A distanza di 60 anni riscopriamo la passione per il Concilio Vaticano II

fumetto di Stefano Gorgone

Carissimo direttore,
nel mio recente e periodico soggiorno nella capitale mi è stata offerta la preziosa opportunità di rivivere le emozioni di un tempo lontano partecipando alla celebrazione eucaristica presieduta da papa Francesco nella Basilica di San Pietro, in occasione del 60° anniversario dell'inizio del Concilio ecumenico Vaticano II.

All'apertura del Concilio l'11 ottobre del 1962 avevo 15 anni, ma già potevo contare su una discreta esperienza di Chiesa grazie alla formazione che l'arciprete del tempo monsignor Baldassare Calisti assicurava con grande zelo sacerdotale ad un nutrito gruppo di adolescenti.
Ricordo come se fosse ieri lo spettacolo stupendo di 2500 vescovi provenienti da tutto il mondo con le loro storie e le loro culture, con il loro corteo bianco per piazza San Pietro. Così come memorabile fu il discorso alla luna che “ il papa buono”, Giovanni XXIII, fece alle migliaia di fedeli riuniti la sera tardi.

Fu un gesto semplice, un invito tenerissimo a portare la carezza del papa a tutti i bambini del mondo che suscitò un'intensa emozione e segnò anche l'inizio di una nuova primavera della Chiesa. Fu un tempo davvero straordinario per i credenti chiamati a vivere la loro fede con rinnovato entusiasmo anche grazie alle importanti riforme volute dal concilio. Da allora niente è come prima.

Venne riconosciuta la necessità di una Chiesa intesa come popolo di Dio, chiamata ad essere più attenta alle sfide della modernità, alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce degli uomini d'oggi, soprattutto dei poveri e di coloro che soffrono. Mi limito a ricordare che con la riforma della liturgia ovunque si cominciò a celebrare ed a pregare non più in latino ma ogni popolo nella propria lingua, trasformando in tal modo gli incontri in assemblee di uomini e donne più consapevoli, chiamati a partecipare ai momenti qualificanti della vita ecclesiale non più come meri esecutori o semplici destinatari del messaggio cristiano, ma da protagonisti e corresponsabili.

Fu un concilio, comunque, che a distanza di sessanta anni ha ancora molto da dire ai credenti che appaiono in ritardo nel collocarsi pienamente dentro questo tempo ed anche perché non pochi teologi ed esponenti del mondo ecclesiale hanno ignorato e boicottato la sua piena applicazione. Ed è ciò che ha sottolineato papa Francesco nella sua intensa e commovente omelia auspicando una Chiesa non abitata dalla tristezza ma dalla gioia e dalla comunione e chiedendo di rinnovare la passione per il concilio, di superare le polarizzazioni e dare il primato all'essenziale.

“Quante volte - ha affermato - i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte della Chiesa, quante volte si è preferito essere tifosi del proprio gruppo, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, di destra o di sinistra più che di Gesù. Una Chiesa che è innamorata di Gesù non ha tempo per scontri e polemiche.”
L'appello accorato di papa Francesco di una comunità di uomini e donne uniti dall'unica fede appare non semplice da accogliere perché, come affermava bene il cardinale Martini, abbiamo capito poco, ancora troppo poco del Vangelo e le forti sollecitazioni del concilio sono ancora un traguardo da raggiungere. Per il grande cardinale, “siamo solo all'inizio del cristianesimo".