Settantuno anni fa la tragedia di Superga

La lapide sulla collina di Superga posta nel luogo dove si schiantò l'aere che trasportava il Grande Torino

Scompariva per sempre il "Grande Torino", la squadra che era già leggenda nel primo dopoguerra

TORINO, 4 maggio – L'aereo avrebbe dovuto compiere il suo atterraggio alla Malpensa. Li', infatti, il "Conte Rosso", il famoso pullman societario del Torino, aspettava la squadra ed i suoi accompagnatori. Ed invece, al ritorno da Lisbona, dove la formazione granata aveva disputato una partita amichevole con il Benfica, improvvisamente il pilota decise di dirottare sull'aeroporto torinese di Caselle.

Il vero motivo di quella scelta non si e' mai saputo. Forse anche questo contribuisce a creare un alone di mistero attorno al Grande Torino. Fatto sta che improvvisamente l'aereo si trovo' in balia di una bufera, proprio mentre sorvolava la basilica di Superga, sulla collina che sovrasta la citta' di Torino. L'impatto fu tremendo. Nessuno si salvo' per un bilancio tragico di trentuno morti, tra giocatori, tecnici, dirigenti vari, giornalisti e uomini dell'equipaggio. Quel fatidico, tragico 4 maggio 1949 si concluse l'epopea del "Grande Torino", ma proprio quel giorno nasceva la leggenda di una squadra invincibile Il giorno dei funerali tutta l'Italia si fermo' per un minuto, in ricordo di una formazione leggendaria. La Federcalcio stabili' che le squadre che avrebbero dovuto affrontare i granata nelle ultime quattro giornate che rimanevano al completamento del campionato 48-49 schierassero le loro formazioni giovanili. I ragazzi del Toro conservarono il margine di vantaggio accumulato dalla squadra scomparsa e conquistarono il sesto scudetto della storia torinista.

Gli appassionati di calcio con i capelli bianchi conservano sempre, ancora oggi, a distanza di 71 anni, un posto nel loro cuore per la squadra del "Grande Torino". Qualunque sia la loro fede calcistica. Quella granata era una squadra che riempiva gli stadi e che ancor prima della famosa tragedia di Superga navigava gia' nella leggenda. I nomi si ricordano solo per dovere di cronaca, ma spesso e' realmente superfluo.
L'artefice di quell'epopea fu il presidente Ferruccio Novo. Industriale torinese, appassionato di calcio e tifoso instancabile. Novo rilevo' la proprieta' della squadra da Giambattista Cuniberti e ben presto costrui' un'invincibile armata. A guidare la squadra dalla panchina era prima il tecnico Kutik, ma quello a cui si legano le imprese leggendarie del "Torinosette" fu Luigi Ferrero, bravo non soltanto dal punto di vista tattico, ma capace soprattutto di amalgamare un gruppo formato da giocatori molto diversi sul piano temperamentale.
Le vittorie ce le ricorda l'albo d'oro del nostro massimo campionato di calcio: cinque scudetti di fila, dalla stagione 42-43 a quella disgraziata 48-49, con la sola interruzione del '44, quando per motivi bellici, il campionato fu sospeso, sostituito dal campionato di guerra dell'alta Italia, vinto dai Vigili del Fuoco di La Spezia. Ma al di la' di questo il Torino era sinonimo di spettacolo, di bel calcio e di reti a grappoli.
Il modulo allora veniva chimato "WM". Oggi, nell'epoca delle formulette tattiche, verrebbe assimilato ad una sorta di 3-4-3.Tre difensori davanti al portiere Bacigalupo: due larghi sulle fasce (Ballarin e Maroso) ed uno stopper al centro (Rigamonti). A centrocampo quattro uomini a quadrato: Grezar e Castigliano davanti la difesa, con Loik e Mazzola piu' avanzati. Ed in attacco tre pedine, con due ali ed un centrattacco: Menti ed Ossola (con l'alternativa di Ferraris II) sulle fasce e Gabetto al centro.

Le curiosità. Quando il destino degli uomini si racchiude in duecentocinquanta mila lire. Proprio cosi'. Una cifra oggi risibile, ma che piu' di mezzo secolo fa poteva fare la differenza. Ezio Loik e Valentino Mazzola, formidabili interni di centrocampo di quella grandissima squadra, giocavano nel Venezia. E su di loro la Juventus aveva gia' messo gli occhi, contando di impinguare ancora il suo bottino di vittorie che gia' cominciava a diventare cospicuo. L'offerta al club lagunare fu sostanziosa: un milione di lire per il duo delle meraviglie. Ma con un colpo a sorpresa il presidente dei granata Ferruccio Novo rilancio' fino ad un milione e duecentocinquanta mila lire, come dire: uno sproposito per battere la concorrenza dei "cugini" bianconeri ed aggiudicarsi la proprieta' dei giocatori. E l'ingaggio? Ben ottanta mila lire a testa, diconsi ottanta, per la coppia del centrocampo granata. L’epoca di Messi e CR7 e dei loro ingaggi faraonici era decisamente lontana.