San Cipirello, la moglie del presunto boss querela il sindaco

Il sindaco di San Cipirello, Tonino Giammalva

La donna non ha gradito le esternazioni di Giammalva sul marito, Salvatore Mulè

SAN CIPIRELLO, 26 maggio – Il sindaco fa il nome della “famiglia reggente” e la moglie del presunto boss lo querela per diffamazione. Tre giorni fa, in occasione di un convegno dell’Auser dedicato alla memoria di Giovanni Falcone, il primo cittadino Tonino Giammalva aveva pronunciato questa frase: “La mafia a San Giuseppe Jato e San Cipirello esiste ancora ed è rappresentata dalla famiglia Mulè. Chi fa il sindaco ha il dovere di dire chi sono i mafiosi ed è quello che chiedo di fare anche ai prossimi sindaci”.

L’11 giugno si voterà per le comunali. Ma Giammalva, giunto al secondo mandato, non è tra i candidati. Quella sua frase, che infrange la retorica delle commemorazioni, non è però piaciuta a tutti. E sembra che qualcuno, con l’aggravante di qualche aggiunta, l’abbia riferita ai familiari della signora Lucia Oddo, 39 anni moglie di Salvatore Mulè. Il quarantenne pastore arrestato nel 2013 durante l’operazione “Nuovo mandamento” perché ritenuto il reggente di San Giuseppe Jato. L’uomo, condannato nel 2016 in Corte d’Appello, sta scontando 17 anni di carcere. E lo scorso anno i carabinieri sequestrarono a lui e ad alcuni suoi familiari beni per circa 500 mila euro. “Al di là della presunta frase offensiva a me attribuita – fa notare Giammalva -, il fatto di rilievo che lascia sgomenti è la reazione spropositata della signora che sfida le istituzioni”.

L’indomani del convegno la moglie di Mulè si era, infatti, recata al Comune in cerca del sindaco. E ieri mattina è arrivata la notizia della querela contro Giammalva presentata nella locale stazione dei carabinieri. “In sede giudiziaria – dichiara il sindaco - si avrà modo di esaminare le mie responsabilità alla luce di un video registrato durante il mio intervento. Credo che si voglia mettere a tacere la verità, che non è mia, ma è quella contenuta negli atti processuali. Perché a San Cipirello c’è la mafia, fa affari, controlla il territorio ed uccide i nostri ragazzi con i suoi interessi nella gestione della vendita di droga”. Ad assistere la famiglia Mulè è da anni l’avvocato Antonio Di Lorenzo: “Ho ricevuto una lamentale da parte della moglie del mio assistito – racconta il legale -. Ma non conosco ancora nel dettaglio la vicenda. La querela è stata, infatti, una sua decisione. Ma sulle accuse di “mafiosità” rivolte a Mulè posso dire che non c’è una sentenza definita perché siamo in attesa di un terzo grado di giudizio”. Il primo cittadino Giammalva è convinto che dietro la denuncia ci sia una mano locale: “Qualcuno vuole avvelenare il clima politico creando confusione per intimidire – sostiene il sindaco - ed istiga chi non c’era, non ha potuto ascoltare ma diventa strumento inconsapevole di una “tragedia” a sfondo elettorale. Per questo informerò la Commissione Regionale Antimafia ed il Prefetto”.

Da tre anni in paese si registra un clima tesissimo. Da quando, al culmine di uno scontro politico in maggioranza, sei consiglieri si dimisero in aperta polemica col sindaco. Era il 2014 e nelle stanze della politica locale circolarono voci di ipotetiche indagini che scatenarono una «psicosi scioglimento». Poi non accadde nulla. “Il Comune di San Cipirello – ci tiene a sottolineare il sindaco - si è costituito parte civile negli ultimi processi impiantati contro la mafia del nostro territorio. Perché è inammissibile una posizione neutra”. Ed il primo cittadino uscente rivolge anche un appello ai candidati: “L’onta più infamante che potreste gettare sul vostro paese è lo scioglimento del Consiglio per infiltrazioni mafiose. Ed è triste la consapevolezza che ancor oggi parte del tessuto politico è colluso, ossequioso e con notevoli zone d’ombra”.

 (fonte: vallejatonews.it)