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Pinocchio, il ''burattino'' più famoso d’Italia e Mastro Geppetto il padre putativo dei pupari

Una storia lunga centoquarant’anni, la prima uscita a puntate il 7 luglio 1881 sul “Giornale per i Bambini”

MONREALE, 26 ottobre – Le avventure di Pinocchio, il burattino più amato e celebrato in tutto il mondo ha compiuto centoquarant’anni, ma non li dimostra, tanto è il successo attribuitogli dal pubblico, già dalle prime apparizioni su carta stampata, nel lontano1881 fino ai nostri giorni.

Nato da un pezzo di legno scolpito da Mastro Geppetto avuto in regalo dall’amico Mastro Ciliegia, Pinocchio il burattino bambino con le sue birbanterie nel tempo ha aumentato il suo fascino verso il pubblico di fanciulli e adulti perché incarna l’atteggiamento trasgressivo e irriverente dell’ordine appena costituito con l’Unità d’Italia.
Un legno che fa sentire, subito il suo peso e il suo essere magico; un legno più utile per riscaldarsi da un freddo inverno e rincuorare l’animo di un lavoratore che viveva di stenti e sacrifici, ma che Geppetto usa per colmare il vuoto di una solitudine, forse più dura del freddo e non più tollerabile.
Mentre mastro Ciliegia tenta di modellarlo con la sua ascia per rifare il piede di un tavolo, egli si ribella scaraventandolo a terra, con grande meraviglia dell’anziano falegname, che attribuisce la scortesia a Geppetto, da cui scaturirà una lite tra i due fino alla riappacificazione e alla donazione del famigerato pezzo di legno.

Un legno, che egli modella con mani rugose, stanche, ma esperte; un legno che è più di un semplice legno, uscito dalla fantasia di un altro costruttore di sogni: Collodi pseudonimo di Carlo Lorenzini scomparso il 26 ottobre del 1890, dunque centotrent’uno anni fa, un motivo in più per celebrare uno scrittore che ha fatto divertire milioni di bambini e adulti.

Mi sono sempre chiesto a chi rivolgeva i suoi pensieri, le sue speranze il buon Geppetto, quando stanco di un’esistenza solitaria, triste e povera, affidava ad un pezzo di legno, i sentimenti più intimi di un pover’uomo sul tramonto della sua vita? E quando il pezzo di legno si muove e parla, il povero Geppetto non crede ai suoi occhi e alle sue orecchie, e quando quel legno divenuto marionetta comincia a muoversi e far sentire la sua voce egli pensa alla sua condizione solitaria e alla sua età avanzata, pensa a qualche voce proveniente dalla strada.
Invece qualcuno ha ascoltato il suo cuore, i suoi pensieri, ha scrutato i suoi sogni e i suoi desideri e ha voluto esaudirli.

Pinocchio è una marionetta perché doveva essere manovrata da fili, e nelle intenzioni di Collodi doveva saper ballare, tirare di scherma e fare salti mortali, ma a lavoro finito muovendosi tra le poche cose della casa bottega di Geppetto, appena può fugge per strada, dimostrando la sua natura magica e al tempo stessa umana, ribelle e disobbediente.
Ma cosa hanno in comune le marionette siciliane e il nostro Pinocchio?
Cominciamo col dire che la loro natura è simile, entrambi sono di legno, “vengono fuori” dall’estro di un artigiano che sgrossando e piallando con gli arnesi, la materia duttile, accarezzandola è alla ricerca di quel viso, oltre la forma inanimata, con cui dialogare.

Pinocchio e i nostri paladini sono protagonisti di avventure fantastiche e rocambolesche, hanno fili che li manovrano, ma a differenza dei pupi in Pinocchio questa dipendenza verrà meno perché la sua natura è doppia, inanimata e umana al tempo stesso, una doppia natura che coesiste ed è interscambiabile.
Le storie e le rispettive avventure nascono più o meno nello stesso periodo, quello romantico di metà ottocento, con la pubblicazione a dispense come nel caso della “Storia dei Paladini di Francia di Giusto Lo Dico del 1858-1862 e “Le avventure di Pinocchio” pubblicate come già detto tra il 1881 e il 1883.

