Pizzo ed estorsioni, disarticolato il vertice mafioso della cosca di corso Calatafimi

Le attività illecite sul territorio erano capillari, tre persone sono state arrestate

PALERMO, 19 marzo – I carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, alle prime luci dell’alba di oggi, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palermo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di tre persone (2 delle quali ristrette in carcere e 1 sottoposta agli arresti domiciliari), ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsioni aggravate, consumate e tentate, commesse avvalendosi del metodo mafioso e al fine di agevolare l’attività mafiosa.

Il provvedimento restrittivo scaturisce dalle indagini condotte, nel periodo 2021/2023, su delega della D.D.A. di Palermo guidata dal Procuratore Maurizio De Lucia, i cui esiti hanno consentito di acquisire un grave quadro indiziario, sostanzialmente accolto nella suindicata ordinanza cautelare, in ordine all’appartenenza a cosa nostra dei membri della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi, inserita nel mandamento di “Pagliarelli”, nonché di documentarne la piena operatività sotto il profilo del controllo mafioso del territorio, esercitato principalmente mediante una costante pressione estorsiva nei confronti dei commercianti della zona di corso Calatafimi.

Secondo gli investigatori le risultanze delle indagini, che nel gennaio 2023 hanno già portato all’arresto di 7 persone per i medesimi titoli di reato (Operazione convenzionalmente denominata “Roccaforte”, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo), consentirebbero di individuare il nuovo reggente della famiglia mafiosa di corso Calatafimi a seguito del vuoto di potere lasciato dal precedente, tratto in arresto nel luglio 2020, nonché di documentare le presunte responsabilità dei singoli associati di cui lo stesso si avvaleva per perseguire gli scopi dell’associazione.
Dalle investigazioni è emerso il ricorso sistematico, da parte del sodalizio, all’attività estorsiva – sotto forma di “pizzo”, che si intensificava con l’approssimarsi delle festività natalizie e pasquali – nei confronti dei commercianti della zona di corso Calatafimi, finalizzata all’alimentazione delle casse dell’associazione e al mantenimento degli uomini d’onore detenuti e delle loro famiglie, quale espressione del più ampio obbligo di mutua assistenza fra i consociati.

La famiglia mafiosa ha dimostrato di saper esercitare un costante controllo del territorio, monitorando capillarmente gli esercizi commerciali ivi insistenti, individuando per tempo quelli di nuova apertura ed avvicinando i relativi proprietari ancor prima dell’avvio dell’attività, costringendoli sin da subito a “mettersi a posto” e ricorrendo ad esplicite minacce nei casi in cui gli stessi mostrassero di non voler sottostare prontamente alle richieste estorsive.
L’operazione di oggi restituisce un quadro in linea con le più recenti acquisizioni investigative, ovvero quello di una cosa nostra affatto rassegnata a soccombere, che mantiene invece una piena operatività e che, anzi, è capace non solo di incutere generico timore nelle vittime ma anche di avvalersi della forza fisica quale forma estrema di controllo del territorio, come nel caso di un giovane picchiato selvaggiamente in pieno giorno con una mazza di legno poiché ritenuto colpevole di infedeltà nei confronti della moglie.