Come disinnescare l'odio online

fumetto di Stefano Gorgone

Carissimo direttore,
“mi piace scegliere con cura e nel silenzio le parole da non dire”. Così afferma la poetessa Alda Merini. In effetti, chi parla sempre e vuole avere sempre l’ultima parola, non conosce la forza del silenzio, quanto esso sia utile per migliorare il linguaggio e la comunicazione con gli altri.

Anche nel nostro tempo così pesantemente segnato dalla pandemia e dal distanziamento sociale, le discussioni, ormai prevalentemente sul web, non sono meno difficoltose di quelle in presenza, spesso si trasformano in risse verbali e, nel migliore dei casi, appaiono come un dialogo tra sordi.
Per ragioni anagrafiche non sono un nativo digitale e neanche un assiduo frequentatore dei social ma abbastanza per comprendere che dialogare sul web è difficile. Il filosofo e social media manager Bruno Mastroianni nel suo ultimo lavoro sottolinea la necessità di una vera e propria cultura del confronto, di una educazione a comunicare facendosi capire innanzitutto da chi ha opinioni diverse e non è d’accordo con noi. Per lo studioso, si può dissentire senza litigare. Non basta ignorarsi e non offendersi reciprocamente per portare avanti un discorso. E’ necessaria la capacità di mostrare un punto di vista diverso, di argomentare una posizione senza avere paura del conflitto, senza rimanere arroccati sulle proprie posizioni, ma mostrando la capacità di discutere con spirito critico, di confrontarsi e di conciliare le divergenze. Il dialogo deve essere considerata un’abilità personale e sociale essenziale.

Purtroppo, molti fanno dei media il luogo dove esprimere giudizi ed opinioni su argomenti dei quali non sono esperti né sufficientemente documentati o dove dare sfogo alla loro rabbia, al loro pessimismo nei confronti del prossimo e del mondo, diventando a volte delle vere e proprie “macchine del fango”. E’ facile così rimanere disorientati di fronte alle notizie che danno una visione distorta della realtà.
Oggi, più che mai, si avverte l’esigenza di una comunicazione veritiera, affidabile e sicura, improntata alla completezza e alla trasparenza, una comunicazione non allarmistica ma seria, puntuale, rispettosa della dignità della persona umana e del bene comune.
Spero che non siano passati inosservati e che abbiano suscitato indignazione gli insulti e le minacce di morte sul web nei confronti di Claudia Avernini, l’infermiera dello Spallanzani che si è volontariamente sottoposta per prima al vaccino anticovid, mostrando così un grande senso di responsabilità.

Siamo ancora increduli e sconcertati davanti alle recenti e tragiche immagini provenienti dagli Stati Uniti, conseguenza di una comunicazione così gridata e rancorosa, di una continua e martellante istigazione alla violenza da costringere Facebook e Twitter a chiudere i profili social di colui che è stato individuato come il maggior responsabile dei disordini. Così come hanno volontariamente fatto i duchi Meghan ed Harry per il troppo odio nei loro confronti.
Dobbiamo, dunque, comprendere che le parole pubbliche sui media hanno un potere molto più grande di quello che possiamo immaginare e che lo sviluppo tecnologico senza precedenti del nostro tempo porta con sé anche una grave minaccia per la democrazia e per la nostra libertà di uomini e cittadini.
In un suo interessante lavoro la sociologa Shoshana Zuboff ci invita ad aprire gli occhi sulla portata dei cambiamenti che la rivoluzione digitale impone alla vita sociale e politica, riuscendo a sorvegliare e a manipolare i nostri comportamenti e le nostre emozioni. Non si tratta, ovviamente, di criminalizzare i social network ma di chiederne un uso etico, corretto, pacato ed utile perchè si possano disinnescare i livelli molto alti di odio presente online e possano essere un grande strumento di aggregazione ma anche di cultura e di libertà.