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Storia e autori del monumento ai caduti della prima guerra mondiale di Monreale

Riceviamo e pubblichiamo...

Con riferimento alla notizia resa il 22 marzo scorso da Monreale News dal titolo “Monumento ai caduti, il comune pensa al restauro”, (“Quel monumento magari non sarà tra i più famosi e prestigiosi del patrimonio artistico monrealese, ma certamente ha un forte valore simbolico. Adesso necessita di un intervento di restauro”) desidero spendere alcune parole al riguardo.

Inizio con l’asserire che il monumento oggetto dei futuri interventi di restauro rientra a pieno titolo tra le opere d’arte della scultura italiana, tra le opere più importanti del patrimonio storico, artistico, monumentale e civico monrealese.
Premesso ciò, mi accingo a menzionare il nome degli autori che nei lontani anni Venti del secolo scorso hanno realizzato il monumento ai Caduti della Grande Guerra, per contestualmente fare un breve cenno sul giorno in cui è avvenuta l’inaugurazione del monumento, consentendo man mano ai lettori, agli amanti e appassionati dell’arte, di recepire informazioni sugli esecutori di questo monumento.

Il monumento venne inaugurato con una cerimonia in pompa magna il 16 novembre 1924, alla presenza di una moltitudine di cittadini, non solo di Monreale, familiari e parenti dei caduti, oltre che dei membri delle associazioni dei combattenti dei reduci di guerra, delle autorità civili, militari e politiche del tempo, provenienti anche da Roma. Il tutto avveniva in un momento storico in cui la sede arcivescovile di Monreale era ancora vacante per la morte dell'arcivescovo, Antonio Augusto Intreccialagli, all’epoca conosciuto anche come il “Vescovo Santo”.

Al di là degli aspetti legati alla retorica del momento commemorativo, il monumento fu voluto da tutti per non dimenticare, per mantenere vivo il perenne ricordo del sacrificio dei combattenti in guerra, ammonimento e monito contro le guerre.
Venendo ora agli autori del monumento, si tratta di due artisti di significativo rilievo.
Il primo è il noto scultore e fonditore di opere in bronzo, Mario Rutelli di Palermo, (Palermo 1859 – 1941) indiscusso e riconosciuto scultore, figlio dell’architetto Rutelli, “titolare dell’impresa che aveva realizzato a Monreale il primo basolato nella piazza, la risistemazione delle vie ad essa adiacenti, su progetto topografico, stradale e architettonico, la conduzione e direzione dei lavori dell’illustre architetto e professore, Giovan Battista Basile, che ebbe a soggiornare per i lavori a Monreale per ben due mesi “, nonché autore del gruppo statuario di marmo bianco di Carrara, della Fontana del Tritone, realizzato in età giovanile nel 1881 per la vasca della piazza principale di Monreale, chiamato dai monrealesi sin dal nascere con l’appellativo “u Pupo ra chiazza”.

Lo storico dell’arte Federico Zeri ha definito Rutelli, secondo quanto riferisce il pro- nipote Francesco Rutelli già Sindaco di Roma in una intervista del 2015, ‘’ il più grande fonditore dopo Benvenuto Cellini”.
L’elogio del critico d’arte, Zeri, riassume l’importanza di Rutelli, la grande capacità artistica nello scolpire fondere il bronzo, la cui produzione artistica è principalmente in Italia e in Città importanti in europea tale da considerare Rutelli uno dei maggiori scultori dell’arte italiana, di fine Ottocento e della prima metà del Novecento”.

Il secondo è il valente mosaicista Giuseppe Matranga di Monreale, (Monreale 1873 – 1925)DA coadiuvato nei lavori da un suo collaboratore. L’artista era già al suo tempo riconosciuto per essere “co-fondatore di un laboratorio di mosaico in Monreale, esperto nella materia del comporre musivo, discendente da una famiglia che operava a Monreale, non solo nel campo del “restauro musivo”, noto sia in Sicilia che all’estero, come, ad esempio, in Regno Unito, dove fu insignito da una importante onorificenza da Re Giorgio V, per avere realizzato un momento ai caduti della prima guerra mondiale in Scozia.

