel maggio 1911 fu dedicato alla “Libertà”. Nel 1931, i gerarchi disposero l’esecuzione di un colonnato a forma di esedra. Realizzato il quale, il monumento, forse perché la parola “libertà” in quel frangente era mal sopportata, fu immediatamente dedicato ai caduti del primo conflitto mondiale.
Un doppione, visto che la municipalità di Palermo un degno monumento a quei caduti lo aveva già eretto dentro il cimitero di S. Orsola. Qui è meglio fermarsi, perché andare oltre impedirebbe di elencare tutto “Quel che Palermo deve al Regime”, per usare un assai infelice titolo appioppato all’articolo di presentazione firmato dal redattore capo di quella rivista ministeriale. Oltre alle tre realizzazioni di cui si è già detto, il “debito” dei palermitani verso il fascismo fino al 1935 era costituito, come acclarano le foto di Cappellani , talune inedite , dalla costruzione del seguente gruppo di opere: quartiere Littorio; il palazzo delle Poste centrali e quello del Provveditorato alle opere pubbliche ; il sanatorio Ingrassia; il palazzo delle Ferrovie; lo stadio Littorio; il risanamento del rione Conceria; il collettore Molo; il nuovo impianto di illuminazione elettrica della città; ristrutturazione della Questura, della Prefettura (Palazzo Comitini) , villa Palagonia trasformata in centro rieducazione minorile; diga foranea; 9 scuole elementari; la fognatura in 5 arterie cittadine; i padiglioni del Policlinico; un nucleo di case popolari; infine, la sistemazione del cimitero dei Rotoli e di alcune piazze. Dopo il 1935 si fecero altri interventi, del tutto insufficienti per risollevare le sorti di una città che già contava oltre 410 mila abitanti.
In provincia, fra le opere realizzate spiccava la realizzazione della pineta nell'area del fontanone del Pescatore, lungo la strada che dalla Rocca conduce a Monreale. Un’opera vantata dal fascismo. Qualcuno, però dice che questa era stata progettata e finanziata nel periodo dei governi liberali pre-fascismo.
Nondimeno i palermitani non avevano diritto a protestare. Per il fascismo la partita era chiusa e il “ debito” della città verso il paternalistico regime , secondo i corifei del duce, era “immenso”. Poi sopraggiunse l’insensata guerra provocata dai nazi-fascisti. Palermo subì indicibili lutti e incalcolabili danni a causa di ripetuti e violenti bombardamenti. Le macerie seppellirono il sedicente “imperiale” passato. Ma questa è un’altra storia.
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