Quella battuta di caccia era regolare, monrealese assolto dalle accuse

Il tribunale di Palermo mette fine ad una vicenda che durava da sette anni

MONREALE, 19 aprile – In quella zona era consentito cacciare e la licenza venatoria faceva sì che non occorressero ulteriori autorizzazioni. Con queste motivazioni, sostanzialmente, è stato assolto M.C., monrealese di 60 anni, denunciato durante una battuta di caccia a Giacalone di sette anni fa.

A pronunciarsi in tal senso è stato il giudice monocratico Alessia Lupo, della terza sezione penale del tribunale di Palermo, che ha assolto il cacciatore perchè il fatto “non sussiste”. Si conclude positivamente per l'uomo, quindi, una vicenda giudiziaria per la quale la difesa ha rinunciato pure alla prescrizione, che nel frattempo era sopravvenuta.

Quel mercoledì 28 settembre del 2016, M.C. Mentre si trovava a Cozzo Ingrassia, nei pressi di zona Barone a Giacalone, aveva avvistato un coniglio al quale aveva sparato, colpendolo. Quello sparo, però, fu udito da una pattuglia dei carabinieri, che si trovava nei pressi per tutt'altro. I militari, quindi, mentre i cani riportavano la preda, raggiunsero il cacciatore, appurando la regolarità dei suoi permessi, ma contestandogli il fatto di aver esploso un colpo d'arma da fuoco in una zona adiacente la pubblica via ed anche il fatto che per farlo non avesse la necessaria licenza rilasciata dalla locale autorità.
Per questo motivo lo denunciarono, ponendogli le armi sotto sequestro. Un provvedimento cui fece seguito pure la sospensione del porto d'armi sancita dal prefetto.

In sede di processo, però, l'uomo, assistito dall'avvocato Piero Capizzi, è riuscito a dimostrare di non trovarsi su una pubblica via, ma in una zona interpoderale sulla quale l'attività venatoria è da sempre praticata e soprattutto che la sua licenza d'uso alla caccia era da considerare una deroga ai normali permessi che regolano le attività di esplosione di polvere da sparo.
Particolarmente soddisfatta la difesa che, rischiando, aveva optato per rinunciare alla prescrizione, provvedimento che, pur non gravando sul cacciatore dal punto di vista penale, gli averebbe cagionato il divieto di utilizzare le armi per fini di caccia. “E' stata resa giustizia ad un innocente – ha affermato l'avvocato Capizzi – e soprattutto tranquillità ad un uomo che potrà regolarmente continuare a coltivare la sua passione venatoria, consapevole di aver agito nel rispetto delle leggi”.