Quante volte l’abbiamo detto (o ascoltato)!... - VIII puntata -

Detti siciliani sul tema delle “possibilità o dell'impossibilità”

Cari amici,
riprendiamo dopo tanto tempo la riflessione sui modi di dire siciliani presenti sul territorio monrealese, ispirandoci al tema delle “possibilità o impossibilità” e quindi analizzando le nostre reazioni linguistiche di fronte a questi due aspetti delle circostanze della vita. 

  Come sempre la metafora furoreggia nel linguaggio figurato. 

1)     Acchianari mura lisci – Scalare muri lisci. In italiano diremmo "arrampicarsi sugli specchi", ma l'espressione sottolinea solo la difficoltà dell'impresa, mentre la locuzione siciliana si adopera anche per le persone che al colmo dell'ira sembrerebbero capaci di un simile miracolo. 

2)     Ammucciari u suli ca riti – Nascondere il sole con una rete.

ma anche

      Ammuttari u suli ca scupa – Spazzare via un raggio si sole (dal terreno) con la scopa. Si intende che i due tentativi oltre che ridicoli sono impossibili.

 3)     Attaccarici a ciancianedda a atta – Attaccare il campanellino alla gatta.
La frase indica un compito difficile e sgradito. Pare che abbia origine dalla favola dei topi che, afflitti da un terribile gatto, riuniti in assemblea cercarono rimedio ai loro mali, arrivando alla conclusione che sarebbe bastato attaccare un campanello al collo del gatto, perché il suono ne avrebbe rivelato l'avvicinamento e avrebbe consentito ai topi di fuggire in tempo. L'esperienza di un vecchio topo smorzò gli entusiasmi con la frase: "E cu ci l'attacca a ciancianedda a atta?" Si dice per le proposte ad effetto, ma avventate.

 4)     Aviri i vertuli chini e a panza vacanti – Avere le bisacce piene e la pancia vuota.
Cioè non potere usufruire dei beni che si possiedono. Si dice per quelle persone che per colpa propria o altrui non possono disporre delle loro risorse o godere dei loro diritti.

5)     Cchiù scuru ri menzannotti un po' fari – Più buio di mezzanotte non può fare.
Come dire che peggio di così non può andare. I tempi che corrono rendono più che mai attuale il detto.

6)     Ci vinniru i scarpi stritti – Gli son venute le scarpe strette.
Così sono sopravvenute difficoltà e ristrettezze improvvise.

7)    Cu po' e nun fa mori scuntentu – Chi può fare e non fa muore scontento.
Cioè chi non profitta delle possibilità che ha, per irresolutezza o per ignavia, è destinato a morire pieno di rimpianti.

8)  Fari viviri u sceccu pi forza – Fare bere un asino per forza.
Impresa assurda perché la testardaggine dell'asino è invincibile. Si dice anche :

      Quannu u sceccu un voli viviri ammatula friscari.
Il fischio è usato come segnale per indurre a bere un asino assetato; diventa inutile in caso contrario.

9)  A casa capi quantu voli u patroni – La casa contiene quanto vuole il padrone.
Ossia: la capacità di ospitalità della casa dipende dalla buona volontà del padrone. Ma il concetto si può estendere ad altre circostanze dipendenti dalla reale volontà dei soggetti operanti.

10) A pignata 'n cumuni un vugghi mai – La pentola in comune non bolle mai.
E' una considerazione realistica sulle difficoltà di mettersi in società con altri o di concertare operazioni collettive. Letteralmente significa che quando molti aspettano il bollore della pentola, alzano spesso il coperchio e così ritardano il tempo di ebollizione dell'acqua.

Continueremo un'altra volta la nostra ricerca appassionata nella miniera della lingua (e giù un'altra metafora!)

  (continua)