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Sua Maestà Carlo Imperatore Magno, il paladino costruito dal maestro puparo Pietro Scalisi

Un capolavoro di rara bellezza e di raffinata eleganza, sintesi di creatività e manualità

MONREALE, 30 ottobre - Si apre il sipario del teatrino dei pupi, si spengono le luci in sala, l’attesa cresce, una voce fuori campo grida “jevviva, jevviva, jevviva Carlo Magno” è il gran “consiglio”.

I paladini entrano, con passo deciso, Ugeri il danese, Oliviero, Namo di Baviera, Astolfo, Bradamante, Rinaldo, Orlando e il perfido Gano di Magonza, l’oprante li posiziona fino a riempire il boccascena, per ultimo ma non per ordine di importanza entra Carlo Magno, l’Imperatore, il gran Re, che guardando i suoi cavalieri si gira verso il pubblico con passo lento e autoritario.

Tarigi, il fido scudiero di Orlando e ciambellano di corte entrando da sinistra annuncia l’arrivo di un soldato con funzione di ambasciatore: “Maestà, imperatore Carlo sta arrivando un soldato, che chiede di essere ammesso alla vostra presenza” - “fatelo venire al mio cospetto” ordina Carlo Magno.La presenza dell’imperatore conquista la scena, i pupi immobili ascoltano attenti.

Il soldato porta una triste e minacciosa novella: “Maestà vi annuncio, che un terribile esercito saraceno si appresta ad assediare Parigi, venti di guerra soffiano sulla nostra amata terra di Francia, l’imperatore Agramate e i suoi generali, al seguito di centocinquanta mila uomini vuole conquistare la città di Parigi e tutto l’impero cristiano.

Carlo non si dispera, sa che può contare su cavalieri valorosi e di grande virtù militare, assegnando il comando delle operazioni al nipote Orlando, gran generale dell’esercito cristiano si accinge a difendere il suo impero a costo della sua stessa vita, egli stesso, se ce ne fosse bisogno, cingerà la sua spada contro i terribili saraceni.
È la guerra, “la battaglia” l’altro momento culminante dell’opera dei pupi, rappresentazione di assoluto coinvolgimento dello scontro fisico tra cristiani e saraceni; al grido “all’armi, all’armi” e con il battere dello zoccolo sul tavolato del palcoscenico, che con ritmo incalzante iniziano le battaglie.

Questa la narrazione di scena con i nostri pupi, Carlo Magno raduna il fior fiore del suo esercito che affronterà il nemico ormai alle porte. Eroi come Orlando, primo paladino e “nipote a Carlo,” Bradamente invincibile donna guerriera, nell’ordine a pari merito con Orlando, Rinaldo spavaldo, ribelle e furbo come una volpe, secondo solo a Orlando, Oliviero sempre in prima linea, accanto al primo paladino, suo cognato, insieme agli altri compagni d’arme sono “apparecchiati” alla battaglia, per usare un termine tanto caro agli opranti.
D’ora in poi è un crescendo di scontri tra giganti, di battaglie all’ultimo colpo, Carlo Magno assiste, in assetto di guerra, pronto ad intervenire.

Abbiamo cominciato il nostro racconto con le “sequenze” di un classico episodio dell’opera dei pupi, per descrivere il paladino Carlo Magno, il capolavoro da poco ultimato del puparo Pietro Scalisi, personaggio noto a Monreale e in Sicilia, ma anche fuori la nostra isola, affermazione quest’ultima che può sembrare un’esagerazione di parte, considerato il legame d’amicizia che mi lega al maestro, ma non lo è.

Carlo Magno costruito dal puparo Pietro Scalisi è un capolavoro, un compendio di creatività, “mestiere” ed eleganza.  Il pupo da teatro ha richiesto un impegno non indifferente, in quanto presenta una cura dei dettagli, che solo un maestro con decenni di esperienza può realizzare. Con questo pupo il maestro ha raggiunto la piena maturità dimostrando la proverbiale fantasia in arabeschi davvero unici. Ci tiene a sottolineare, che ha realizzato pupi da teatro senza mai ripetersi, ogni pupo che costruisce gli dà sempre nuovi stimoli che si traducono in arabeschi mai stereotipati.

Il maestro ha stilemi propri, riconoscibili dagli addetti ai lavori; non è azzardato dire che la sua è una vera e propria scuola, iniziata dal padre Ciccio Scalisi passando per Enzo Rossi, fino ai nostri giorni, con alcuni allievi che hanno frequentato la bottega del nostro puparo Pietro Scalisi, aspetto questo che sarà oggetto di una futura trattazione.

