Ci stiamo mettendo il cuore, ma la didattica in presenza avrà sempre la meglio

Finita l’emergenza, sarà bene riflettere sui risultati di questo forzato esperimento sociale, su quanto e cosa va recuperato e riproposto

MONREALE, 11 aprile – In questo tempo strano che stiamo attraversando, in questo tempo di sospensione in cui stiamo sperimentando che non tutto è sempre scontato, che non tutto è sempre dovuto, il cambiamento più radicale sicuramente è avvenuto nel delicato processo di interazione sociale a tutti i livelli.

Nei rapporti interattivi rientrano anche le dinamiche d’insegnamento-apprendimento che, nel bene e nel male, docenti di tutte le età e di tutti gli ordini di scuola, hanno cercato di salvaguardare, attivando modalità più o meno sofisticate, più o meno tecnologiche. “Ci stiamo mettendo il cuore”, dicono gli insegnanti, e, secondo me, anche un po’ di fegato e di intestino. Perché è chiaro che “lasciare compiti” è la parte più semplice del processo, ma è altrettanto chiaro che dietro a tale assegnazione c’è un vero e proprio lavorio mentale che ha messo in crisi finanche il docente più navigato. Trovare il giusto metodo, il modo di raggiungere tutti i ragazzi (#nonunodimeno), l’equilibrio fra il quanto e il quando, la piattaforma più completa o semplicemente il modo più semplice di avere e dare feedback, hanno caratterizzato le prime settimane di questa ormai nota didattica a distanza.

Adesso che le scelte di fondo sono state vagliate e selezionate, i docenti hanno ripreso in mano le redini del processo e proseguono con meno intoppi in questo mare virtuale dell’apprendimento a distanza. Uso di proposito l’espressione “mare virtuale” perché gli insegnanti lo sanno bene che, per quanti sforzi, link, tutorial, video lezioni e video conferenze possano mettere in campo, il risultato non sarà mai lo stesso della didattica in presenza dove “il prendere per mano” l’alunno e condurlo al successo formativo è sicuramente più semplice e, in particolar modo, è sicuramente più controllabile. La sensazione di sentirsi immersi, forse, dipende proprio da questo: il docente, in questo momento, non ha quel feedback immediato che gli fa capire, anche con un semplice sguardo, di essere arrivato alla mente e al cuore di ciascuno. Deve fidarsi dei dati oggettivi restituiti, dopo aver scremato le interferenze parentali su quanto viene consegnato. Perché, soprattutto nella scuola primaria, il processo è senz’altro mediato dagli strumenti tecnologici ma è pure ri-mediato dai genitori, che sono il tramite tra bambini e insegnanti. Questi genitori, che per anni hanno costituito l’altra parte della barricata, adesso sono i nostri più fidati alleati, quelli che ci permettono di arrivare ai bambini (soprattutto a quelli più piccoli) e quelli che, per conto nostro, dicono ai figli cosa fare, cosa studiare e soprattutto come. Il cambio di prospettiva non è irrilevante e presuppone un rapporto di fiducia reciproco ancora più intenso rispetto al fare scuola in modo tradizionale.

Questo tempo da Covid-19 ci ha messo a dura prova, ma ha contribuito a far emergere in ognuno di noi risorse di cui, forse, ignoravamo l’esistenza. Così, sempre più spesso, il web è testimone di un’esplosione di attività innovative che, grazie alle tecnologie, costruisce ponti e legami laddove l’emergenza sanitaria aveva creato isolamento e separazioni. Anche in questo un ruolo attivo l’hanno avuto gli insegnanti che si sono fatti promotori di lodevoli iniziative in cui la cooperazione a distanza si è trasformata in manifesti di colorata armonia.
Finita l’emergenza, sarà bene riflettere sui risultati di questo forzato esperimento sociale, su quanto e cosa va recuperato e riproposto anche quando gli alunni saranno nuovamente seduti fra i banchi, su quanto proficuo sia stato questo tempo in cui sono state abbattute le barricate sociali e su quanto più utile sia per tutti, quando si tratta di minori e di educazione, ritrovarsi tutti dalla stessa parte.