"I giovani vedano nella Chiesa la loro casa"

Parla monsignor Pennisi, poco prima di insediarsi in cattedrale

MONREALE, 26 aprile - Valorizzare le risorse umane e materiali della diocesi, formare coscienze cristiane e soprattutto dire no alla barbarie della mafia. Parte subito forte monsignor Michele Pennisi, che si è presentato oggi ai giornalisti con una conferenza stampa.

L'arcivescovo, che oggi farà il suo ingresso ufficiale in cattedrale, ha tracciato già le linee guida del suo mandato episcopale. Linee che, come egli stesso ha tenuto a precisare, "non possono essere stabilite a tavolino, ma discendere dal'ascolto delle necessità".

Monsignor Pennisi, che già aveva anticipato a Monreale News, in un'intervista esclusiva, le sue linee programmatiche, ha ribadito la necessità di badare all'essenziale e sopratutto la sua intenzione di condurre la chiesa monrealese ad un passaggio da "atei devoti ad un cristianesimo maturo, nel quale ognuno è responsabile della vita della chiesa e soprattutto nel quale i giovani vedano nella chiesa la loro casa". A Monreale arriva con l'etichetta, che per la verità gli va un po' stretta, di vescovo antimafia. Un vestito che non gli piace, ma che lo porta a dire come vada detto no alla barbarie mafiosa. Un monito, questo, tanto caro al suo amico, monsignor Cataldo Naro, che ha fatto suo. "C'è l'incompatibilità tra la mafia e la coscienza cristiana, così come ci ha insegnato don Pino Puglisi, così come ci hanno testimoniato i tanti martiri dei magistrati, delle Forze dell'Ordine, che hanno dato la vita per questa causa. Occorre non abbassare la guardia e studiare interventi per uno sviluppo sostenibile".

Tra questi, così come già avvenuto a Piazza Armerina, durante il suo episcopato, l'avvio del progetto "Policoro", fatto di assistenza organizzativa ed economica ai giovani imprenditori, attraverso l'attivazione di un microcredito.

Annuncia che starà poco nel palazzo e molto tra la gente: il suo sarà un mandato tra i bambini delle scuole, tra i lavoratori delle imprese. Chi dovrà lavorare parecchio sarà il suo autista. "A Piazza Armerina facevo 1.500 chilometri alla settimana, per stare sempre in mezzo alla gente".

E pazienza se, come avvenuto a Gela, i mafiosi lo minacciavano: "Scorta? La mia scorta è fatta dal mio angelo custode e da San Michele Arcangelo, il mio protettore".

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