Straziante momento in cattedrale nel corso dei funerali
MONREALE, 2 maggio – Raramente e da tanto tempo Monreale non viveva momenti di così alta commozione e disperazione per piangere qualcuno dei suoi figli, vittima di una fine ingiusta ed atroce.
A nostra memoria ricordiamo i funerali di Antonella a Giovanni Pinocchio, scomparsi nella strage di Ustica del 27 giugno 1980, quelli del capitano Mario D’Aleo, freddato nell’agguato di via Scobar il 13 giugno 1983 o quelli del vicebrigadiere Domenico Intravaia, vittima del tritolo iracheno in quella che è passata alla storia come la “strage di Nassiriya” del 12 novembre 2003.
L’elenco, purtroppo, si è allungato oggi, quando tutta la città si è fermata, con le saracinesche dei negozi abbassate in segno di lutto, per dare l’ultimo saluto a tre ragazzi, che sabato sera erano usciti da casa per trascorrere una serata tra amici e che non vi hanno più fatto ritorno.
Lo strazio è stato enorme e trattenere le lacrime è stato praticamente impossibile. Al momento dell’ingresso dei tre feretri piangevano tutti. E se le parole del vescovo hanno indotto tutti alla speranza, quelle dei familiari che hanno avuto la forza di prendere la parola al termine della funzione, hanno affondato il dito su una piaga che brucia tanto sulla pelle di tutta la città.
“Chiediamo giustizia – ha gridato Ilenya Galante, cognata di Andrea Miceli, moglie del fratello Giuseppe – Come è possibile che non ci fosse nemmeno una pattuglia?”. Poco prima la donna aveva fatto un appello ai giovani: “Se provano a rubarvi il motorino o il telefonino, allontanatevi, andate via. Salvare la propria vita è più importante”.
Carico di dolore e di rabbia anche il messaggio lanciato da Marco Pirozzo, fratello di Massimo “Masino” Pirozzo, uno dei tre ragazzi uccisi. “Poco fa sentivo parlare di perdono – ha detto al microfono – ma io mi chiedo: come si fa a perdonare? Come si perdona una cosa del genere. Mi auguro solo una cosa: che venga fatta giustizia, altrimenti come andremo avanti? Dall'alto non si è fatto vivo nessuno di chi ci governa, come se tutto fosse normale”. Rotta dal pianto la testimonianza di Antonella Ciolino, la mamma: “Masinu era beddu comu u suli, era un ragazzo per tutti, era buono e felice della sua vita".