Ha vinto Hamilton? No, ha vinto Grosjean

Il pilota francese "miracolato" dopo il terribile impatto e l'incendio che ne è scaturito

Se c’è un momento bello nella monotonia di una settimana, è quello degli attimi del pre-gara. Lì, dove l’adrenalina e l’ansia si mischiano per creare un cocktail perfetto per preparare sia noi che loro, i piloti, attori protagonisti di uno spettacolo totale, fatto di vittorie e sconfitte, di glorie e delusioni.

Saluti i meccanici, abbassi la visiera, i semafori si spengono. Lì per lì non pensi a nulla, non pensi alla strategia, non pensi a quale mappatura mettere per la partenza; pensi solamente ad una cosa: vedere per primo la bandiera a scacchi.
E, pronti via, si parte. Qualche contatto nelle prime curve e poi il vuoto. Si intravede un’esplosione, cosa inusuale data la sicurezza delle auto odierne. Pezzi di macchina che camminano per la pista. L’inconfondibile voce di Carlo Vanzini rotta per lo spavento che urla un “No, Noo!” che gela il cuore.
Vedi le macchine rientrare, provi a capire cosa è successo, chi è il pilota coinvolto, un alone d’ansia e addirittura di senso di colpa affligge te e i ragazzi per i quali fai il tifo, ormai scesi dalla macchina in attesa di notizie dopo aver visto dagli specchietti quella palla di fuoco impazzita.
La dinamica poco importa in casi del genere. Colpa mia, colpa tua, è ininfluente. Uno scatto a destra e poi il vuoto, il contatto col guardrail, l’incendio che divampa. Ed è in momenti come questi che pensi, metti in dubbio tutta la tua vita, indetta da un’unica passione: vincere. Pensi che queste cose non accadono, o non ti accadono, che fanno parte del passato, che l’unica cosa è tenere giù il piede destro fino a quando è possibile. Inseguendo una speranza, un sogno, il sogno.

Lo stesso sogno che Romain Grosjean stava vedendo sfumare intrappolato dentro la sua Haas in fiamme (o ciò che di essa rimaneva), lo stesso sogno che si è tramutato in un uomo, Alan van der Merwe, il pilota della Medical Car, che con le sue mani ha dato vita, speranza, respiro, sia al francese col numero 8, sia a tutti noi, che, vedendo Romain fuori, quasi sano ma sicuramente salvo da tutto questo, ci siamo dati ad un applauso liberatorio che ha smorzato quegli attimi di paura pura, regalandoci aria fresca dopo attimi da inferno puro.
Lo stesso inferno che Romain ha battuto, facendoci capire che il DNA del pilota è questo, alieno, duro a morire. E oggi la gara sarà anche passata in referto con la solita vittoria di Hamilton, ma se oggi ha davvero vinto qualcuno, ha vinto Romain.
Hanno vinto le misure di sicurezza super meticolose della FIA, ha vinto Alan, ha vinto il telaio della Dallara e il tanto discusso quanto necessario Halo. Ha vinto lo sport. Ha vinto la vita, ancora una volta. Ed è questa la cosa più importante.

 

 

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