Di lui, il noto antiquario e collezionista di pupi, il compianto Enzo Pandolfo disse “i pupi di Pietro Scalisi hanno un fascino particolare” con evidente riferimento al personalissimo stile. Pietro Scalisi, lo ricordiamo ha ottantacinque anni e ha svolto sempre questo mestiere, con passione e dedizione, prima accanto al padre Ciccio Scalisi suo maestro, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1991 e successivamente in proprio.

Ma, torniamo al paladino Carlo Magno, che avevamo lasciato a difesa della città di Parigi; il pupo da teatro di scuola palermitana è alto 90 cm da piede a spalla, l’armatura in alpacca, “rabbriscata” con fili di rame e “buttuna” alternativamente di alpacca e rame saldati a stagno.

La corazza imponente e ben modellata con la tecnica a sbalzo presenta applicazioni di simboli regali, quali l’aquila, riconducibile al Sacro Romano Impero e il giglio francese. Nella parte superiore risalta la decorazione ottenuta da fili annodati e foglioline; adornato di buttuna il collare e il contro collare anteriore e posteriore, mentre nella parte inferiore spiccano le borchie a rilievo presenti anche nella parte del retro corazza e la faldina a punta con al centro il giglio in rame.

Completano la corazza le piastre ancorate all’altezza dei fianchi, articolate a mo’ di cosciale pendenti, che rendono ancora più preziosa l’armatura. Lo scudo termina a punta nella parte inferiore e arrotondato nella parte superiore, contornato da buttuna e dalle scanalature parallele ottenute con la tradizionale penna di martello “pinna e martieddu”.
Al centro dello scudo, spicca l’aquila e il consueto giglio contornato di foglie con andamento circolare, le borchie alle due estremità dello scudo sono un estremo virtuosismo di maestria e creatività.

Spalline, bracciali gomito e avambraccio riprendono gli arabeschi e i simboli di rame degli altri pezzi. I gambali di raffinata esecuzione sono composti da due pezzi per il ginocchio e cinque pezzi sagomati per i piedi, a fasce di alpacca e rame.
L’elmo composto da diversi pezzi arabescati, ha un cimiero a tronco di piramide capovolto sormontato da un angioletto in fusione; la visiera consta di due pezzi traforati e contornati con fili di rame.

Un discorso a parte merita la corona e il fodero, quest’ultimo composto da dodici pezzi con il giglio di rame applicato; gioielli di mirabile artificio, la corona è sormontata da gigli, dove al centro s’erge una splendida croce traforata, simbolo della fede cristiana, della quale Carlo Magno era il massimo difensore. Impreziosisce la corona l’inserimento di pietre di vari colori.

L’ossatura è in faggio, la testa scolpita a mano è stata dipinta da Sandro Pasanisi esperto restauratore e artista poliedrico, amico e collaboratore del nostro Pietro Scalisi. Il Carlo Magno del maestro Scalisi ha una folta barba scura - tipica del personaggio storico di mezz’età, all’apice del potere regale – e gli occhi di vetro, che gli conferiscono uno sguardo fiero e audace.

Completano il paladino, la faroncina di velluto di colore rosso e bleu, contornata da galloni colore oro, dove campeggiano l’aquila e il giglio in ottone; il mantello degli stessi colori è stato disegnato dallo stesso Scalisi.

Sulla faldina la firma del puparo Pietro Scalisi, il marchio distintivo di un capolavoro d’arte, impresso con un punzone d’acciaio realizzato a Firenze. Dopo che, Carlo Magno ha difeso il suo impero e la cristianità - compiti questi che hanno richiesto intelligenza, equilibrio e strategie militari - è pronto per affrontare nuove sfide e avventure. Dovrà difendersi da giudizi affrettati e superficiali, di chi dice o fa scrivere, che il suo pupo costruito da Pietro Scalisi, pur preferendolo ad altri pupi ha delle imperfezioni.

Ci piacerebbe sapere a quali siano le imperfezioni; a noi interessano più i pregi che le imperfezioni, o presunte tali, piace apprezzare, con stupore e ammirazione, un esemplare di arte e tradizione, frutto della maestria di un artista dei pupi, qual è il maestro Pietro Scalisi. Precisazione questa, che condivido e sottoscrivo, dietro espressa richiesta del maestro.