Il sogno diventa realtà tangibile e animata, come vivace sarà da questo momento in poi la vita dell’anziano falegname divenuto inconsapevolmente padre di un bambino in carne e ossa.
Inizia così un nuovo corso, una nuova vita, un bambino che irrompe nella triste e monotona esistenza di un povero artigiano. Il bambino Pinocchio non è semplice da gestire, da burattino a bambino è tutto un mondo da scoprire, dovrà essere vestito come si addice ai bambini della sua età, dovrà essere sfamato e dovrà andare a scuola, lui che non è scolarizzato e facile preda di lusinghe fittizie e bugiarde promesse.
Geppetto non sapeva che il suo Pinocchio sarebbe capitato nelle mani del terribile Mangiafoco nel Gran Teatro dei Burattini, rischiando di essere bruciato come legna per cuocere un montone, perché riconosciuto tra il pubblico dai burattini che si esibivano sul palcoscenico avevano interrotto lo spettacolo creando lo scompiglio tra il pubblico. Pinocchio supplica il burattinaio di evitargli la triste sorte, che starnutisce ripetutamente, segno che si è commosso, mostrando il lato buono, virtù presente anche nelle persone apparentemente cattive, il quale lo libera, regalandogli cinque monete d’oro da portare a Geppetto.

Il Gatto e la Volpe prima e Lucignolo dopo fanno a gara per allontanarlo da Geppetto, approfittando della sua ingenuità, e quando i loro piani sembrano realizzarsi il bambino ritrova l’amato Geppetto nella bocca di un Pescecane, dopo essere stato ingoiato egli stesso. Poiché il grosso pesce soffre di asma, dormendo con la bocca aperta consente ai due di fuggire nottetempo, anche grazie ai consigli di un tonno sfuggito anch’egli allo stesso destino, che li salva riportandoli alla riva, e dunque alla realtà.

Le vicende vissute dal nostro Pinocchio sono tante e rocambolesche e hanno affascinato intere generazioni di lettori, registi cinematografici e teatrali, musicisti e artisti. Un successo dopo l’altro, come non ricordare lo sceneggiato televisivo “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini del 1972 con i grandi attori Nino Manfredi, Ciccio Ingrassia, Franco Franchi, Gina Lollobrigida e Andrea Balestri nel ruolo di Pinocchio.
Gli straordinari testi del cantautore napoletano Eduardo Bennato del suo album musicale “Burattino senza fili” del 1977 per citare quelle che sono rimaste nella memoria di tanti.

Le numerose illustrazioni del fortunato burattino sono state oggetto di una mostra a Palazzo Pitti, alla Galleria d’arte moderna nel 2007, catalogo edito da Giunti, che ripercorre tutte le tappe dell’avventura di Pinocchio attraverso le immagini di tanti illustratori che lo hanno disegnato.
E Collodi, città natale della madre di Lorenzetti e residenza estiva della sua fanciullezza per onorare la memoria del suo nobile concittadino ha realizzato il Parco Monumentale di Pinocchio con le opere di Emilio Greco “Pinocchio e la fata”, la piazzetta dei mosaici di Venturino Venturi, le sculture di Pietro Consagra e il grande Pescecane di Marco Zanusso.

Nel 1972 avevo otto anni e come tanti bambini seguivo incollato alla televisione “Le avventure di Pinocchio” del già citato Comencini; io il mio Geppetto l’avevo vicino, accanto a me, mio padre Enzo Rossi puparo costruttore di marionette e proprio quell’anno veniva intervistato per la Rai nella sua bottega artigianale a Monreale, dove per tanti anni ha dato vita e voce alle sue creature di legno e alpacca.