Giovanni Maria Comandè, scrittore e commediografo dalla vita difficile

Ricca la sua produzione, morì suicida a Roma nel 1933

MONREALE, 24 marzo - Nasce a Monreale il 26 agosto del 1882 da Giacomo e Teresa Maria Mammina; svolge gli studi presso il Seminario Arcivescovile della cittadina normanna, dove si distingue per intelligenza, profitto e generosità.

Forse anche incoraggiato dallo zio Ignazio, prete, intraprende la carriera ecclesiastica a 24 anni è ordinato sacerdote. Evidentemente privo di autentica vocazione, non rimane tuttavia per molto tempo in abito talare; abbandonato il clero, compie il servizio militare e partecipa poi come ufficiale, con il grado di tenente, alla prima guerra mondiale, rimanendo ferito nel corso di una delle battaglie a cui si trova a prendere parte.

Conclusa l'esperienza nell'esercito, decide di riprendere gli studi e consegue la laurea in lettere all'Università di Palermo, città frattanto nella quale si è trasferito con la propria famiglia. Comandé viene quindi assunto come collaboratore e redattore letterario presso la prestigiosa casa editrice fondata nel capoluogo siciliano nel 1839 dal veneto Decio Sandron, alla cui morte era subentrato il figlio Remo.

Inizia in questo modo la sua attività letteraria, curando la redazione di vari testi scolastici e collaborando con il quotidiano "L'Ora", che pubblica a puntate il suo romanzo storico intitolato "Zagara e armi ovvero i ribelli della Conca d'Oro". Scrive racconti, romanzi, novelle, bozzetti, composizioni in versi e si dedica intensamente sin dai primi anni '20 anche al teatro, componendo commedie e drammi sia in lingua italiana che in dialetto siciliano.

Entra in rapporti di amicizia con i noti attori catanesi Angelo Musco e Giovanni Grasso, per i quali scrive rispettivamente la commedia "Carulina, statti a postu" ed il dramma "Palummi muti", entrambi in tre atti. Notevole successo di pubblico incontrano le sue opere in siciliano "Rusignolu" e "Lu joviri di cummàri".

Purtroppo la casa editrice Sandron nel 1932 chiude i battenti: Giovanni Maria Comandé si ritrova di conseguenza senza occupazione e decide allora di trasferirsi a Roma, ritenendo che i successi letterari e teatrali sino a quel momento ottenuti in Sicilia potessero consentirgli di affermarsi anche in ambito nazionale. Nella capitale scrive la commedia in tre atti "La signora di dieci giorni". Le cose però non vanno per come aveva sperato: in preda allo sconforto, si suicida l'11 marzo del 1933 gettandosi disperato nelle acque del Tevere.

L'opera più celebre del Comandé è senza dubbio il romanzo ambientato a Monreale "Don Giovanni Malizia", edito nel 1930 da Remo Sandron e ripubblicato nel 1999, su iniziativa dell'Accademia Siculo-Normanna, dall'editore palermitano Bruno Leopardi per la collana "Classici della cultura siciliana".

Secondo il professore Salvo Zarcone, docente universitario di letteratura italiana a Palermo, quest'opera "nella linearità dei suoi procedimenti narrativi, contiene al proprio interno una molteplicità di forme del racconto che si organizzano intorno a tre temi principali: il mondo contadino e l'esaltazione del paesaggio siciliano, in particolare quello monrealese, la storia dei decenni a cavallo dell'unificazione e della transizione a forme statuali stabili ed efficaci e, infine, il passaggio da una mafia 'buona' e preindustriale alle forme di organizzazione criminale moderna".