Il Matranga è l’autore degli inserti, delle decorazioni a mosaico policrome poste ad adornare la gran Croce del monumento ai Caduti di questa Città, al quale è stata riconosciuta la buona pratica nei componimenti cromatici e geometrici, la soddisfacente tecnica espressa nel tessere e comporre l’arte musiva.
L’opera, in realtà, nasce dal confronto fra due figure di artista molto diverse, che trovano nella scelta simbolica della Croce, alta circa sei metri, la via per coniugare cristianesimo e civiltà secolare, tradizione e modernità, individuando al contempo nel simbolismo della Vittoria sulla Morte il "simbolo concreto ed eterno del sacrificio e il genio virale alato della Vittoria librarsi al volo per rendere alla croce omaggio di palme trionfali".

Innanzi alla croce di marmo bianco di Carrara, trova posto al sopra di un piedistallo, un globo di bronzo, stante a rappresentare ‘’ il Mondo che si avvia al compimento dei suoi destini, sì libra il genio alato della vittoria. E’ una virile magnifica figura di efebo di giuste proporzioni e di squisita fattura. Notiamo soprattutto la bellezza della testa e delle gambe quasi impazienti di continuare e secondare il voto “.
La figura plasmata dal fuoco da Rutelli è leggera, esile, eterea, proporzionata e ben condotta, realizzata nella fonderia artistica siciliana. E ‘sufficiente a tal proposito effettuare una comparazione con i monumenti celebrativi innalzati alla memoria dei Caduti della Prima guerra mondiale, poste un po' dappertutto in Italia, per comprendere appieno il valore innovativo, il senso estetico - artistico, l’essenzialità concettuale espressa attraverso il simbolismo della croce.

La statua bronzea alata esprime il suo valore estetico, nello slancio del corpo tendente ad innalzarsi verso l’alto, nella finezza espressa del volto, con sopra la testa la corona della Vittoria, in quel gesto d’intrattenere a sé tra le mani, foglie di palma inclinate riverse, tenute a sé strette sull’addome. L’intento, immortalare l’attimo, elevarsi con compiuta leggerezza, sollevando il piede sinistro, riversando tutto il peso del corpo, sull’altro piede che poggia sopra il globo.
Si tratta di un’opera di alta spiritualità, evocatrice e simbolica, di estrema raffinatezza, dedicata ai trecento Caduti monrealesi, pensata, ideata, infine, realizzata per trovarsi esposta in un ambiente all’aperto, panoramico, un balcone posto a guardare la valle dell’Oreto, quello che era lo spettacolare paesaggio alberato della Conca d’Oro.

La scelta di porre il Monumento in questo luogo non è casuale. Lo spazio individuato è importante già prima dell’installazione del monumento ai caduti, già riconosciuto quale crocevia di interrelazioni tra la chiesa di San Gaetano e il noto istituto “Benedetto Balsamo” su quale si apre l’ingresso laterale di entrata. E nella cui adorna villa si eleva l’imponente prospetto della facciata, mai completata della grande Chiesa di San Gaetano, nella quale sono stati trasferiti parte dei resti mortali dei caduti monrealesi della Prima guerra mondiale.

Successivamente, solo negli anni ’70 del secolo scorso, l’amministrazione comunale decise di spostare il monumento dei Caduti e risistemarlo in un altro spazio, avanti la chiesa dell’ex monastero di San Castrenze, il cui monastero fu fondato dal Cardinale Giovanni Borgia arcivescovo di Monreale.
In definitiva, il Monumento ai Caduti di Monreale è da ritenere opera di alto pregio artistico e rilevante valore storico, alto significato simbolico, concepita concettualmente diversa "dalle solite stele, dalle formose, seminude Vittorie o turrite Italie che spargono corone''.

Monumento del quale auspichiamo al più presto un attento, accurato puntuale studio dell’opera, un mirato intervento di “restauro conservativo”.
Gli autori, come in precedenza accennato, due illustri esponenti, artisti siciliani delle Arti di quel tempo, coadiuvati dai loro collaboratori, hanno dunque arricchito la città di un monumento di particolare interesse artistico, degno di essere maggiormente considerato ed apprezzato.

 * Architetto