Gli scrittori nei propri libri

Quando si parla di un libro su uno scrittore ci si riferisce normalmente o un libro autobiografico, o a un libro con protagonista uno scrittore. Se alla prima categoria possono ricondursi molte opere, alcuni esempi spiccano invece in particolare riguardo la seconda: impossibile non pensare a Misery o Shining di Stephen King, a Il Gioco dell’Angelo di Carlos Zafón o a Colonna di Umberto Eco.

Vi è poi una terza categoria, mediana tra le prime due, che conta alcuni esempi particolarmente interessanti: quella di libri nei quali l’autore, in un modo o nell’altro, si inserisce. Un’operazione fatta in vario modo, dal conferimento di tratti autobiografici a un personaggio fino all’inserimento di un alter ego o addirittura sé stessi, numerosi sono gli autori che hanno voluto lasciare un’impronta fortemente personale in loro personaggi.

H. P. Lovecraft – Randolph Carter

 

Non è difficile, per chiunque abbia familiarità con il massimo esponente dell’orrore cosmico, scorgere nel suo personaggio ricorrente alcuni tratti autobiografici. Carter, protagonista in alcuni racconti e soprattutto nel romanzo più impegnativo dello scrittore, è un vero e proprio alter ego di quest’ultimo: ad esso Lovecraft conferisce le sue stesse ambizioni di esploratore dei sogni, alla perenne ricerca di un’evasione onirica libera dai legami materiali della realtà. Come Lovecraft, Carter è un amante dei gatti e della fantasia, e nelle sue attività ha il successo che al suo autore, frustrato dalle necessità del quotidiano, è precluso.

Fëdor Dostoevskij - Aleksej Ivànovic

Nel caso dell’autore russo, il legame semibiografico con il personaggio è nascosto nella genesi del racconto che lo vede protagonista, Il Giocatore. Ivànovic, precettore presso una variopinta famiglia russa, finisce per gravitare intorno al casinò della cittadina tedesca dal significativo nome di Roulettenburg, per far fronte alle necessità tanto sue quanto familiari: le alterne fortune alla roulette si accompagnano all’evoluzione dei rapporti tra i vari membri della famiglia. Una situazione che lo stesso autore ben conosceva: il romanzo fu scritto in tempi strettissimi come contropartita per un prestito contratto con il suo editore e impiegato al tavolo verde, un passatempo del quale Dostoevskij era particolarmente appassionato.

Ian Fleming – James Bond

Una situazione simile per il genitore della più famosa spia britannica di sempre: l’agente 007 ha diversi tratti comuni con il suo autore. Fleming vantava un passato nell’intelligence militare britannica, ricoprendo importanti compiti organizzativi: esperienze personali che hanno contribuito a plasmare la caratterizzazione di Bond. Anche l’amore di quest’ultimo per il casinò è un tratto fortemente ispirato alla vita vera. I passatempi come le slot, anche grazie a esclusive proposte dalle piattaforme più attive nel settore, sono oggi apprezzatissimi online dove la loro versione digitale gode di una varietà senza pari; ma la passione per questi intrattenimenti non è certo nata in rete, e la loro popolarità era ben nota anche a Fleming. Nella sua giovinezza venne inviato dalla famiglia in Austria, dove prese a frequentare l’alta società e condividerne passatempi e intrattenimenti come appunto i casinò. Similmente, il fascino di Bond è una caratteristica “ereditata” dal suo autore, descritto dai suoi frequentatori del periodo come particolarmente carismatico.

Stephen King – Se stesso

L’autore statunitense ha una passione nello scrivere di scrittori: oltre a conferire tratti parzialmente autobiografici a molti protagonisti, alcuni confluiti in film e sequel di successo, King si è inserito direttamente nella sua opera più importante, la saga La Torre Nera, dove si assegna un ruolo centrale. I protagonisti del racconto infatti “escono” dallo stesso per incontrare il loro autore: addirittura King viene salvato dagli stessi nel 1999, quando fu veramente in pericolo di vita dopo essere stato investito da un automobilista. Difficile non vedere una sorta di ringraziamento alle proprie creature, che nella finzione del romanzo come nella realtà personale l’avrebbero salvato.

Arthur Conan Doyle – Dr. John Watson

I lettori di Sherlock Holmes, o gli spettatori della serie TV, ricorderanno che in entrambe il coprotagonista, il dottor Watson, è un medico militare con esperienza in Afghanistan: un tratto condiviso, tolta l’esperienza militare, con il suo autore. Conan Doyle era infatti laureato in medicina e chirurgia, mestiere che esercitò come assistente in vari studi medici prima di dedicarsi alla scrittura. Il dottor Watson, costante contraltare del detective Holmes, è a tutti gli effetti un alter ego del suo autore, riflesso dell’ammirazione dallo stesso provata nei confronti dei luminari con i quali si era trovato ad avere a che fare.