Cambiano i tempi, non cambia l'affetto

Sempre solido il rapporto tra Monreale ed il Crocifisso

MONREALE, 4 maggio – C'è poco da fare ed è difficile da spiegare: così come per comprendere fino in fondo il significato del Palio di Siena bisogna essere senesi, per capire che cosa vuol dire "3 maggio" occorre soltanto essere monrealesi.

Non è una mancanza di rispetto verso i non autoctoni, ma solo una questione di Dna. La spiegazione di un affetto e di una devozione che, malgrado l'epoca di Internet, Facebook o Twitter, non sembrano conoscere crisi, anzi. Dicono che, proprio con la crisi, magari spinta dal bisogno, la gente si aggrappi di più alla fede. Cerchi qualcosa o qualcuno a cui rivolgersi per risolvere i problemi d'ogni giorno. Se ciò sia vero o no, è difficile da dire. Possiamo solo registrare che, anche quest'anno, in pieno tempo di crisi, il Crocifisso ha fatto ancora il pienone.

Sarà stata forse la bella giornata primaverile, sarà che al Crocifisso, a "Iddu", tanti monrealesi chiedono qualcosa, ma anche e soprattutto in regime di austerity, l'affetto che lega Monreale al "Patruzzu Amurusu" anche quest'anno non si è risparmiato.

Sono ancora in tanti i monrealesi che "quannu u Signuri è mmenz'a strata" non hanno difficoltà ad ammettere come un brivido percorra la loro schiena, che nella loro gola arrivi un groppo improvviso.

Chiamatela come volete: superstizione, idolatria, retaggio di una cultura arretrata. Noi la chiamiamo semplicemente fede e devozione. Quella di un'intera comunità, sì ad un simulacro ligneo, che va, però, molto al di là di una semplice immagine sacra.

Per noi monrealesi, infatti, questo, soprattutto il 3 maggio, è "U Signuri". Tutto il resto conta poco, forse nulla. E pazienza se quest'anno la festa è stata magra dal punto di vista delle manifestazioni di contorno. Pazienza se lo sfarzo degli anni passati è solo un ricordo: la processione del Crocifisso per le vie di Monreale rimane e questo è ciò che conta.

Del resto, anche monsignor Pennisi, nuovo arcivescovo della nostra comunità, non aveva avuto remore nel dire: "Meglio un gioco d'artificio in meno, ma un atto concreto in più", quasi a voler ribadire a tutti l'essenza effimera di ciò che sta attorno alla festa, sottolineando, allo stesso tempo, l'esigenza della sostanza. Probabilmente ripartire da questo servirà a tutti. Nel frattempo è stato bello accorgersi che, ancora una volta, il legame tra Monreale ed il "Patruzzu Amurusu è più forte e solido che mai.