La nostra giornata al Cnr di Palermo

"E' stata un'esperienza entusiasmante e molto significativa"

MONREALE, 9 febbraio - Giornata entusiasmante per noi studenti della classe 5A del liceo scientifico di Monreale, che, accompagnati dalla professoressa Maria Rita Fedele, con cui da tempo siamo impegnati in percorsi di formazione bioetica, abbiamo avuto la possibilità di vivere un’esperienza di ricerca eccezionale e molto significativa al Cnr di Palermo.

Il Cnr è un ente pubblico di ricerca supervisionato dal MIUR e presente a Palermo dal 1968 con ben otto istituti o Unità Operative di Supporto, tra cui l’IBIM, Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare, che svolge attività incentrata sulle biotecnologie, studiando anche il differenziamento cellulare normale e patologico.

Un centro, dunque, che nel promuovere e sostenere la ricerca, riveste un ruolo di rilievo nell'avanzamento del progresso scientifico. Giunti nella sede, abbiamo partecipato all’incontro con la dottoressa Marta Di Carlo, biologa molecolare, che ha ricostruito brevemente la storia dell’istituto, dicendo che esso nasce il 18 novembre del 1923, vede il suo sviluppo negli anni della guerra e, come suo secondo presidente, Guglielmo Marconi, figura esemplare della ricerca scientifica. Nello specifico, gli specialisti, che lavorano in équipe, ci hanno illustrato con grande professionalità, gli organismi su cui effettuano le loro sperimentazioni. Tra questi, quelli che hanno suscitato maggiormente la nostra attenzione sono il riccio di mare e il topo, sul quale hanno condotto trattamenti per valutare se l'obesità sia direttamente connessa a dei processi neuro-degenerativi.

Il riccio di mare, invece, analizzato per la sua fisiologia analoga a quella umana, ci ha permesso di conoscere e osservare dal vivo la nascita di un nuovo organismo, ripercorrendo le tappe dello sviluppo embriologico dell’animale. In questo caso, è stato sorprendente notare l'azione di numerosi spermatozoi, che si avvicinano, come se fossero attratti da un magnete, alla cellula uovo, la quale, per impedire il processo di polispermia, si protegge sollevando una membrana che consente così solo ad un solo spermatozoo di inserirvisi, lasciandone fuori tutti gli altri. Solo uno spermatozoo, quindi, in accordo alle leggi genetiche, riuscirà a legarsi alla membrana e iniettare il suo DNA.

Ancor più significativa, a nostro parere, è stata l'esperienza dell'estrazione del DNA. L'oggetto preso da noi in esame è il DNA plasmidico, che presenta una struttura circolare ed è capace di replicarsi in maniera autonoma differentemente dai batteri. Tale funzione, sfruttata dall'ingegneria genetica, ha permesso di mettere all'interno del plasmide geni che codificano determinate proteine, basti guardare l'insulina.

Muniti di appositi strumenti predisposti all’uopo dagli specialisti del Centro, ci siamo prefissati di raggiungere l’obiettivo di eliminare da un batterio questo plasmide, che una volta isolato dal resto delle componenti batteriche, viene fatto correre all'interno del gel di agarosio; la tecnica, che permette la separazione di frammenti di DNA o RNA da una miscela complessa, viene detta “elettroforesi su gel”. Inoltre, abbiamo potuto vedere come il gel di agarosio permetta la separazione di molecole di grande dimensione. Il caricato è stato, infine, inserito in un pozzetto nel quale abbiamo potuto osservare 3 bande corrispondenti alle 3 forme di avvolgimento del plasmide.

Al di là di queste annotazioni di carattere puramente scientifico, è significativo notare come quest'esperienza abbia destato in noi un profondo entusiasmo e abbia incrementato la nostra passione per quelle cose che, se lette solamente sui libri di testo, rimangono semplici e meccaniche nozioni da imparare a memoria, per procurarsi un buon voto o semplicemente per assolvere ad un dovere scolastico. Tornati in aula, abbiamo valutato, poi, alcune implicazioni bioetiche che si legano a tali sperimentazioni; sappiamo bene, infatti, che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche moralmente lecito. La tecnologia del DNA ricombinante, che ha trovato un largo impiego nella produzione di biofarmaci, comprendenti per esempio proteine, enzimi, anticorpi monoclonali, ha permesso di trattare molte patologie come tumori, malattie infettive e autoimmuni, malattie cardiovascolari e altre ancora, ma a fini terapeutici le metodiche come la terapia genica e la produzione di animali geneticamente modificati (ottenibili anche attraverso processi di clonazione) sembrano sollevare dubbi etici di forte rilievo.

La bioetica, infatti, non si occupa solo delle questioni connesse alla vita dell’uomo, ma allarga lo sguardo anche alla liceità o illiceità che riguardano gli interventi e i trattamenti degli animali. Anche la vita degli animali, la loro diversità biologica, il loro valore e i loro diritti rientrano nelle questioni che abbiamo affrontato in classe. Ben diversi poi i problemi etici posti dalla terapia genica germinale.. La Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina (1997) ha proibito in generale ogni intervento sul genoma umano, tranne che per ragioni preventive o terapeutiche. Dal punto di vista bioetico, la terapia genica germinale altera il diritto di ogni essere umano di nascere con un patrimonio genetico non manipolato e viene di fatto a coincidere con pratiche eugenetiche inconcepibili a carico di esseri umani. Tanti secoli fa, il filosofo Platone sosteneva che una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta e noi oggi possiamo sostenere a gran voce che una ricerca senza l’etica non è più sostenibile per la tutela della vita umana sulla terra

*studentesse della VA del liceo scientifico  "Emanuele Basile"