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Ieri il 5° Cammino diocesano delle Confraternite, Pennisi: ''I mafiosi non possono farne parte''

“Le Confraternite partecipino più intensamente e più direttamente all’opera che la Chiesa compie per portare la luce, la redenzione, la grazia di Cristo”

CARINI, 23 settembre - Si è tenuto ieri a Carini il V° Cammino diocesano delle Confraternite al quale hanno preso parte oltre due mila rappresentanti delle 127 confraternite della Arcidiocesi di Monreale.

Nel suo intervento l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi ha detto fra l’altro: “ Vogliamo ringraziare il Signore per la presenza nella nostra Arcidiocesi di oltre un centinaio di confraternite come strumenti privilegiati di espressione della pietà popolare ed esperienze significative per l’azione cultuale evangelizzatrice e caritativa della Chiesa. Oggi l’urgenza della nuova evangelizzazione esige che anche le Confraternite partecipino più intensamente e più direttamente all’opera che la Chiesa compie per portare la luce, la redenzione, la grazia di Cristo agli uomini del nostro tempo, prendendo opportune iniziative, per la formazione religiosa, ecclesiale e pastorale dei loro membri.


Le confraternite come le altre aggregazioni ecclesiali sono esperienze significative per l’azione educativa della Chiesa, che richiedono di essere sostenute e coordinate. Nelle confraternite si sperimenta la ricchezza di autentiche relazioni fraterne, ci si forma all’ascolto della parola di Dio e al discernimento comunitario e si matura la capacità di testimoniare con efficacia il Vangelo nella società.
Se in una confraternita manca la coscienza dei motivi di devozione e di solidarietà fraterna che stanno all'origine di una confraternita e che giustificano l'iscrizione a essa, bisogna chiedersi che senso ha l'appartenenza a essa e alla fine la sua stessa esistenza, dal momento che si lascia venir meno l'ispirazione originaria.


Se ci si iscrive a una confraternita, allora vuol dire che ci si sente chiamati a un impegno maggiore di vita cristiana. E’ una vera contraddizione che uno si iscriva a una realtà ecclesiale più impegnativa, e poi faccia meno di quello che compie ogni onesto cittadino e ogni buon cristiano che non ha bisogno di essere iscritto a nessuna associazione o confraternita per essere tale.
Comprendiamo bene allora come l'esigenza di una formazione più intensa non è un obbligo arbitrario, ma nasce da un bisogno proprio dell'appartenenza abbracciata per amore della devozione che ha risvegliato e coinvolto la nostra scelta; e comprendiamo anche come l'esigenza di correttezza scrupolosa nell'amministrazione dei beni non sia solo frutto di un senso di onestà e di legalità che è il minimo a cui certamente non dobbiamo mancare di attenerci, ma soprattutto l'espressione della coscienza che i beni di una confraternita sono beni comuni, non privati, e che la loro destinazione è l'intera confraternita e, insieme a essa, i bisogni dei poveri e della comunità ecclesiale.
Della coerenza della vita cristiana fa parte il rispetto delle legalità che è cosa differente dal legalismo Perciò mi sembra opportuna la norma contenuta nel mio decreto che invita le confraternite a recepire nei loro statuti che tutti coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o a associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici o hanno avuto sentenze di condanna per delitti passate in giudicato, non possono far parte di associazioni religiose, confraternite, comitati festa o consigli pastorali.