“Testimonianze” di legalità col progetto “Se vuoi…” al liceo scientifico di Monreale

Ottima la sinergia tra famiglia, scuola e forze dell’ordine. LE FOTO

MONREALE, 4 aprile - La sinergia tra famiglia, scuola e forze dell’ordine è stata il leitmotiv della realizzazione del progetto “Se vuoi…” al liceo scientifico Basile di Monreale.

Nato dalla libera e volontaria iniziativa di un genitore poliziotto, è stato poi promosso dalla Polizia di Stato di Palermo, che da diversi anni si attiva a sostegno della formazione alla cultura della legalità nelle scuole. Il progetto è stato articolato in due giornate, attraverso un emozionante e commovente itinerario tra testimonianze di vittime di mafia e visite dei luoghi della memoria, dove si sono consumate le stragi più drammatiche della storia della Prima Repubblica.

Gli studenti e le studentesse che vi hanno preso parte, insieme alla Squadra Mobile di Palermo, rappresentata da due encomiabili poliziotti, Peppino Sammarco e Adolfo Colli, e ai docenti Nino Pinizzotto e la scrivente, dicono di aver vissuto un’esperienza - a parere loro - indimenticabile e di aver assaporato il valore della legalità e il profumo che da essa esala in termini di libertà.

Non le solite lezioni frontali, dunque, in cui pure vengono discussi temi e questioni di rilevante portata sul piano storico, ma un diverso modo di fare scuola. La legalità, infatti, non si impara a scuola leggendone i libri di storia, ma si lascia riconoscere e, per certi versi, affascinare, attraverso i modelli, le azioni e le storie di quanti hanno combattuto e combattono ancora per essa.

In questa direzione, la testimonianza di quanti hanno lottato contro la mafia ha rappresentato per gli alunni un monito a continuare l’impegno morale e civico contro la logica del sopruso, del privilegio, dell’arroganza, l’impegno a mantenere viva la memoria e a fare in modo che le idee di giustizia e di pace possano ancora “camminare”, facendosi strada tra le nuove generazioni.

L’itinerario si è articolato in due giornate intensive (30 e 31 marzo), in cui gli studenti sono stati guidati lungo un percorso che ha consentito loro di attraversare in lungo e in largo l’intera città di Palermo, per mezzo di un pullman della Polizia di Stato, partendo dalla zona di Brancaccio, in cui è stato ricordato l’impegno e la coerenza di don Pino Puglisi e concludendo con la visita del sito della strage in cui Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e la scorta persero barbaramente la vita.

L’esperienza del “Se vuoi…” è stata ancora più significativa poiché si è incentrata sul racconto e sulle narrazioni di testimoni diretti dei fatti, che gli studenti hanno incontrato, durante il percorso, e che hanno dato voce alle storie di alcune vittime di mafia ancora oggi poco note, ma che pure affiancano quelle dei grandi magistrati Falcone e Borsellino e di altri ancora. E’ così, allora, che accanto alle storie più note sono state ricostruite quelle in cui estorsioni, intimidazioni mafiose, ricatti, prevaricazioni e minacce hanno rappresentato la cornice drammatica,. in cui tante persone sconosciute hanno perso la vita per mano mafiosa.

La narrazione delle “piccole storie” antimafia comincia, quindi, dalla testimonianza toccante della figlia di un imprenditore, di cui manteniamo in questa sede l’anonimato, barbaramente ucciso, nel 1970, dalla mafia esperta nel narcotraffico e dedita agli affari della malavita organizzata; prosegue poi con quella di un imprenditore palermitano, che dopo tanti anni di soprusi e di pagamento del pizzo, ha deciso con tutta la sua forza di ribellarsi alla mafia per tutelare i diritti dei suoi dipendenti, l’amore e l’affetto per i propri figli e la propria famiglia. Nello studio professionale di quest’ultimo cala il silenzio totale quando gli alunni sentono dal vivo che l’imprenditore precisa che il pagamento di quel denaro agli estortori gli aveva provocato la perdita di più di 200 dipendenti, poiché i soldi destinati ai salari dei lavoratori dell’azienda gli servirono per pagare il pizzo. Avere il coraggio di denunciare non è cosa semplice -dice l’imprenditore agli studenti- ma certamente ne vale la pena: è come nascere una seconda volta, è vivere con dignità.

Alla fine del percorso una testimonianza inaspettata, la più avvincente, la più commovente, ci viene restituita dall’agente, caposcorta del giudice Falcone, che con la sua personale storia di vita umana e professionale ha ricostruito una pagina luttuosa della nostra Sicilia, rivelando alcuni retroscena della terribile strage di Capaci. Nel sito della memoria, sotto il monumento dedicato alle vittime della strage, l’atmosfera si fa partecipata: gli sguardi di tutti s’intrecciano in un colpo solo, le lacrime di commozione sgorgano quasi incontrollabili di fronte alle parole toccanti di chi ha sfiorato la strage forse per la sorte di un destino che si stenta ancora a comprendere nella sua interezza. L’agente dice agli studenti: «quello che mi ha spinto a fare questo lavoro è il fatto che Falcone, differentemente da altri, era un magistrato che faceva di tutto per cambiare la società, per realizzare qualcosa che desideriamo tutti: la libertà; perciò ne valeva la pensa stare al suo fianco».

Posizionati vicino al cunicolo usato per piazzare il tritolo, abbiamo imparato qualcosa di molto importante -dicono alcune studentesse della quarta B- che ci riconduce alla responsabilità e al rischio che si corre quando si vuole essere coerenti fino in fondo. La coerenza però non può continuare ad avere questo prezzo! Gli studenti hanno toccato con mano il valore del lavoro degli operatori di polizia; essi svolgono in modo ordinario, giorno dopo giorno, chiudendo la porta della propria abitazione, quello che dall’opinione pubblica e dai mass media viene percepito come un episodio straordinario, di eccezione, di cui si parla solo nella drammatica ricorrenza di fatti luttuosi.

Gli studenti delle classi quarte del liceo scientifico “Emanuele Basile” di Monreale e i docenti ringraziano gli operatori della Squadra Mobile di Palermo, per aver donato questa opportunità indimenticabile.