Cari compagni, l’alba dopo gli esami sarà la più bella che abbiate mai visto

Una maturanda del liceo di Monreale parla della sua esperienza

Le emozioni, nel corso degli ultimi giorni, sono state molteplici: tanta ansia, tante domande, tante preoccupazioni, poche certezze. Dopo oltre un anno di Dad, sostenere un esame in presenza destava nell’animo di noi alunni tanta angoscia.

Pian piano, ci siamo abituati all’idea di sostenere l’esame dopo un periodo così difficile, nel quale qualcuno di noi ha perso un proprio caro e/o un proprio amico a causa di un virus tanto invisibile quanto distruttivo.
Un grazie va ai nostri professori, i quali non ci hanno mai abbandonato e ci hanno sempre trasmesso tanta forza e tanto coraggio rendendosi sempre disponibili nei nostri confronti, ascoltando i nostri pensieri e le nostre paure che per noi rappresentavano piccoli/grandi drammi.
La paura di fallire era immensa: io stessa ho vissuto questa sensazione di terrore sino a pochi minuti prima dell’esame. Si, è vero, pensavo di aver rimosso tutto, pensavo che in quest’anno il mio percorso fosse stato vano eppure una volta seduta ho ricordato tutto e, nonostante l’ansia, ho ritrovato le certezze che pensavo di aver smarrito.

Quello che mi sento di dire ai ragazzi che nei prossimi giorni svolgeranno l’esame è che, è normale avere la paura di non farcela. Lo so, vi capisco bene, ma vi assicuro che una volta seduti su quella maledettissima ma tanto bramata sedia, andrete spediti e vi prenderete i vostri meriti.
Ragazzi, state sereni. Veramente. Mi raccomando, ragazzi, godetevi la vostra notte prima degli esami, è una notte magica ricca di emozioni e di speranza. Non me ne vogliate, ma l’alba dopo questa magnifica notte sarà l’alba più bella che abbiate mai visto, ve lo assicuro. Non dovete dimostrare niente a nessuno se non a voi stessi e sono certa che darete il meglio di voi.

Non pensate al numero con il quale uscirete, voi non siete un numero, noi non siamo un numero. So che il “non siete un numero” è una frase detta e ridetta, ma è realmente così: la nostra persona non è definita da un 60 o da un 100 ma dai nostri valori, dal nostro bagaglio culturale, dalla nostra educazione ma soprattutto dalle speranze che riponiamo verso il nostro futuro.
Detto questo, Ad Maiora.